martedì 28 aprile 2009

GIUSTA BATTAGLIA (SALVO ECCEZIONI)


Si stanno ultimando le liste dei candidati per le prossime elezioni. Come al solito, molti dei nomi possibili suscitano qualche perplessità o vero clamore. Soprattutto se si tratta di donne, soprattutto se giovani, belle e - politicamente - sconosciute.
Spesso queste critiche sono legittime. Tra i nomi delle candidate del PDL, oltre a quelli dati quasi come certi come quelli di Barbara Matera (ex annunciatrice Rai) e Camilla Ferranti (ex tronista di Uomini e donne e protagonista di Incantesimo), si erano fatti anche quelli, al momento dati invece per smentiti, di Eleonora Gaggioli (già attrice in Elisa di Rivombrosa) e Angela Sozio («la rossa» che partecipò all'edizione numero tre del Grande Fratello).

Come ha scritto Sofia Ventura su fFwebmagazine: "Se il problema della carente presenza femminile nei luoghi della politica tocca molte democrazie, anche se nel caso italiano si presenta in modo particolarmente acuto, vi è una specificità tutta nostrana che aggrava ancor di più la situazione. Ci riferiamo alla pratica di cooptazione di giovani, talvolta giovanissime, signore di indubbia avvenenza ma con un background che difficilmente può giustificare la loro presenza in un’assemblea elettiva come la Camera dei deputati o anche in ruoli di maggiore responsabilità. Che nella politica italiana vi sia la necessità di dare spazio a una nuova generazione non vi è dubbio, ma è questo, ci chiediamo, il modo? ". (...) "Le donne non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole, non sono nemmeno fragili esserini bisognosi di protezione e promozione da parte di generosi e paterni signori maschi, le donne sono, banalmente, persone. Vorremmo che chi ha importanti responsabilità politiche qualche volta lo ricordasse."
(link dell'articolo completo: http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=1432&Cat=1&I=immagini/Foto/tacco_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=L%27Analisi&Codi_Cate_Arti=38 )

Seppure non si possa che concordare con quanto sostenuto dai critici delle candidature "veliniste", occorre però riconoscere che, almeno in qualche caso, persino una velina potrebbe rivelarsi una sorpresa positiva: è il caso di Mara Carfagna.

In una recentissima intervista sulla Stampa, alla domanda di Claudio Sabelli Fioretti su chi gli piacesse nello schieramento politico antagonista, Dario Franceschini ha risposto «La Prestigiacomo, Alemanno… Ti dirò una cosa su cui mi prenderò degli insulti: la Carfagna. Gli uomini italiani hanno mostrato tutto il loro razzismo inconsapevole, il loro tardo-maschilismo. Se la Carfagna fosse brutta, tutti ne parlerebbero bene. Siccome è bella, si esclude che possa essere brava. Io l’ho vista, parla a braccio, dice cose approfondite».

Mara Carfagna, quando fu nominata ministro nell'ultimo governo Berlusconi, subì un attacco tanto feroce quanto generalizzato, basato, oltre che sul suo passato di ex-show girl, su pesanti insinuazioni (sulla base di indiscrezioni, non dimostrate, pubblicate su Repubblica e poi sull'argentino El Clarin) che intaccavano la sua dignità personale. Sabina Guzzanti, citata in giudizio dalla Carfagna per questo, ebbe a dire in occasione del 'No Cav day' dell'8 luglio 2008:
"Io non sono moralista! Non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi... ma tu non puoi mettere alle pari opportunità una che sta là perché t'ha succhiato l'uccello... Se ne deve andare! "

Eppure, alla prova dei fatti - e non solo a giudizio di Dario Franceschini - Mara Carfagna si è rivelato essere un serio, motivato, e diligente interprete del suo impegnativo ruolo. Grazie all'approvazione del suo disegno di legge sullo stalking (atti persecutori) e sull'inasprimento delle pene contro chi compie reati sessuali, avvenuta già pochi mesi dopo l'inizio della sua attività di ministro, l'Italia è ora tra le nazioni più avanzate in materia di contrasto alla violenza sessuale. Nei due mesi successivi all’approvazione del decreto le norme sono già state utilizzate da centinaia di donne italiane per liberarsi dai loro incubi: gli arresti per stalking sono stati 102, le persone denunciate e sotto indagine 132, almeno 235 persone attendevano questo momento da anni. Tantissimi i casi di donne vittime di violenza sessuale che, grazie alle nuove norme, hanno potuto usufruire del patrocinio gratuito e hanno avuta garantita la certezza della pena per i loro aguzzini, che non saranno più 'premiati' con sconti della pena o arresti domiciliari e finiranno finalmente in carcere. (Dati tratti dal sito blog di Mara Carfagna).

In conclusione, certamente sarebbe opportuno ed auspicabile che i partiti nominassero i propri candidati sulla base di criteri chiari e oggettivi, scegliendoli sulla base di loro qualifiche, meriti e competenze tali da non poterne mettere in discussione la scelta. Sarebbe tuttavia altrettanto opportuno ed auspicabile non scadere, all'opposto, nel "razzismo inconsapevole" e nel "tardo-maschilismo" (di cui si è data abbondante prova nel caso del nostro apprezzabile, seppur bellissimo, ministro della pari opportunità), soprattutto considerato che il vero problema è proporre dei candidati improbabili ed inadeguati, e che tali possono esserlo non solo ed esclusivamente ex-show girl, ma anche uomini, oltreché donne, sufficientemente brutti ed anonimi.

domenica 26 aprile 2009

LA SINISTRA HA PERSO PURE IL 25 APRILE

Il 25 aprile 2009 rappresenta sicuramente una svolta nella percezione di questa fondamentale data storica e simbolica per il paese. Da oggi in poi probabilmente il 25 aprile potrebbe finalmente essere considerata una festa nazionale veramente condivisa da tutti, e non più fatta propria da alcuni e contro altri. Probabilmente erano oramai maturi i tempi, a più di sessant'anni dagli eventi, perché ciò avvenisse. Ma il ruolo di attore principale in questo cambiamento, per come è avvenuto, per la particolare situazione politica attuale, per una serie di circostanze forse anche casuali e imperscrutabili, ancora una volta, ha un nome ed un cognome: Silvio Berlusconi.

Interessante e, come al solito, caustico l'editoriale della 'Iena' Riccardo Barenghi sulla Stampa:

-Anche, persino, financo, addirittura, infine... pure il 25 Aprile è diventato suo. La Festa della liberazione ieri si è trasformata nella festa di Berlusconi, nel suo ennesimo trionfo mediatico e politico. Dopo la vittoria elettorale dell’anno sorso, la pulizia di Napoli dai rifiuti, la gestione del terremoto con la sua presenza costante, gli applausi ricevuti dalle vittime del sisma (di solito i governanti venivano fischiati), dopo l’idea del G8 all’Aquila (riuscirà a portare Obama e gli altri leader del mondo tra i sinistrati), adesso anche una ricorrenza storicamente di sinistra, un appuntamento che nel ’94 segnò l’inizio della fine del suo breve governo, il primo con dentro ministri ex fascisti, adesso anche questa è diventata berlusconiana. Grazie a lui, ovviamente, che è stato finalmente - dopo 14 anni di colpevole assenza - presente sulla scena, e grazie anche al discorso che ha fatto. Intelligente, bisogna ammetterlo, capace di riconoscere addirittura (addirittura per lui) i meriti dei comunisti che tanto odia, in grado di distinguere tra chi combatteva dalla parte giusta e chi da quella sbagliata.


Evitando insomma di mettere tutti sullo stesso piano perché in quel caso - anche lui se n’è reso conto - non esistevano due ragioni e due torti. Ma anche grazie al suo antagonista politico: Franceschini gli ha lanciato un invito che assomigliava a una sfida e gli è tornato indietro un boomerang.

Ora, quanta strumentalità ci sia in questa mossa di Berlusconi lo vedremo nel futuro, intanto dovrebbe dar retta proprio a Franceschini che gli chiede di mettere il veto al progetto di legge che equipara partigiani e repubblichini. Vedremo se lo farà. Decisamente strumentale appare invece la sua proposta di cambiare nome alla festa, e non certo perché il concetto di libertà non sia adeguato, anzi semmai comprende in se stesso quello della liberazione. Ma perché si tratta con tutta evidenza di voler segnare, anche semanticamente, uno strappo col significato che finora ha avuto quest’appuntamento, un significato troppo di sinistra (per lui). E poi perché, diciamolo francamente, la libertà è diventata, almeno in teoria, la sua bandiera, il suo partito così si chiama, dunque suonerebbe male, diciamo che sarebbe insomma troppo smaccato rinominare il 25 Aprile a sua immagine e somiglianza.

Ma si tratta di particolari, la sostanza è che l’epoca in cui viviamo è ormai scandita da lui, dalle sue iniziative, dalle sue vittorie, dalle sue trovate. Dicono che il suo prossimo obiettivo sia il Quirinale, tanto che il discorso di ieri a molti è suonato «presidenziale». Può darsi, ma può anche essere che invece lui non abbia alcuna intenzione di farsi rinchiudere al Colle senza poteri, quantomeno dovrebbe prima riuscire a cambiare la Costituzione per instaurare anche in Italia una sorta di presidenzialismo. Oppure, più facilmente, potrebbe puntare a cambiare la Costituzione nei fatti, a cominciare dalle elezioni europee: se ottenesse, come è probabile che accada, una sorta di plebiscito popolare (si presenta in tutte le circoscrizioni, saranno milioni e milioni le preferenze per lui), a quel punto diventerebbe più di un presidente del Consiglio, più di un capo di Stato, sarebbe in poche parole l’uomo solo al comando.

E tutto questo anche a causa dell’assenza o dell’incapacità dell’opposizione che c’è. La quale è costretta o a seguire l’antiberlusconismo di Di Pietro, che però ha una sua efficacia anche a sinistra (e lo si vedrà dai risultati elettorali), oppure ad affidarsi alle improvvisate e improvvide iniziative del segretario del Pd. Che per alcune settimane ha ripetuto come un disco rotto che Berlusconi non doveva candidarsi senza rendersi conto che agli italiani non gliene frega assolutamente nulla, poi è passato a battere sul tasto della data del referendum e suoi relativi costi, anche qui senza capire il disinteresse dell’opinione pubblica nonché il disastroso esito che avrebbe per il suo partito un’eventuale vittoria dei sì. Infine ha tirato fuori il coniglio del 25 Aprile, sfidando Berlusconi a partecipare alle celebrazioni. Geniale. Il premier ha colto la palla al balzo, ci è andato, anzi è andato tra le macerie di Onna, ha fatto un discorso equilibrato ed egemone, appunto presidenziale, si è assicurato i titoli dei telegiornali di ieri e dei giornali di oggi, oltre ovviamente all’apprezzamento degli italiani, anche di molti tra quelli che non lo amano. A questo punto, o Franceschini ripensa e cambia radicalmente la sua strategia, oppure va fino in fondo sulla strada imboccata: invita Berlusconi al Primo Maggio, convince gli elettori di centrosinistra a votare per lui e infine lo fa eleggere per acclamazione leader del Pd.

link dell'articolo originale: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5873&ID_sezione=&sezione=

giovedì 23 aprile 2009

IL NOSTALGICO SINDACO DI PARIGI



«Difficilmente potrò avere il rapporto che avevo con Rutelli e Veltroni con un sindaco che ha esordito in Campidoglio con il saluto fascista»

Questa l'affermazione che Bertrand Delanoe, sindaco di Parigi, socialista, ha fatto durante un incontro con i giovani del Pd al teatro del'Odeon di Parigi alla presenza del segretario Dario Franceschini.
«A Parigi e in molti Paesi d’Europa - ha commentato il segretario del Pd - sono rimasti comprensibilmente scioccati vedendo quelle foto in cui alcuni militanti festeggiavano con il saluto romano l’elezione di Alemanno a sindaco. Comunque non è vero che, entrando in Campidoglio, Alemanno abbia fatto il saluto romano». E conclude: «Immagino che Alemanno abbia fatto il saluto romano qualche volta da ragazzo, ma non entrando in Campidoglio. In ogni caso è stato eletto sindaco democraticamente e come tale va rispettato»
Gianni Alemanno ha negato e reagito duramente.
«Mai successo. Anzi, i saluti fascisti in Campidoglio li ho condannati. E’ una cosa di cattivo gusto che il mio collega parigino si poteva risparmiare. Credo che sia un modo di rispettare la città rispettare il sindaco. Ma soprattutto non bisogna dire cose false. In questo modo non si offende solo il sottoscritto, ma anche la città di Roma e la città di Parigi che ha sempre avuto un legame profondo con la nostra Capitale al di là del colore dei governi cittadini", continua Alemanno nella nota. "Per questo motivo ho chiesto all'ambasciatore d'Italia a Parigi di muovere dei passi diplomatici per chiarire questa situazione e per evitare ulteriori offese alla città di Roma. Mi auguro che tutto il mondo politico italiano reagisca a questa falsa e inaccettabile offesa nei confronti della nostra Capitale".

Il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e il Ministro delle Politiche Europee, Andrea Ronchi, hanno diramato una nota congiunta:
"Il governo italiano deplora le dichiarazioni del sindaco Bertrand Delanoe e si augura che, in nome della storica amicizia tra i romani e i parigini, vi siano immediate scuse ufficiali del primo cittadino di Parigi per superare questo che altrimenti sarebbe un gravissimo gesto di offesa a Roma e all'Italia. Il sindaco di Roma non ha mai fatto saluti romani o altri gesti o atti che inneggino al fascismo. Il sindaco di Parigi ha detto il falso. "
Dunque, in sostanza, una brutta figura dell'attuale sindaco di Parigi, evidentemente nostalgico dei precedenti sindaci di sinistra di Roma, Walter Veltroni, che era un suo grande ammiratore ed estimatore, e Francesco Rutelli.

25 APRILE: DUE VOLTE GRAZIE

La Liberazione italiana fu una grande vittoria dell'antifascismo e un indubbio merito dei partigiani; ma se si è potuta sviluppare una vera democrazia in Italia è solo per due elementi fondamentali:
1) la prevaricazione politica nel paese della loro parte democratica (o, detta in altri termini, la mancata prevaricazione della loro parte filo-comunista e più violenta);
2) l'essere stati liberati dalle forze alleate anglo-americane.
Se disgraziatamente in Italia fossero entrate, viceversa, le truppe sovietiche, e se fossero prevalse, con il loro appoggio, le forze partigiane filo-comuniste, temo che la democrazia e la libertà in Italia sarebbe stata solo un sogno.

Dunque il 25 aprile occorre dire due volte grazie:
grazie ai partigiani, grazie alle forze di occupazione anglo-americane.

Altro mio post sul tema:
http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/04/guardare-al-25-aprile-oggi.html

NEMESI STORICA DELL'UOMO DEI VALORI


Nell’ottobre 2002 l’italiano dei valori scrive un articolo sul quotidiano «Rinascita della sinistra», organo dei comunisti italiani (...) Di Pietro scrive una serie di sciocchezze more solito e in particolare indica il giudice Filippo Verde come uno degli imputati del processo per il Lodo Mondadori, dipingendolo oltretutto come uno dei giudici che avrebbe influenzato l’annullamento della sentenza favorevole a Carlo De Benedetti. Si leggeva: «Per l’insieme di queste vicende, la pubblica accusa rappresentata dalla tenace Ilda Boccassini ha chiesto pene di tutto rispetto, tra cui 10 anni per il giudice Filippo Verde». Che erano balle, appunto: Filippo Verde non è mai stato coinvolto nel processo Lodo Mondadori: è stato solamente imputato nel processo Imi-Sir e peraltro è stato assolto in primo grado e anche in Appello.
Ma Di Pietro della castroneria neppure si accorge: anzi, nel febbraio 2003 ripubblica lo stesso articolo sul sito internet dell’Italia dei valori. Ed è lì che parte la causa per diffamazione con richiesta di risarcimento, visto che Di Pietro non aveva smentito né rettificato (bensì addirittura reiterato, per usare il suo linguaggio) la falsità del caso. Ergo, i legali di Verde gli chiedono 150mila euro di risarcimento.
Un anno e mezzo più tardi, dopo che la pratica inspiegabilmente si è congelata per un anno e mezzo nella cancelleria del Tribunale di Roma, Di Pietro si costituisce ufficialmente, e presenta la richiesta di immunità: l’avvocato Sergio Scicchitano, legale di Di Pietro nonché deputato dell’Italia dei valori, mette per iscritto che «L’articolo deve intendersi quale espressione di critica politica e dunque si richiede che nel caso di specie venga applicato l’articolo 68 della Costituzione». Cioè: dire che un giudice ha influenzato illecitamente una sentenza, e che per lui hanno chiesto dieci anni di carcere, è una critica politica. Di fronte all’arditezza giuridica il giudice di Roma inoltra la pratica all’apposita commissione di Bruxelles: decide che sarà il Parlamento europeo a decidere se Di Pietro dovrà presentarsi di fronte al giudice come un cittadino qualsiasi.

«Con riferimento alle notizie di stampa - dichiara Di Pietro il 6 febbraio scorso - che ipotizzano ciò che io andrei a sostenere al Parlamento europeo la prossima settimana, specifico che non chiederò l’immunità, ma che il procedimento civile prosegua. (...) Tale rinuncia all’immunità verrà da me formulata in un atto scritto che pubblicherò sul mio blog, in modo da evitare qualsiasi strumentalizzazione».

Come no. S’è visto. La formula con cui Di Pietro si trincerava dietro l’immunità, intanto, continuava a essere perorata in tutti gli scritti difensivi nonché nelle memorie di replica e anche nelle cosiddette comparse conclusionali. Zitto zitto. Di Pietro Di Pietro. E ieri il voto: welcome to the Casta.

(Brani e foto tratti dal seguente articolo di Filippo Facci sul Giornale:
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=345827&START=1&2col=)

Contemporaneamente all'articolo di Facci sul Giornale, ecco cosa compare sul sito blog di Antonino Di Pietro (http://www.antoniodipietro.com/2009/04/diffamatore_impunito.html):
Diffamatore impunito.
Le quattro più alte cariche dello Stato sono 'fuori legge'. Tutto ciò grazie al criminogeno Lodo Alfano. Silvio Berlusconi ha voluto fortemente questo 'stupro costituzionale' per evitare di essere coinvolto e condannato nel processo Mills.




martedì 21 aprile 2009

GUARDARE AL 25 APRILE, OGGI


"L'Italia è libera. L'Italia risorgerà" (IL Popolo)
"Un ultimo sforzo e sarà la Vittoria! La canaglia nazifascista è
travolta dall'impeto dell'insurrezione popolare: bisogna annientarla!"

(L'Unità)

Questi i titoli di giornale del 25 aprile 1945, giorno in cui le forze insurrezionali partigiane riescono a vincere anche a Milano e Torino le ultime resistenze degli occupanti nazisti, appoggiati dai fascisti aderenti alla Repubblica di Salò. Tale data è diventata la Festa della Liberazione.

Dunque il 25 aprile è la festa nazionale che commemora la vittoria dell'antifascismo sul Fascismo, il successo della resistenza partigiana e del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) nei confronti dei nazi-fascisti. I rappresentanti dei partiti politici membri dello stesso CNL (che comprendevano, tra gli altri, Palmiro Togliatti per il PCI, Pietro Nenni per il PSI, Alcide De Gasperi per la DC), eletti nelle elezioni del 2 giugno 1946, saranno poi i rappresentanti di quell'Assemblea Costituente, insediata il 25 giugno 1946 e presieduta da Giuseppe Saragat prima, da Umberto Terracini poi, una cui commissione apposita di 75 membri si incaricherà della redazione della Costituzione della Repubblica Italiana, il cui testo definitivo verrà approvato il 22 dicembre 1947.

Che la nostra Costituzione abbia avuto come valore fondante l'antifascismo, direi che fosse, oltreché sacrosanto, assolutamente logico e comprensibile: quella nuova Costituzione sanciva la volontà politica di guardare al futuro del paese, mettendo una pietra tombale su quel periodo storico appena finalmente superato, quello del ventennio Fascista, che tanto tragicamente e profondamente aveva segnato il paese (e le cui piaghe erano ancora aperte e sofferenti).
« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nei carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione. »
Piero Calamandrei

Che l'antifascismo possa essere considerato ancora oggi il valore caratterizzante ed esaustivo di riferimento per la democrazia, direi che possa essere ritenuto assolutamente corretto. Ma sarebbe altrettanto corretto, oltreché opportuno, rivederne la definizione. Se non altro sulla base della risoluzione 1481 del gennaio 2006 del Consiglio d'Europa, che ha sancito l'equiparazione del nazional-socialismo al comunismo (crimini inclusi).

Sarebbe forse anche il caso, a più di sessant'anni da quel periodo, rivedere qualcosa a proposito della valutazione storica ed obiettiva della resistenza partigiana ("Un secondo Risorgimento italiano i cui protagonisti furono le masse popolari" secondo le parole di Sandro Pertini). L'insieme dei gruppi partigiani era un mondo composto da elementi di varia origine ed elezione: repubblicani e monarchici, cattolici ed anarchici, socialisti ed azionisti, liberali e comunisti. Proprio questa ricchezza e varietà dell'insieme dei resistenti ha reso possibile la nascita di una vera democrazia in Italia. Che i partigiani abbiano avuto un ruolo fondamentale, oltreché nella resistenza, nella nascita della Repubblica Italiana, non può essere messo in discussione da nessuno. Che tuttavia, sulla base di questi indubbi meriti, si sia potuta creare una certa retorica della resistenza e dei partigiani è dimostrato dal fatto che solo recentemente, a distanza di sessant'anni, sono potuti chiaramente essere riconosciuti - o addirittura venire alla luce - anche fatti gravi ed intollerabili che li hanno riguardati. Sarebbe anche il caso, finalmente, di riconoscere in maniera chiara ed esplicita alcuni rischi che ha corso la nascente democrazia in Italia, per il tentativo da parte di una componente dei gruppi partigiani (quella più violenta e determinata a prevalere sugli altri, e non solo nella dialettica politica, tanto da essere responsabile di episodi di eccidi efferati a danno di altri stessi partigiani, ma di orientamento diverso), ossia quella di orientatamento e simpatia per l'ideologia comunista ("La parte maggioritaria dell’antifascismo armato, quella comunista, non combatteva per la libertà del paese. Ma per sostituire una dittatura nera con una dittatura rossa" scrive Giampaolo Pansa in un articolo linkato poco più sotto). Tentativo che, se avesse avuto successo, avrebbe certamente impedito lo sviluppo di una vera democrazia in Italia e ne avrebbe determinato un destino molto diverso (più simile a quello di altri paesi dell'est Europa).

Troverei dunque intollerabile, oltreché non credibile, chi, anche nell'attuale 25 aprile, volesse pretendere di ergersi a campione dell'antifascismo, sventolando bandiere rosse, usando la vecchia retorica della resistenza partigiana, continuando però a dimenticare - o almeno continuando a voler fortemente marginalizzare - sia i gravissimi eccidi che hanno riguardato alcuni partigiani, sia le gravissime responsabilità storiche dei regimi comunisti nel mondo - per molti aspetti non certo migliori dei peggiori regimi fascisti - nonché comportandosi, essi stessi, da fascisti.
Confrontare a questo proposito il bell'articolo di Giampaolo Pansa:
http://www.ilriformista.it/stories/Italia/63035/

"Esistono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti"
Leo Longanesi


In conclusione, la Liberazione italiana fu un indubbio merito dei partigiani; ma se si è potuta sviluppare una vera democrazia in Italia è solo per due elementi fondamentali:
1) la prevaricazione politica nel paese della loro parte democratica (o, detta in altri termini, per la mancata prevaricazione della loro parte filo-comunista e più violenta);
2) l'essere stati liberati dalle forze alleate anglo-americane.
Se disgraziatamente in Italia fossero entrate, viceversa, le truppe sovietiche, e se fossero prevalse, con il loro appoggio, le forze partigiane filo-comuniste, temo che la democrazia e la libertà in Italia sarebbe stata solo un sogno.




domenica 19 aprile 2009

LE INDAGINI LASCIAMOLE AI MAGISTRATI

"A me sembra inverosimile, un costruttore che costruisce su una zona sismica e risparmia sul ferro e sul cemento può essere solo un pazzo o un delinquente". "Per favore non perdiamo tempo, cerchiamo di impiegarlo sulla ricostruzione e non dietro a cose che ormai sono accadute". "Se qualcuno è colpevole, le responsabilità emergeranno, ma per favore non riempiamo le pagine dei giornali di inchieste". "Quando ci sono questi eventi c'è chi si rimbocca le maniche e chi invece si prodiga a ricercare responsabilità. Io sono diverso, non è nel mio dna. E poi, per indicare responsabilità ci devono essere prove consistenti".


Queste le frasi di Silvio Berlusconi riportate da un articolo di Repubblica: http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/sisma-aquila-7/premier-no-inchieste/premier-no-inchieste.html

Sempre lo stesso articolo cita le reazioni a tali frasi da parte di alcuni magistrati (come il procuratore del capoluogo abruzzese, Alfredo Rossini: ''Non vedo che nesso possa esserci tra la ricostruzione e l'accertamento delle eventuali responsabilita'', Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati: "Sono inaccettabili gli insulti e le denigrazioni, soprattutto se provengono da chi riveste una delle massime cariche istituzionali. Il rilevante lavoro dei pm non può essere messo in discussione") di politici dell'opposizione (Dario Franceschini: "Il premier smetta di insultare"; e Antonino Di Pietro: "per Berlusconi sono criminali coloro che indagano su chi commette i reati e non chi li commette").

Per la verità, a me pare che il senso di quelle affermazioni del Presidente del Consiglio, rivolte ai giornalisti, significassero semplicemente che ritenesse una sua priorità l'occuparsi dei problemi della ricostruzione e dell'assicurazione, in tempi quanto più rapidi possibile, delle condizioni di minima e stabile vivibilità delle popolazioni coinvolte dal terremoto. Mentre delle indagini sulle responsabilità ed eventali colpe dei crolli e delle costruzioni inadeguate degli edifici pubblici ritenesse che se ne debba occupare la magistratura (sulla base di elementi oggettivi, di riscontri e perizie effettuati da tecnici competenti) e non i giornalisti. Anche perché c'è un serio rischio, da parte dei giornalisti: quello di dare adito ad ipotesi senza fondamento. Le questioni tipo "la sabbia marina nel cemento dei pilastri" (che non avrebbe senso né economicità d'impiego in una città come l'Aquila, che è lontana dal mare e vicina a ricche cave di buon materiale inerte) e "i muri di plastica espansa" (che di per sé è un materiale isolante, non portante, oppure, se riferito ai pannelli plastici portanti - pannelli armatura polistirene espanso - trattasi di materiali molto costosi ed efficienti che, in effetti, sembrano visibili in qualche immagine dove sarebbero comunque rimasti in piedi, mentre è crollato il resto, come vetrate e muri di tamponamento) potrebbero rivelarsi, sulla base dei riscontri oggettivi, semplici abbagli mediatici, fini a sé stessi, anche se buoni per riempire le pagine dei giornali.

Sicuramente si è costruito male (con grave responsabilità di qualcuno), e questo ha determinato un aggravio degli esiti del terremoto e del numero delle vittime (come ha giustamente sottolineato anche Giorgio Napolitano), ma probabilmente per ragioni tecniche diverse: carenza e scarsa qualità del cemento utilizzato, o scarsa quantità e qualità del ferro impiegato, ad esempio. Ma saranno solo le indagini della magistratura che potranno accertarlo.

Dunque, da questo punto di vista, acquista senso e ragione la critica del premier: tante di queste clamorose "inchieste" giornalistiche probabilmente mancano di fondamento, non hanno consistenza, sono solo fuffa e non servono a niente. Le inchieste e le indagini, soprattutto se tecniche e complesse come queste, lascamole fare ai magistrati. Non ai giornalisti per riempire i giornali.

sabato 18 aprile 2009

OMAGGIO AD UN UOMO CANDIDO: GIOVANNINO GUARESCHI


Mi ritiro dalla vita pubblica senza lasciare niente in sospeso. E, soprattutto, senza il rimorso di aver turbato quell'ordine "democratico" che dal 1945, regola la vita economica e morale della nazione. Ho la franchezza di riconoscerlo: io, in questa nuova Italia, mi sono comportato sempre da "sovversivo" e abusando della libertà di stampa, ho sempre detto ciò che pensavo io invece di dire - come sarebbe stato mio preciso dovere di cittadino rispettoso dell'ordine - ciò che pensavano gli uomini inviati dalla provvidenza a reggere e governare il paese.
Monarchico in una repubblica, di destra in un paese che cammina decisamente, inflessibilmente, verso sinistra. Sostenitore dell'iniziativa privata in tempi di statalismo, assertore dell'unità in tempi di regionalismo. Cattolico intransigente in tempi di democristianismo, io non sono stato - come poteva sembrare - un "indipendente" bensì un "anarchico". Non "uomo libero", ma "sovversivo". E perciò, è giusto che mi venga tolta la parola e la libertà. Tra poche ore, io varcherò la soglia della tetra casa del silenzio e la porta ferrata si chiuderà alle mie spalle. Un sovversivo "va dentro" e ciò è bello e confortevole per gli uomini dell'ordine democratico. Ma bisogna pur dirlo, troppi sovversivi rimangono ancora fuori. Troppi, perché non sono migliaia, ma milioni, sparsi in ogni contrada d'italia. E il sovversivo che entra in carcere lo sa e malvagiamente, se ne rallegra. Per questo il "sovversivo", varcando la tetra casa del silenzio, ride sotto i baffi.
Giovannino Guareschi, 1954


Giovannino Guareschi (1908-1968) scrisse questa lettera quando fu condannato
per l'accusa di diffamazione a seguito della pubblicazione sulla sua rivista, il Candido, di due lettere attribuite ad Alcide De Gasperi, risalenti al 1944 (nel dicembre 1944 De Gasperi era stato nominato Ministro degli Esteri nel governo guidato da Ivanoe Bonomi; nel dopoguerra divenne Presidente del Consiglio), in una delle quali si chiedeva agli alleati anglo-americani di bombardare la periferia di Roma allo scopo di demoralizzare la popolazione ed indurla ad atti ostili contro i tedeschi (il giudice non accolse la mozione della difesa di Guareschi, che chiedeva che queste lettere fossero sottoposte a perizia calligrafica). Guareschi pagò duramente questa condanna con tredici mesi di prigione e sei di libertà vigilata, dovendo scontare anche una precedente condanna subita nel 1950 per la pubblicazione sempre sul Candido di vignette ritenute diffamanti nei confronti del Presidente Einaudi. Entrò nelle Carceri di San Francesco a Parma il 26 maggio 1954. Alla vigilia della scadenza del termine per ricorrere in appello andò a trovarlo, inatteso, il Presidente del Consiglio di allora, Mario Scelba: Guareschi non lo volle ricevere, ma questi aspettò tre ore prima di andarsene.

"No, niente Appello. La mia dignità di uomo libero, di cittadino e di giornalista libero è faccenda mia personale e, in questo caso, accetto soltanto il consiglio della mia coscienza. Riprenderò la mia vecchia e sbudellata sacca di prigioniero volontario e mi avvierò tranquillo e sereno in quest’altro Lager. Ritroverò il vecchio Giovannino fatto d’aria e di sogni e riprenderò, assieme a lui, il viaggio incominciato nel 1943 e interrotto nel 1945".

"Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione"
(Dal Candido del 23 aprile 1954)



"L'uomo candido"di Piero Vietti

venerdì 17 aprile 2009

QUESTIONE DI FEDE

Le vignette del fantasma di Vauro della puntata di annozero di ieri, devo dire che le ho trovate anche divertenti, ben fatte, anche se il tema era un po' sacrilego (una parodia del lavoratore precario sulla falsariga della via crucis di Cristo).

Chissà se potremo mai godere del genio di Vauro, e del solito generale apprezzamento, in qualche parodia su un tema diverso, che so, Maometto o qualche versetto di una sura del Corano.

Ah no, quello Vauro ed i suoi estimatori non lo ritengono un tema politamente corretto. Mentre sulla Chiesa Cattolica tutto è non solo legittimo, ma anzi segno di grande apertura mentale e liberalità.

Questione di fede.

LA STIMA DEI 400 MILIONI DI EURO

Scrive Franco Bechis:

Devo chiedere scusa ai lettori di Italia Oggi perchè ieri anche io, fidandomi di tutte le dichiarazioni coincidenti, ho riportato nel mio articolo sul terremoto quella stima dei 400 milioni, che certamente sarebbero potuti essere degni di migliore causa. Sono poi andato a controllare e capito da cosa nasceva: da uno studio del febbraio scorso degli economisti della Voce.info. L’ho letto, mi sono preso tutte le relazioni tecniche sulle spese elettorali delle ultime politiche e delle consultazioni referendarie, e mi sono convinto una volta in più che degli economisti bisogna sempre e prima di tutto diffidare. In quei 400 milioni calcolati da loro ci sono circa 200 milioni di euro di quelli che vengono chiamati “costi indiretti”. Che sono? Semplice: 127 milioni di euro sarebbe il costo della passeggiata che ogni elettore dovrà fare per recarsi ai seggi due volte invece di una. (...) i costi sostenuti dalle famiglie nell’affidamento dei figli in un giorno di chiusura delle scuole possono essere stimati in circa 37 milioni di euro”. (...) Altri 37 milioni di euro vengono calcolati sulla mancata produttività di presidenti di seggio e scrutatori che avendo quell’impegno sono esentati dal lavoro. (...) Bossi costa di più, è vero. In tutto circa 100 milioni di euro.

L'articolo completo:

http://www.loccidentale.it/articolo/referendum%2C+si+fa+con+i+ballottaggi.+ma+l%27extra+spesa+%C3%A8+inventata.0069980


Credo che questo articolo di Bechis riveli, sulla base di una analisi più attenta della stessa primaria fonte che l'ha ispirato (http://www.lavoce.info/articoli/-istituzioni_federalismo/pagina1000964.html) l'abbaglio mediatico che ha contagiato un po' tutti: la storia che, con l'election day, lo stato avrebbe avuto la disponibilità di 400 milioni di euro da destinare ad altro (terremotati o altro).

Molto semplicemente, ciò è falso.

O meglio, il risparmio ci sarebbe, ma non di quella entità: forse circa 100 milioni di euro (gli altri essendo costi indiretti e dunque, semmai, un potenziale risparmio da parte dei cittadini e non dello stato).

E comunque, in termini di risparmio, ma anche e soprattutto di opportunità e necessità politica, la vera soluzione sarebbe una nuova legge elettorale (eliminando il referendum).

E questa, secondo me, alla fine sarà la conclusione più logica e condivisa da parte di tutti (tranne i firmatari di quel referendum, ma forse, oggi, nemmeno tutti).

Update: Pare che ci si orienti sull'indizione del referendum per il 21 giungno, in concomitanza con i ballottaggi per le amministrative. Quindi il referendum si farà. Ma inutilmente (anche riuscendo l'impresa del raggiungimento del quorum). La verità è che, anche se vincessero i si, il referendum non potrebbe di per sé risolvere la vera questione in ballo: quella del necessario rinnovo istituzionale del paese. Semmai, di per sé, un successo dei si potrebbe indurre una situazione di azzardo rischioso: andare verso un sistema maggioritario bipartitico che consentirebbe alla lista di maggioranza relativa (anche un 30%) una maggioranza del 51%, senza un adeguamento del quadro complessivo istituzionale e senza adeguati contrappesi democratici, creerebbe una situazione oggettivamente preoccupante dal punto di vista democratico.

Per questo, ribadisco, troverei più sensato un suo rinvio e, possibilmente, una nuova legge elettorale (comunque necessaria) in un ambito di revisione istituzionale complessiva ad essa coerente. I referendum come questo sono solo uno spreco inutile di soldi e di energie che, per le vitali esigenze del paese, andrebbero spesi, entrambi, meglio.

giovedì 16 aprile 2009

ANCORA SUL BERLUSCONISMO 2

Ancora un post sul berlusconismo, stavolta di Paolo Della Sala (dal blog 'La pulce di Voltaire')


Viviamo sotto il brutale impero delle masse. (Ortega y Gasset, 1930)
Il Tao è vuoto e senza forma. (Fritjof Capra, Il Tao della fisica)

Il ‘900 ha cambiato il rapporto tra potere e cittadino: è iniziata l'era delle masse. Il passaggio è stato studiato da Ortega y Gasset, Elias Canetti e dal Marcuse de "L'Uomo a una dimensione". Dopo la fine delle monarchie assolute, il potere era passato all'apparato statale. La società delle masse lo riassegna ai partiti, in un rapporto osmotico tra leader, burocrazia e massa. L'assolutismo di partito crolla nel 1945 e nel 1989, Cina esclusa. Nel secondo dopoguerra i partiti italiani hanno gestito il potere in un modo più diffuso ma non meno soffocante del fascismo. L'antipolitica che ne è derivata ha avuto tre fasi successive: il leghismo negli anni '80; il dipietrismo a inizio anni '90, infine la lotta contro l'affarismo nelle amministrazioni locali (la "Casta"), iniziata nel 2004 e non ancora terminata. L'antipolitica ha trasformato i partiti in "contenitori", riducendoli a una neospecie di mass media.

La politica classica è morta, scindendosi in Amministrazione della cosa pubblica e apparato di comunicazione. Nel PD manca la consapevolezza di questo passaggio, ciò provoca un degrado nella proposta culturale del partito di Franceschini e nella sua gestione del territorio, ancora legata a metodi bassoliniani (riduzione dell'economia a edilizia, moltiplicazione delle municipalizzate e Terzo settore). La conseguenza è che il PD ottiene successo solo tra i pensionati. A fine 2008 Veltroni ha fallito il tentativo giovanilista di dare vita a un '68 anti Gelmini. E' fallito anche il remake dell'Autunno caldo del '69: la crisi non ha creato consensi al PD ma alla maggioranza.
Il PD non è più connotabile nemmeno come partito della cultura e degli artisti: Benigni e le pop star guadagnano da 10 a 100 volte più dei parlamentari da loro criticati. Idem le tv-star alla Santoro e Fabio Fazio. Difficile che gli intellettuali legati al vecchio partito possano incarnare oltre il tipo dell'antipolitico o del moralizzatore, visto che ormai appartengono all'élite dello star system.

Forza Italia fu dileggiata come "non partito", ma proprio per questo aspetto F.I. ha potuto connotarsi come una DC pragmatica e priva di collante ideologico. Il "vuoto zen" proposto dal centrodestra lasciava alla società spazi di movimento al di fuori della politica e della legiferazione universale. Va detto che ciò è avvenuto in minima parte e con molti difetti, tuttavia i pregi di Berlusconi consistono eminentemente in ciò che non ha fatto: oggi la comunicazione diretta all'opinione pubblica non è più fabbricata nelle fucine di partito e poi distribuita attraverso cinema, scuola, musica e televisione. Il PDL ha chiuso l'era dei partiti che dettano la "linea" e perseguono l'egemonia culturale sui cittadini. Com Berlusconi la televisione è tornata a essere ciò che è sempre stata, tranne che nella Hungaro film comunista: un medium nato per l'intrattenimento (artistico o kitsch). Secondo gli epigoni del Pci la tv deve invece essere soprattutto un vettore di cultura, un testo scolastico, un mezzo per formare ed educare le masse: nulla di più sbagliato, perdente, e novecentesco. Tutto è preferibile all'idea di sommministrare al popolo dosi generose di cultura "del popolo": meglio Lascia o raddoppia di un talk show politico. Meglio Piero Angela dei documentari ambientalisti, utilizzati per terrorizzare i cittadini e indirizzarne le opinioni. Il PD resta legato all'idolo della "giusta" dottrina (come se ne potesse esistere una soltanto), e resta papista quanto il PDL è luterano.
Si veda il continuo Sant'Uffizio contro le infrazioni di etichetta di Berlusconi: la telefonata al premier turco per risolvere la nomina di Rasmussen a capo della Nato, invece di assistere alla parata della Merkel e alle fanfare di corte... Oppure il chiamare Obama a voce alta, di fronte alla regina Elisabetta. Ciò che scandalizza è lo scandalizzarsi dei "progressisti".

Il limite del PDL è che è in mano di un re antimonarchico, assolutista e anarchico, papa e antipapa. Berlusconi è difficilmente replicabile, e dopo di lui si rischia la ricomparsa del partitismo. Sarebbe grave, perché per la prima volta abbiamo la possibilità rivoluzionaria che in uno stato europeo i princìpi e la ricchezza non siano più fabbricati dal potere, bensì dai cittadini. Del resto, come sosteneva Jean Baudrillard, l'Italia è la madre dell'America ed è il laboratorio della politica mondiale...

Il PD si indirizza verso un'iperdemocrazia burocratica e antieconomica, affiancata dall'idea di creare un partito radicale di massa. La nuova linea sarà applicata se Franceschini fallisce e se il partito non si spacca, ed è il frutto di un ripiegamento. In effetti il PD non è più il partito dell'efficienza amministrativa ed economica Il caso della spazzatura a Napoli, lo stallo della costruzione delle infrastrutture e l'emergenza dopo il terremoto in Abruzzo hanno sancito nei cittadini la consapevolezza che la macchina governativa deve basarsi su rigidi criteri manageriali, fondati su leadership e velocità di esecuzione. Ma l'efficientismo aziendale rimane un anatema per la cultura di sinistra, e l'idea di voler discutere e condividere ogni scelta con tutte le "parti sociali" oggi appare un ritorno alle dittatura burocratiche e pseudo democratiche.
Al PD non restano che i temi legati ai diritti bioetici e alla formazione di un nuovo modello di famiglia.
Ma un partito radicale di massa non ha molte chances di successo, dopo che aborto e divorzio sono già passati. Inoltre la regolamentazione dello status delle coppie irregolari e quella dei temi bioetici non sembra un affar di Stato in grado di spostare l'elettorato. Infine l'idea che la famiglia naturale possa essere allargata alle assistenti sociali di un Comune e integrata dalle coop bianche di Franceschini appare un'utopia strampalata alla Charles Fourier, l'esatto opposto di ciò che serve alle famiglie: scuole e servizi funzionanti. Al PD servono soprattutto nuovi modelli economici e amministrativi, un compito quasi impossibile, dal momento che la dottrina Obama è inapplicabile, in un'Europa già statalizzata e iper regolamentata.

Il PDL potrà affrontare il dopo Berlusconi, se continuerà a lasciare spazio all'iniziativa dei singoli e alla deregolazione (che non significa rinuncia all'etica). Le carte sono in mano di Fini: i suoi "scontri" con Berlusconi sono in realtà frutto di un piano di lavoro condiviso e in progress. Fini deve basarsi su un modello meno ambiguo di quello destra-sinistra di Sarkozy e Carla Bruni. La migliore figura di riferimento è l'inglese David Cameron, un giovane che sta per dissolvere il parrucconismo del Labour post Blair. Il liberalismo tory ha il vantaggio di sottrarre alle sinistre anche i temi dei biodiritti e delle neofamiglie. Al di là di Fini non si vedono alternative immediate: Formigoni propone un cattolicesimo riformato da cardinal Borromeo (meglio allora il cattolicesimo liberale di Magdi Allam, se saprà essere liberale). Tremonti propone un socialismo rifondato: è uno straordinario homme de débats, ma è privo di carica libertaria.

Creare il vuoto, scoprire dei Far West ideali. La politica oggi è zen, l'esatto contrario di ciò che era fino agli anni '80, quando riempiva tutti gli spazi e forniva tutte le risposte, quando proponeva il Near East. Libertà oggi è offrire spazio e silenzio ai cittadini. Se la politica impara a tacere e si dedica soltanto alla buona amministrazione, si apriranno buone opportunità per un rinascimento sociale e culturale.

di Paolo Della Sala

link del post originale:

http://lapulcedivoltaire.blogosfere.it/2009/04/semiologia-di-pd-e-pdl-una-politica-zen.html

Altri post sull'argomento:

http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/04/ancora-sul-berlusconismo.html

http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/04/fenomeni-di-massa-e-berlusconi.html

"DICONO"

"Dicono che il governo abbia progettato, nell’idea di raccogliere il 51% dei voti, di avere prima delle elezioni giornalisti favorevoli in ogni punto-chiave dell’informazione, cartacea o televisiva che sia: e dev’essere vero, perché soltanto questo può spiegare il casino censorio sollevato da governativi e filogovernativi intorno a una puntata del programma tv AnnoZero e al suo conduttore Michele Santoro."
Lietta Tornabuoni (editoriale sulla Stampa di oggi)
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5829&ID_sezione=&sezione=

Per un giudizio di questa affermazione basta l'analisi dell'incipit, quel "dicono".
Come a dire: faccio una affermazione estremamente grave, comportante un serio pregiudizio sulla intera istituzione democratica del paese, infamante per il partito di maggioranza relativa ed il suo governo, nonché per quella stessa categoria cui io stessa appartengo (quella dei giornalisti), ma non è mia, non si sa di chi sia, comunque è seducente ed io la butto là, anche se non posso assolutamente dimostrarla, tanto pure se è una fesseria grossa come una casa non me ne possono attribuire la responsabilità.

Complimenti alla qualità dell'informazione (degna di chi difende)

Siamo al complotto delle potenze demo giudo plutocratiche e massoniche?

mercoledì 15 aprile 2009

SANTORIADE


Fino a prova contraria, la RAI è un servizio pubblico, pagato - anche - dai contribuenti.

L'informazione pubblica è soggetta a delle regole (che dovrebbero, fino a prova contraria, valere per tutti coloro i quali esercitino l'informazione sul servizio pubblico).

Fino a prova contraria esistono dei limiti di decenza e di buon gusto, anch'essi di valore ed estensione universali.

Per tutti. Fuorché 'the untouchable'.

Chiunque tocchi Santoro (e chi lavora con lui), anche se con motivazioni evidenti, legittime e largamente condivise, automaticamente viene accusato di esercitare una intollerabile censura. Di stampo insindacabilmente fascista e autoritario.

La Corte Costituzionale, nell’interpretazione dell’art. 21 della Costituzione, ha riconosciuto in ben
quattro sentenze l'esistenza di un vero e proprio “diritto all'informazione”, affermando il principio che i cittadini-utenti hanno il diritto di ricevere “un’informazione completa, obiettiva, imparziale ed equilibrata”.

Esattamente ciò che non fa Santoro, che, viceversa, fa un'informazione parziale, teleguidata, a tesi e faziosa.

Nello specifico delle famose vignette di Vauro, mi chiedo:
1) mettere in rapporto i poveri morti che ci sono stati in questo terremoto con il 'piano casa' (ancora in nuce) dell'attuale governo, come se ci potesse essere un nesso logico o consequenziale tra le due cose, è apprezzabile satira politica?
2) dipingere Berlusconi-Nerone che canta con la lira in mano, nonostante il disastro, ma felice di poter realizzare le sue new town, è obiettivo contributo di analisi per l'utente televisivo?
3) cercare di far passare surrettiziamente Berlusconi almeno come concausa di un immane disastro naturale come il terremoto d'Abbruzzo, è informazione pubblica?
4) l'esser 'libero di cambiare canale' esime il contribuente-utente del servizio pubblico dal potersi indignare dovendo comunque subire un servizio pubblico indecente e volgare?

Vauro e le sue vignette sono stati indegni.

Che sia giusto o no punire Vauro è un altro discorso: in effetti non ritengo fosse solo lui da sanzionare, e comunque non ritengo giusto fare di lui un capro espiatorio.

Tuttavia Santoro è meglio che rimanga: meglio in tv che martire.

sabato 11 aprile 2009

ALDO GRASSO MASSACRA SANTORO

Aldo Grasso sul Cds, a proposito della puntata di Annozero di Santoro sul terremoto in Abbruzzo (quella con, oltre all'immancabile lezioncina del maestro illuminato Marco Travaglio, "quanti di questi affitti sono in nero? quanti?" e poi " aumentiamo le metrature! aumentiamole del 20%" e poi "C'è gente che non fa niente" e poi "mancano i mezzi, dove sono le gru?" e "poi vogliono costruire il ponte sullo stretto!" "quì la protezione civile non ha fatto un cazzo!", senza contare la 'simpatica' vignetta finale di Vauro "ora via libera all'aumento delle cubature (dei cimiteri)") ha scritto questo articolo assai duro:


Ancora una volta Santoro ha fatto il Santoro. Dietro il paravento della libertà d’informazione, di cui è rappresentante unico per l’Italia, isole comprese, ha allestito una trasmissione all’insegna del più frusto slogan politico «piove, governo ladro». Non di pioggia si trattava, ma di un terremoto che finora ha fatto 290 vittime e quarantamila sfollati, raso al suolo paesi, buttato giù case, seminato distruzione.

Ma i morti non lo fermano, la commozione non lo trattiene. Se ha in mente una tesi, che tesi sia. La tesi era che bisognava comunque attaccare la Protezione civile, specialmente Guido Bertolaso, i Vigili del Fuoco, la comunità scientifica che non ha dato ascolto agli avvertimenti di Giampaolo Giuliani, gli amministratori locali, il ponte sullo Stretto, Berlusconi, il governo. A dargli manforte in studio ha chiamato l’ex magistrato Luigi De Magistris, candidato alle Europee con l’Italia dei Valori (che acquisto per la politica!) e l’esponente di Sinistra e Libertà Claudio Fava. Contro aveva, e hanno fatto un figurone, Guido Crosetto del Pdl e Mario Giordano.

Il giornalismo di Santoro funziona così: con l’aiuto delle poderose inchieste di Sandro Ruotolo e Greta Mauro ha intervistato una signora che si lamentava di un ritardo di un paio d’ore dei soccorsi, un signore che diceva di aver freddo, di un altro ancora che cercava riparo in tende non ancora montate, una studentessa che preoccupata aveva lasciato l’Abruzzo per tempo, un medico che denunciava la mancanza di bottigliette d’acqua nel suo reparto. Ne è uscito così un quadro di devastazione organizzativa da aggiungersi alla devastazione reale. Da un punto di vista simbolico, se un dottore chiede aiuto per la mancanza di qualcosa significa il fallimento dei soccorsi, l’impreparazione della Protezione civile, lo sfascio.

Di fronte a una simile tragedia, ma soprattutto di fronte al meraviglioso e commovente impegno dei Vigili del fuoco, dei volontari, della Protezione civile, dei militari, di tutte le organizzazioni che hanno passato notti insonni per salvare il salvabile, Santoro si è sentito in dovere di metterci in guardia dalla speculazione incombente, di seminare zizzania con i morti ancora sotto le macerie, di descrivere l’Italia come il solito Paese di furbi, incapaci di rispettare ogni legge scritta e morale. Santoro la chiama libertà d’informazione. Esistono gli abusi edilizi, ma forse anche gli abusi di libertà.

Aldo Grasso
11 aprile 2009

link dell'articolo:
http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_11/grasso_santoro_4a4c7d80-2660-11de-ba4e-00144f02aabc.shtml

A PROPOSITO DEL METODO GIULIANI


Grazie al cielo la scienza non mente: è dalla formulazione di un 'metodo scientifico' (basato su dati dimostrabili e riproducibili) che la conoscenza dell'uomo è potuta procedere in maniera lineare e verificabile. Il resto è leggenda e suggestione.

Senza entrare nello specifico (e ce ne sarebbe da dire) basti ricordare che la denuncia di Giuliani è stata la conseguenza della sua 'previsione' che annunciava per la notte tra domenica 29 e lunedì 30 marzo a Sulmona una «devastante» scossa, che tuttavia non aveva avuto luogo, avendo viceversa provocato una psicosi collettiva nella città e nel territorio, tenendo le autorità del luogo in una condizione di gravissima incertezza sulle decisioni da assumere. Nella migliore delle ipotesi, evidentemente, il metodo Giuliani è 'da rivedere'. Dunque, ammesso che abbia un fondamento di validità, dato il suo oggetto particolarmente sensibile per la collettività, va considerato e verificato con molta cautela. Non sposato per fede o simpatia (o antipatia nei confronti della 'scienza ufficiale') come mi sembra tendano a fare i suoi estimatori.

Magari avesse ragione Giuliani (anche se, francamente, ho più di qualche dubbio). Ma nel frattempo è meglio che continui i suoi studi e li comunichi nelle sedi opportune, senza più generare falsi allarmi ed aspettative nella popolazione inconsapevole.

venerdì 10 aprile 2009

L'ATTEGGIAMENTO RIVOLTANTE

Di fronte ad un terremoto ancora non terminato, con distruzione, morte, gente senza casa, senza lavoro, bisognosa di tutto, con tanti begli esempi di dignità umana e di coraggio da parte di tanta povera gente anche se sofferente, ma anche di straordinario altruismo e dedizione da parte dei tanti volontari e di tutti i soccorritori più o meno istituzionali (encomiabili come sempre, ma stavolta molto ben organizzati e diretti: scusate se è poco), con la voglia e la giusta speranza, subito dopo la disperazione, di voler ricominciare, di rifare tutto e meglio, l'atteggiamento di chi non trova di meglio da fare che le solite polemiche false e pelose sui 'ritardi' dell'intervento, sul mancato ascolto di chi 'sapeva', sulle presenze di Berlusconi sul posto ogni giorno (ma viva la faccia! tanto se se ne stava a Roma erano critiche anche peggiori), della nonnetta al Tg5 che 'fa lo spot al governo', del piano casa che 'meno male ancora non c'era altrimenti sai quanti altri morti', della ricostruzione che verrà che 'chissà che schifo costruiranno, peggio di prima', 'tanto siamo italiani', a me fa rivoltare.
Non solo come italiano. Ma come persona.
Lasciatevelo dire: fate schifo.

Un'altra cosa: il disfattismo ed il pessimismo come atteggiamento mentale lo trovo in queste circostanze alquanto inopportuno, oltreché odioso e scarsamente utile alla collettività.

Vi auguro che, se mai un giorno ne abbiate bisogno, non troviate gente come voi.


PS: Altra cosa sono le giuste polemiche come quelle sui crolli degli edifici pubblici anche recenti: infatti sono oggetto di indagine della procura.

ANCORA SUL BERLUSCONISMO

Ancora sul tema del fenomeno Berlusconi e della politica italiana, dopo il mio precedente post
http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/04/fenomeni-di-massa-e-berlusconi.html
riporto integralmente il solito magistrale post di Davide Giacalone, tanto chiaro quanto lucido quanto illuminante.




L’Aquila come Napoli? Le case ricostruite come le strade sgomberate dalla spazzatura? Magari, sarebbe grandioso. In quel caso, però, non si tratterebbe tanto di gridare “viva Berlusconi” (chi lo vuol fare si accomodi, gli altri possono tacere o dissentire), quanto di capire quel che sta succedendo, ciò che questo significa. In sintesi: la forza personale aiuta Berlusconi a simulare una riforma istituzionale che non c’è. Certi successi sono possibili perché si saltano a pie’ pari le regole dell’eterna mediazione e si punta dritto alla sostanza. I risultati ci sono ed il consenso anche, perché il vecchio mondo politico, la superfluità di certe rappresentanze democratiche, hanno rotto l’anima ai più e non riescono a portare a casa risultati anche solo mediocri. In un sistema sano si adeguano le istituzioni, in uno squilibrato ci si concentra sulle persone. L’Italia è nella seconda condizione.
I cittadini sono, al tempo stesso, troppo e troppo poco rappresentati. Eleggiamo uno sproposito di persone in un sacco di posti, ma poi quelli contano poco e noi chiediamo solo di dimenticarcene. Dai quartieri all’Europa c’è un esercito che, se va bene, si agita per poco. Truppe, acquartieramenti e caserme, però, condizionano la vita pubblica, così le luci stradali sono competenza di due o tre livelli territoriali, l’edilizia se la disputano governo e regioni, ma poi dipendo dal geometra comunale per spostare un water. La macchina è inceppata da tempo, producendo inefficienza e corruzione (antidoto all’immobilismo).
Solo l’emergenza rompe il maleficio della conservazione inerte. A Napoli si è vinta la partita perché si sono rotte le regole. Non solo non si è dato ascolto ad enti locali largamente corresponsabili del disastro, ma neanche si è dato voce ad un’opposizione che poteva scegliere fra incapacità e complicità. Berlusconi, insomma, non dipendeva né dagli equilibri istituzionali né da quelli del suo stesso schieramento. Così la spazzatura è stata tolta e l’inceneritore ha cominciato a funzionare. Bassolino e la Iervolino sono ancora al loro posto, il che segnala due cose: a. l’equilibrio politico è rispettato, a danno di quello istituzionale, pertanto loro non rompono le scatole ed il governo non ne approfitta per fargliela pagare; b. la politica è morta, perché in caso contrario avrebbe già provveduto la sinistra a farli fuori. Lo schema può essere ripetuto all’infinito, e finché porta risultati, magari ridando presto un tetto agli sfollati, sarà applaudito.
Alla lunga, però, non regge, perché si basa non sulla forza della funzione, quindi dell’istituzione, ma di una persona. E’ il frutto di una circostanza particolare, non replicabile, di una storia che inizia nel 1992-1994, con il colpo giudiziario che demolì un mondo politico già pericolante. E’ la cristallizzazione di uno squilibrio, fatto di democrazia senza politica, di rappresentanti che non rappresentano. Quando l’emergenza non spinge le ruote s’impantanano, come è capitato con il “piano casa”.
La cosa davvero preoccupante è che, ancora adesso, si ragiona e ci si azzuffa sulla persona, con ossessivi e demoralizzanti berlusconismi ed antiberlusconismi, con demenziali “come ha giustamente detto” e non meno demenziali “è sempre colpa sua”, mentre le menti diventano ottuse e le lingue s’allappano, non appena si tratta di discutere istituzioni nuove e mettere mano alle riforme. In altre parole: la gran parte di quelli che si disperano per il deperimento democratico non s’avvedono d’esserne la causa.
Chi, come noi, non s’appassiona ai personalismi, osserva con commiserazione il dilagare di tifoserie e pochezza, che riducono la politica a parodia di se stessa. Ci consoliamo, per quel che dura, passeggiando sul lungomare napoletano, e sperando di poterlo fare, prestissimo, fra i paesi di un Abruzzo bellissimo.

link dell'articolo originale:
http://davidegiacalone.it/index.php/politica/da_napoli_a_l_aquila

giovedì 9 aprile 2009

DIFFICILE AMMETTERE CERTE COSE


La prontezza e l'efficienza in questa tragica evenienza del terremoto in Abruzzo del sistema della Protezione Civile (la cui nuova struttura fu potenziata grazie ad un decreto del governo Berlusconi del 7 settembre 2001, che scioglieva la vecchia agenzia - dopo lo scandalo Arcobaleno degli aiuti all’Albania sotto il governo D’Alema, che aveva travolto la vecchia agenzia della protezione civile diretta dal prof. Franco Barberi - e riunificava la materia in un dipartimento accorpato nella Presidenza del consiglio, nominando Guido Bertolaso come direttore) è sotto gli occhi di tutti. Quanto alla mappatura delle zone sismiche dell'Italia, fu proprio il governo Berlusconi, alla fine del 2002 e all’inizio del 2003 [Ordinanza PCM 3274(20/03/2003) primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione del territorio nazionale e di normative tecniche (G.U. n.105 del 08/05/2003)], dopo la tragedia di San Giuliano (avvenuta nei primi di novembre del 2002), a impostarne la realizzazione e a dare cinque anni di tempo per realizzare le verifiche (poi prorogati, ma non più da oggi) per l'adeguamento dei criteri di costruzione degli edifici. Il piano casa di prossima realizzazione dell'attuale governo Berlusconi, più che il precedente per fenomeni di edilizia selvaggia e di potenziali nuove catastrofi, potrebbe rivelarsi essere l'inizio di una nuova fase virtuosa (di tipo antisismico, ma non solo) della edilizia nazionale ed abbruzzese in primo luogo.

Ma è difficile ammettere certe cose.

NELLA TRAGEDIA UNA PERLA



Ho visto questo filmato ieri sera al Tg5. E mi ha colpito molto: come in ogni caso in cui una persona riesca a superare una situazione di estrema difficoltà (in questo caso il terremoto, ma può trattarsi anche di una grave malattia o di altri eventi tragici come la guerra - ricordate le poesie di Montale?) ritrovando l'inaspettata forza e lucidità interiore della saggezza. In questo caso la tenera e profonda saggezza di una persona anziana. Un piccolo grande esempio di umanità da ricordare.

domenica 5 aprile 2009

FENOMENI DI MASSA E BERLUSCONI

Io fuggo la folla ed i fenomeni di massa. Per questo rifuggo l'antiberlusconismo. Molto più del berlusconismo.

Berlusconi è un catalizzatore di fenomeni opposti. Ma tra i due, il berlusconismo (la passione incondizionata per il Silvio nazionale) è sicuramente più limitato, modesto e di portata assai minore rispetto al secondo, l'antiberlusconismo. Quest'ultimo è il vero fenomeno di massa che ha caratterizzato questi ultimi lustri in Italia, con larghi settori della società visibile - magistrati, giornalisti, scrittori, attori, cantanti, comici, professori universitari, intellettuali, insegnanti, no-global, centri sociali, girotondi, ecc.ecc. - tutti ufficialmente ed esplicitamente schierati da questa parte (almeno fino ad adesso; forse qualcosa recentemente è cominciato a cambiare). I successi elettorali - peraltro a fasi alterne - di Forza Italia e del PDL non devono trarre in inganno: rappresentano solo la straordinaria intuizione e coraggio di Silvio Berlusconi di riempire quel vuoto politico creatosi storicamente a seguito di Tangentopoli, ma solo erroneamente si potrebbe pensare di poter ricondurre anche questi successi ad una espressione diretta del berlusconismo in senso stretto. Il PDL rappresenta una realtà che, pur essendo indubbiamente stata creata e resa possibile da Silvio Berlusconi, ha radici e basi molto più profonde e concrete nella maggioranza moderata del paese, maggioranza moderata che è sempre stata presente in Italia, a prescindere da Silvio Berlusconi (tantomeno dal culto della sua persona, condizione che riguarda una minoranza assai ristretta e trascurabile del paese, anche tra chi ha votato PDL). Per questo confondere berlusconismo col PDL è un grave errore. Ed è proprio sulla base di questo errore, tanto clamoroso quanto persistente, che l'opposizione continua a sbagliare e continuerà a perdere, continuando a colpire contro la persona di Silvio Berlusconi e non vedendo il bersaglio vero.

PRIME LUCI OLTRE LA CRISI

Prime luci oltre la crisi


di Paolo Mieli

Nei giorni in cui lascio la direzione del Corriere della Sera mi conforta constatare che all’orizzonte della grande crisi economica in cui siamo (non del tutto incolpevolmente) precipitati si intravede qualche bagliore di luce. Attenzione, non voglio in questa sede mostrarmi ottimista a dispetto delle evidenze. Quel che ci è dato di vedere adesso è il buio più buio: le stesse previsioni che provengono dai più qualificati osservatorii internazionali, dall’Ocse al Fondomonetario, sono discordanti sui tempi della ripresa, se già nel 2010 o decisamente più in là. Epperò già si vede qualche segno del fatto che qualcosa si muove in una direzione che fa ben sperare. A Milano ci sono quattrocento aziende che vorrebbero esporre al Salone del mobile di fine aprile e non riescono perché per consentire a tutti di presentare al pubblico la propria produzione ci vorrebbero altri trentamila metri quadri. In Scozia c’è una società di biotecnologie, la Angel Biotechnology, che dai primi di dicembre è salita in Borsa di oltre il 300 per cento.

In America il numero di persone che chiede sussidi di disoccupazione è da qualche settimana in costante discesa. Se poi si guarda al Nymex (la borsa del petrolio di New York), al Chicago Board of Trade (derrate tipo cereali, soia, riso), al London Metal Exchange (acciaio, alluminio, ferro) si può notare che i prezzi future a un anno delle materie prime sono dappertutto più alti: segno che da quelle parti si intravede, di qui a dodici mesi, una ripresa della produzione e dei consumi. E ancora: la circostanza che i grandi fondi sovrani, dalla Cina a Singapore, si disinteressino sì alle banche ma investano nei grandi gruppi minerari (ad esempio Rio Tinto, Anglogold) può essere interpretata come un segno del fatto che su quei terreni essi scorgono la base di una loro prossima espansione industriale. E come si spiega che l’import di rame dalla Cina sia salito nell’ultimo mese di oltre il 90 per cento?

La Cina sta imprimendo una forte accelerazione agli investimenti in infrastrutture e la Borsa di Shangai dall’inizio di quest’anno sta salendo in controtendenza sul resto del mondo. Certo, la Cina... Ma la Bank of America ha annunciato il rimborso dei contributi ricevuti dal Tesoro. Quantomeno l’inizio. Ripeto: tutto questo non significa che la notte è alle nostre spalle.Ma adesso abbiamo la certezza che ne usciremo prima forse di quel che avremmo potuto pensare. E ne usciremo con un mondo radicalmente cambiato, in meglio. Discorso che vale anche per il nostro Paese (toccato oltretutto da una crisi morale di cui qui e là si sono intravisti negli ultimi tempi evidenti segnali), almeno per quella parte del Paese che avrà saputo disfarsi delle vecchie categorie, anche quelle di questo ultimo quindicennio di transizione. E a maggior ragione vale per il mondo dei media, la carta stampata in particolare. Grazie a una proprietà, a un editore e soprattutto a una magnifica redazione che in questi ultimi anni è stata all’altezza dell’impresa, il Corriere della Sera è nelle migliori posizioni per modernizzarsi sempre di più e guadagnare l’uscita dalla crisi. Sono certo che sotto la guida di un professionista con i fiocchi che io ben conosco, Ferruccio de Bortoli, questo giornale, questo sistema- giornale sarà tra i primi a toccare il traguardo.


http://www.corriere.it/editoriali/09_aprile_05/paolo_mieli_prime_luci_oltre_crisi_48c2c248-21b1-11de-b3cf-00144f02aabc.shtml

sabato 4 aprile 2009

I VERI 'ITAGLIANI'

C'è gente che del G20 di Londra sembra non riuscire a ricordare altro che il tono di voce 'inappropriato' di Berlusconi nel chiamare Obama (e contrirsi di vergogna nei confronti della Regina).

C'è gente che del vertice NATO di Strasburgo non sa darsi pace della maleducazione di Silvio Berlusconi che sta al telefonino (chissà con chi e perché) mentre lo richiama la Merkel (poco importa se quella telefonata potrà rivelarsi essere stata utile per risolvere una questione di interesse generale - la nomina del danese Rasmussen - come riconosciuto dal presidente turco).

C'è gente che gode tafazzaniamente nel trovare articoli sulla stampa estera o video su youtube (meglio se di altri paesi) che denigrino il nostro presidente del consiglio per qualche gaffe (vera o presunta poco importa).

C'è gente che non ha di meglio da fare che perdersi nelle stupidaggini e nella denigrazione montata ad arte, ma che vorrebbero far passare per stupidi coloro i quali giudicano questi episodi per quello che sono.

Loro, si, sono molto 'itagliani' (nel senso più deteriore, autolesionista e provincialistico del termine).

Di gaffes (vere o presunte) capita di farne a parecchi uomini e donne di stato. Ma solo in Italia si ricercano e se ne fanno un caso da prima pagina per settimane, a scapito di notizie che dovrebbero esser ritenute leggermente più importanti ed interessanti (un G20, una riunione Nato, ecc). In Italia non si parla d'altro.

Anche questo è molto 'itagliano'.


Scrive Gherardo Pelosi sul sole24ore:
Che il problema sia ormai l'Italia e gli italiani piuttosto che Berlusconi è diventato evidente (...) Il commentatore dell'emittente France 2 ricordava che «è abbastanza frequente vedere nei ristoranti italiani mariti impegnato al telefonino mentre sono al tavolo con la moglie». Come a dire: «Perché meravigliarsi tanto del comportamento del presidente del Consiglio italiano che si comporta come tutti i suoi connazionali?. Passerà certamente per una persona maleducata - aggiungeva il commentatore - ma senza dubbio è una strategia del primo ministro italiano che vuole sottolineare la sua importanza».
Morale - I tanti che in Italia si affannano a screditare per primi l'immagine del proprio paese con l'esaltazione delle gaffes (vere o presunte) del suo rappresentante all'estero non si rendono conto che saranno massacrati a loro volta in quanto italiani (e forse lo meritano pure).
Quello che manca loro non è patriottismo, ma semplice buonsenso e minimo amor proprio.

VELTRONI: DO YOU REMEMBER?




Quanti ricordi, quante sensazioni, quanta tristezza, quanta amara ironia possono sprigionare una vecchia canzone e delle vecchie immagini... (nemmeno poi così vecchie in realtà, ma che incredibilmente tali appaiono)


PS: Per chi ama infierire:
http://www.youtube.com/watch?v=E0UBZ0z0bvo

giovedì 2 aprile 2009

DAL 3 APRILE OBBLIGO DEL DGI - VERSO LA FINE DELL'ANALOGICO

Dal sole24ore on line del 1 aprile 2009:

Dal 3 aprile in vendita solo tv con decoder digitale integrato

Dal 3 aprile nei centri commerciali e nei negozi di elettronica di consumo potranno essere venduti solo televisori con il decoder digitale terrestre integrato: a ricordare quest'obbligo previsto dalla legge è Dgtvi, l'associazione per lo sviluppo del digitale terrestre (cui aderiscono Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Dfree e le tv locali di Frt e Aeranticorallo).


La lista dei Tv certificati


L'associazione ha segnalato, con il bollino bianco Dgtvi, tutti i modelli di televisori con decoder integrato, compatibili con il segnale dei canali in chiaro del digitale terrestre e con le offerte di tv a pagamento. In base al calendario varato dal governo, il 20 maggio è previsto lo switch over nel Piemonte occidentale (Province di Torino e Cuneo): da quella data Raidue e Retequattro saranno visibili solo in Dtt. Il 16 giugno toccherà al Lazio con l'esclusione della provincia di Viterbo e il 10 settembre sarà la volta della Campania. Quanto allo switch off, cioè lo spegnimento definitivo della tv analogica, in Piemonte avverrà dal 24 settembre al 9 ottobre (con la possibilità di vedere 28 canali tv nazionali gratuiti, invece dei 9 attuali); a Roma e nel Lazio dal 16 al 30 novembre e in Campania dall'1 al 16 dicembre. Continua la marcia verso lo switch off in Trentino e Val d'Aosta, dove è già stato effettuato lo switch over.