Dunque le università italiane sarebbero animate da un nuovo '68. Bello. Ma contro cosa?
Appurato che il decreto Gelmini con l'università non c'entra nulla ( http://www.governo.it/Governo/Provvedimenti/testo_int.asp?d=40106 ), rimarrebbe l'accesa critica su alcuni punti, quelli riguardanti l'università, della legge 133 ("Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria", decreto del 21 agosto 2008). Tale critica sarebbe giustificata dai tagli a fondi e personale dell'università e dalla sua privatizzazione surrettizia. Su quest'ultimo aspetto delle critiche, mi sento di sostenere che si tratti di timori infondati e/o malposti. Nell’articolo 16 della legge 133 (“Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università”) si dice semplicemente che le università pubbliche possono deliberare (per decisione del proprio senato accademico) la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato, ma “resta fermo il sistema di finanziamento pubblico; a tal fine, costituisce elemento di valutazione, a fini perequativi, l’entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione” (comma 9). Inoltre, con la trasformazione delle università in fondazioni universitarie, “i trasferimenti a titolo di contributo o di liberalità a favore delle fondazioni universitarie sono esenti da tasse e imposte indirette e da diritti dovuti a qualunque altro titolo e sono interamente deducibili dal reddito del soggetto erogante. Gli onorari notarili relativi agli atti di donazione a favore delle fondazioni universitarie sono ridotti del 90 per cento” (comma 5). Questo sarebbe un danno o una opportunità per le università italiane?
Sulla questione poi dei tagli ai fondi dell'università, effettivamente previsti (riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario di 330 milioni di euro, da qui al 2011) e sul parziale blocco del turnover delle assunzioni (1 su 10 dal 2009, 1 su 5 dal 2010, ed 1 su 2 dal 2012) , bisogna fare chiarezza: si tratta di tagli a risorse necessarie od eliminazione di sprechi (che non ci possiamo più permettere)?
Pare che la spesa di molti atenei sia fuori controllo. Addirittura in alcuni casi la spesa per i soli stipendi sarebbe superiore al totale delle disponibilità di finanziamento di quell'ateneo: è quanto sta accadendo in una università storica come quella di Siena, che utilizza il 104% del finanziamento per il pagamento degli stipendi con il risultato di una vera e propria crisi finanziaria che potrebbe presto coinvolgere altri atenei quali l'università Federico II di Napoli, che spende il 101% e a seguire quelli di Bari, Cassino, Firenze, l' Orientale di Napoli, Pisa e Trieste che «si limitano» a spendere il 90% del fondo di finanziamento. Inoltre in Italia si sono create tante, troppe, piccole università (a tutto svantaggio della qualità di quelli che dovrebbero essere centri di eccellenza), inoltre tante, troppe cattedre e specializzazioni, non giustificate da reali esigenze né tantomeno da una minima logica di razionalità (a supporto di questi argomenti suggerirei un articolo, scritto in tempi non sospetti, dicembre 2006, da Rizzo e Stella sul Corriere della Sera: http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/27/Universita_corsi_raddoppiati_anni_co_9_061227072.shtml ).
Dunque, quelle odierne, sono mobilitazioni per difendere la nostra università o per lasciarla affondare definitivamente?
venerdì 24 ottobre 2008
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6 commenti:
In ricerca spendiamo un terzo dei paesi a cui vorremmo fare concorrenza, potevo anche capire una ridistribuzione delle risorse che premiasse i meno spreconi ma qui stiamo parlando invece di tagli indiscriminati. Per istruzione e ricerca servono molti più soldi (cetamente spesi meglio di come sono spesi oggi), non tagli.
Che si spenda poco (e male) per la ricerca è senz'altro vero, ma questa è una situazione che ci trasciniamo da decenni, non è certo di problema di oggi. Dunque non può essere neanche questo a giustificare le proteste di questi giorni. Inoltre il problema della ricerca, dei ricercatori, dei precari della ricerca, è un qualcosa di molto più complesso che va risolto, più che con un aumento (assai difficile nelle condizioni attuali) di fondi, con un ripensamento profondo dell'università e della ricerca in Italia. Vedremo quello che sarà il progetto in proposito presentato dal governo.
ehi calam bellino...considerare sprechi gli stipendi dei ricercatori e dei dottorandi che già si scannano per accedere a borse di 900 euri, vacci piano che è meglio.
sono sprechi perchè l'italia spende meno di tutti per la ricerca e allora ci sembrano sprechi. le università non ce la fanno soprattutto perchè sono mal finanziate.
ehi nick io devo stare attenta a non farmi disinformare dalla propaganda sindacale e di sinistra, ma tu non scadere nel populismo con la solita storia degli sprechi italiani, perchè se di sprechi si parla, vedi quanto spende il cav. per il suo governuccio da crisi economica!
Anch'io, ai suoi tempi, prendevo 800.000 lire di dottorato... Infatti lo spreco non è quello, ma è tutto quello che c'è attorno. Non è vero che per l'università si spende poco: vedi che sei ancora vittima della disinformatjia comunista? Ciao e divertiti a Roma.
ne 68, ne 48. 08 = niente partiti, niente ideologie, niente violenza. 08 vuol dire ci avete rotto il cazzo: non pagheremo con i tagli ai nostri miseri finanziamenti le vostre missioni democratiche in medio oriente; i debiti accumulati dai vostri manager in alitalia, cirio parmalat ecc ecc; il sostegno alle banche, alle imprese (gli abbiamo regalato utili sicuri per 5 anni alla CAI... ma nn gli basta proprio mai?);
la Gelmini nn torna indietro? neanche noi. ma noi abbiamo un motivo semplice semplice: nn abbiamo piu niente da perdere, ci avete tolto perfino la speranza di 800 euro al mese per 1/3 di noi.
non siamo violenti, politicizzati e manovrati... siamo solo incazzati, ma civili, e finche nn avremmo un futuro protesteremo rendendo difficile la vita nelle città (soprattutto ai servi di partito come te)
Buona serata, vado a ballare all'università
Che la protesta sia spontanea e che rifiuti l'egida di uno schieramento politico l'ho compreso ed apprezzato. Tuttavia, mentre posso comprendere, anche se non condividere, le motivazioni di ricercatori e precari dell'università, proprio non comprendo, oltre che non condivido, quelle degli studenti universitari. Prendersela con la Gelmini, poi, mi pare, più che fuori luogo, fuori di senso.
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