La grande crisi è arrivata e si farà sentire ancora e di più nell'anno a venire, su questo pare che nessuno abbia dubbi. Ma rispetto ad un anno fa, ora, stiamo veramente così peggio in Italia? Certamente c'è una grande preoccupazione, sicuramente fondata, per quello che riguarda la situazione e le aspettative dell'economia mondiale, per le prospettive di tante attività industriali nazionali in vari settori e sulle ricadute sulla situazione occupazionale. Tuttavia il clima da "de profundis" registrabile quotidianamente in larghissima parte della stampa e dei media riguardo la gravità della situazione attuale in Italia è davvero corretto e pienamente giustificato, oppure sarebbe da criticare come inopportuno ed oggettivamente negativo?
Propongo a questo riguardo la lettura dell'editoriale di Luca Ricolfi su La Stampa di oggi:
"Ieri le prime pagine di quasi tutti i quotidiani riportavano la notizia secondo cui più di un milione di famiglie «non ha i soldi per mangiare», e ben 15 famiglie su 100 «faticano ad arrivare a fine mese». Di qui una serie di dichiarazioni preoccupate di politici e sindacalisti sulla gravità della crisi e la drammaticità della situazione delle famiglie italiane. Fonte della notizia: l’ultima indagine Istat sui redditi e le condizioni di vita in Italia, da cui effettivamente risulta che una famiglia su sette non riesce a quadrare il bilancio. Solo i due principali quotidiani della destra, Il Giornale e Libero, con due editoriali di Nicola Porro e Gian Luigi Paragone, hanno provato a raccontare un’altra verità, anch’essa sorretta da numerosi dati di segno contrario. Gli italiani, sostengono i due quotidiani vicini al governo, si preparano a trascorrere un Natale non molto diverso dal precedente, il numero dei vacanzieri è in aumento, i buoni affari - favoriti da massicci sconti - si moltiplicano, le prenotazioni nelle località di montagna sono su buoni livelli, le rate dei mutui stanno scendendo e i prezzi delle case pure. Chi ha ragione? Che cosa sta realmente succedendo? Hanno ragione entrambi, naturalmente, perché i dati sono dati, ed entrambe le letture poggiano su dati sufficientemente attendibili. Però i dati, se mi permettete il gioco di parole, hanno anche una data, come il latte, lo yogurt e le merendine. Il sapore di uno yogurt non è esattamente lo stesso se la confezione è integra, o invece è scaduta da un anno abbondante. È quel che è successo ieri con i dati Istat, che sono stati diffusi a fine 2008 ma erano stati rilevati nell’autunno del 2007 (più di un anno fa), in un momento in cui si cumulavano quattro gravissimi fattori di sofferenza per le famiglie: una fiammata inflazionistica, l’aumento del costo dei mutui, i primi effetti della crisi dei mutui subprime, la stangata fiscale della prima Finanziaria del governo Prodi. Da allora la situazione è completamente cambiata, nel bene e nel male. Vediamo rapidamente come. Sul versante occupazionale le cose vanno decisamente peggio, perché parecchi lavoratori hanno perso il lavoro, le ore di cassa integrazione sono in rapido aumento, moltissimi contratti stanno per scadere e solo una parte verrà rinnovata.
Nessuno è in grado di prevedere con ragionevole accuratezza quanti nuovi disoccupati avremo l’anno prossimo, ma ben pochi dubitano che saranno parecchie centinaia di migliaia. Non per nulla il tema degli ammortizzatori sociali e la proposta di settimana corta (lavoriamo meno, lavoriamo tutti) sono balzati ai primi posti nell’agenda della politica. Altrettanto male vanno le cose nei piani alti della stratificazione sociale: chi aveva in portafoglio azioni e obbligazioni «pericolose» ha dimezzato il suo capitale di rischio, imprenditori e commercianti fanno i conti con un calo della domanda che, senza essere ancora drammatico, sta comunque erodendo i loro margini di guadagno. È possibile che il 2009 sia un anno molto duro per molti, sia in basso (disoccupati, precari, piccoli esercenti) sia in alto (imprenditori, commercianti, lavoratori autonomi in genere). Però, attenzione a non generalizzare. Disoccupati, precari e lavoratori indipendenti non sono tutta la società. La maggior parte dei capifamiglia rientrano in due altre grandi categorie: i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) e i pensionati. Per essi, almeno finché conservano un reddito, da alcuni mesi la situazione sta sensibilmente migliorando, perché i loro redditi nominali sono in aumento (come sempre avviene per vari automatismi e trascinamenti) mentre i prezzi - per la prima volta dal 1959 - stanno diminuendo. Difficile dire di quanto, vista la scarsa sensibilità dell’indice Istat ai movimenti effettivi dei prezzi, ma non si può escludere che lo stiano facendo più in fretta di quanto suggeriscano le statistiche ufficiali: accanto a beni che aumentano di prezzo, ci sono voci di bilancio importanti come la benzina, il riscaldamento, le bollette della luce e del gas, i mutui, i viaggi, i pacchetti turistici, i prodotti nei supermercati, che stanno offrendo ai consumatori opportunità fino a ieri impensabili. Insomma, se è vero che una parte delle famiglie passa un momento difficile, è anche vero che i percettori di redditi fissi stanno aumentando il proprio potere di acquisto. Può darsi che questo momento duri poco, ma resta il fatto che per adesso è così. La controprova? Ieri l’Isae, una delle fonti statistiche più preziose per seguire la congiuntura economica in tempo reale, ha reso noti i dati di dicembre sui bilanci familiari. Ebbene essi mostrano che il momento peggiore, ancora peggiore di quello dell’autunno 2007 (periodo della rilevazione Istat), è stata la prima metà del 2008, in cui la percentuale di famiglie in difficoltà ha raggiunto il massimo storico da quando esiste l’indagine (1999), toccando - a luglio - il livello record del 22% di famiglie costrette, per quadrare il bilancio, a fare debiti o ricorrere ai risparmi. Da allora, ossia nel giro di poco più di un trimestre, il numero di famiglie in difficoltà è sceso con impressionante rapidità, passando dal 22% di luglio al 17% di ottobre al 13% di dicembre.
In breve: le famiglie in difficoltà sono quasi dimezzate in 5 mesi; rispetto al 2007, anno dei drammatici dati Istat di ieri, sono diminuite (e non aumentate, come credono i sindacati); infine, non erano mai state così poche dal 2006, unico anno di sollievo da quando l’introduzione dell’euro tagliò bruscamente il potere di acquisto degli italiani. Dobbiamo essere per questo ottimisti? Assolutamente no, perché il 2009 non promette nulla di buono. Ma, almeno, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. Questo è un momento strano perché convivono due verità: una grave recessione in arrivo, e un periodo - non sappiamo ancora quanto lungo - di aumento del potere di acquisto (deflazione), che dà un briciolo di ossigeno alle famiglie. Se vogliamo capire quel che succede, forse è meglio raccontarle entrambe, anziché fissarci su quella che più si accorda con i nostri pregiudizi."
Luca Ricolfi
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5401&ID_sezione=&sezione=
martedì 23 dicembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Posta un commento