sabato 6 giugno 2009
Intervista (immaginaria) a Davide Giacalone
Dott. Giacalone, gli europei si recano alle urne...
Un grande ventre democratico, un possente travaglio elettorale, partorirà il solito mostriciattolo inutile: il Parlamento Europeo.
Ohibò, cosa ha detto? Pensi a quanti convinti europeisti si potranno indignare per questa sua affermazione.
Spiacente, sono cresciuto a pane ed europeismo, e proprio perché conservo una certa idea di cosa l’Europa dovrebbe essere, osservo e descrivo l’imponenza burocratica e l’illusorietà democratica di quella che adesso si rivota.
Gli europei eleggeranno 736 parlamentari, noi italiani ne manderemo 72. Ci sono candidati di tutti i colori ed ovunque si registrano presenze avvenenti o singolari.
Manca una sola categoria di persone.
Quale?
Gli statisti. Che già non abbondano, ma è significativo che i leader politici, quelli veri, non si candidano o lo fanno solo per attirare voti, sapendo bene che non metteranno piede in quel Parlamento. Le delegazioni, quindi, senza gran distinzione di schieramento e nazionalità, saranno composte da signori bigi, di cui sentiremo riparlare fra quattro anni, quando saranno pubblicate le statistiche sulle assenze.
Ma si fa un gran parlare dell'importanza crescente del ruolo dell'istituzioni centrali europee nella gestione delle questioni più importanti, se non cruciali, per ogni singolo paese membro.
La moneta europea continuerà ad essere governata da banchieri centrali che non rispondono ad alcun potere politico e che, naturalmente, nessuno ha mai eletto. L’unico organo esecutivo dell’Unione, ovvero la Commissione Europea, continuerà ad essere composta da gente scelta dai governi. E le decisioni che contano saranno adottate dal consiglio dei ministri, cioè dalle riunioni dei presidenti o ministri di ciascun Paese, senza che serva ad un bel niente il voto diretto per il Parlamento Europeo. Il quale ultimo, occupandosi prevalentemente della ratifica e formulazione delle direttive, è divenuto l’impero dei lobbisti, contro cui non ho nulla, vanno benissimo, ma, appunto, non si occupano di politica estera e trattano la sicurezza o la difesa solo se c’è da vendere qualche cosa.
Sono passati trenta anni dalla prima volta in cui eleggemmo questo Parlamento. Lei che giudizio sente di darne?
Da europeista annoto il suo fallimento, e lo faccio osservare perché non affondi con sé anche l’ideale, come già s’è visto nei referendum su quella roba bislacca che si volle chiamare “Costituzione europea”, con gli elettori che correvano in massa a bocciarla, scambiando il voto per una specie di lucchetto contro la globalizzazione.
E per quanto riguarda queste ultime elezioni, che significato avranno per gli elettori italiani?
Noi italiani faremo come tutti gli altri: voteremo pensando agli affari nostri, con lo sguardo rivolto non all’orizzonte continentale, ma alla pozza locale. Ciascuno voterà la squadra del cuore, componendo così una rappresentanza che non parla la lingua del federalismo europeo, ma esporta il vernacolo gesticolante della propaganda locale. Nel migliore dei casi, sarà inutile.
NB: Quella riportata in questo post è solo una intervista assolutamente immaginaria il cui testo è frutto di una libera manipolazione di questo articolo di Davide Giacalone (che spero non me ne vorrà per questo)
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2 commenti:
Sono molto d'accordo sul contenuto del post. L'Europa è stata creata da potenti che più che l'Europa politica, avevano in mente l'Europa finanziaria. E l'hanno avuta.
Su una cosa però non sono d'accordo. Il futuro. Se ogni nazione si rende conto della distanza siderale tra le norme sfornate dalla ue e il sentire comune, forse in futuro (magari già a partire da lunedì) manderanno in Europa gente più preparata (magari non proprio statisti, ma utili "operai", diciamo).
L'Europa politica, intesa come entità unitaria e capace di un ruolo effettivo e rilevante sul piano internazionale, è ancora, di fatto, assente. Che si arrivi a crearla è il vero obiettivo ideale da porsi per chi si crede sinceramente europeista. Di fatto tuttora prevalgono le logiche dell'interesse particolare dei singoli stati, e quell'ideale appare ancora lontano dal potersi realizzare. Ideale la cui realizzazione è ulteriormente complicata dal forse eccessivo allargamento della nostra Europa, con grave rischio di snaturamento e di perdita identitaria. Un elemento forse responsabile della sua attuale crisi, di cui il fallimento dei referendum sulla costituzione europea ne è un aspetto eclatante.
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