Non ci siamo.
Una delle cose da correggere al più presto all’interno del PDL è lo yesmenismo, cioè la malsupposta idea che il capo non possa e non debba essere contraddetto, nemmeno se sbaglia. Questo già sarebbe un utile presupposto per poter pensare ad un vero confronto democratico al suo interno. Cosa che ora non esiste. Perché nessuno - Fini a parte - ha il coraggio e la forza necessaria per esprimere le proprie idee ed opinioni.
Il capo attuale del PDL non è in discussione. Tutti ne riconoscono i meriti e le qualità, soprattutto rappresentati dalla capacità maieutica nell'aver saputo catalizzare e reso possibile la nascita di un grande centro-destra italiano. Ma per far crescere e maturare un vero partito bisogna che al suo interno possa avvenire un reale confronto di idee ed opinioni. Poi il capo decide, non c'è dubbio, ma non prima di aver avuto modo di confrontare la sua scelta con le altre possibili. E questo nell’interesse sia suo (evitando errori non considerati) che del partito (che ha modo di crescere e arricchirsi delle sue identità diverse). Anche perché la vera qualità di un capo non è tanto quella di saper imporre, ma di saper convincere.
Il risultato di queste ultime elezioni va colto sia riconoscendone gli aspetti positivi (il PDL e Lega si confermano nel loro ruolo dominante nella politica italiana su quella che dovrebbe esserne l’opposizione), sia comprendendone i suoi aspetti negativi: l’eccessiva esposizione personalistica del suo leader. Che tale eccessiva esposizione ha pagato in questa circostanza. Il comunque buon risultato attuale del PDL, a mio parere, è solo il frutto del buon agire del suo governo, più che una conferma del suo successo personale. E di questo dovrebbe rendersene conto. E rinunciare a perseguire la sublimazione di sé stesso.
Far tesoro degli errori commessi nel passato è il miglior modo di crescere.
Spero che Berlusconi capisca ed ammetta i suoi errori: sarebbe il modo migliore per riaffermare la sua leadership. E di dare la giusta sterzata al suo partito.
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