La disfatta della nazionale ex-campione del mondo è stata tanto clamorosa (uscita al primo turno all'ultimo posto del girone considerato più facile) quanto inevitabile e prevedibile. O meglio prevista: tanto che si era predisposta già in precedenza la successione a Marcello Lippi. Non mancavano certo segnali - gli scommettitori davano ben poche chances di vittoria alla pur blasonata squadra italiana - che puntualmente si sono dimostrati attendibili: giocatori 'anziani' o con una stagione trascorsa non certo esaltante, mancanza - o almeno scarsità - di nuovi giocatori veramente validi, infortuni dei pochi campioni ancora - forse - tali, ma soprattutto mancanza di un vero leader. Solo un miracolo avrebbe potuto rendere vincente una nazionale come questa. Il problema è che il miracolo è mancato. Del resto si può contare sempre e solo sui miracoli?
Scrive Massimo Gramellini:
"Investire sugli uomini e sulle strutture. Sembra una delle tante prediche inutili intorno all’economia italiana. I problemi sono gli stessi e si riducono a uno: assenza di visione del futuro. In questa Italia alla deriva, dove nessuno ha tempo e voglia di programmare, si prediligono le soluzioni spicce. La Corea fu uno choc profondo in un Paese ancora parzialmente serio e portò all’autarchia calcistica, con l’esclusione di oriundi e stranieri dal campionato. La Slovacchia è uno choc evaporabile e in un mondo senza più frontiere condurrà semmai alla decisione opposta: far passare per italiano anche chi non lo è. Possibile che Messi e Milito non abbiano nemmeno una nonna di Castel Volturno?"
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