lunedì 30 agosto 2010

Bilancio del ruggito (2)


Sembra confermarsi la negatività del bilancio del ruggito del Cavaliere e la pressocché inevitabile ritirata strategica che sarà costretto - suo malgrado - a intraprendere.

Scrive Ugo Magri:

"Riavvolgere il film delle ultime settimane: chissà se Berlusconi, potendo, accetterebbe la raccomandazione che gli viene da amici di lunga data. Azzerare tutto. Rimangiarsi l’espulsione per decreto di Fini. Condannare le aggressioni dei suoi giornali alla famiglia Tulliani. Cucirsi la bocca nei confronti del Quirinale. Insomma, prendere atto una volta per tutte che le cariche a testa bassa non lo liberano dai guai. Semmai, peggiorano la condizione...
Sono tanti, nelle ultime ore, quelli che cercano di spingere il Cavaliere a più miti consigli. Non solo «pacifisti» alla Gianni Letta. Praticamente l’intero gruppo di vertice del Pdl, la vecchia guardia, è su questa lunghezza d’onda. Ma pure alleati ruvidi come Umberto Bossi. E addirittura «colombe» insospettabili come l’avvocato Ghedini, il quale sa perfettamente che solo in un clima di autentica pacificazione con Fini potrebbe strappare un «salvacondotto» giudiziario per il suo cliente, alle prese con processi (vedi Mills) vicini a concludersi con la condanna.
E’ un coro, ormai. Eccezion fatta per il gruppo di amazzoni (la Rossi, la Brambilla, la Ravetto, la Santanchè) da cui il premier ama farsi applaudire, nessuno s’illude più.
Contro Fini l’offensiva è fallita, si combatte nel fango, avanti di questo passo perderà pure la guerra nella vana attesa dell’«arma segreta» (qualche rivelazione choc sull’appartamento di Montecarlo) che forse non arriverà mai. Quindi occorre trattare adesso, quando ancora è possibile in condizioni onorevoli. Ascoltando che cosa vuole Fini, e se si tratta di proposte fondate sul buonsenso accettarle. Rinunciando nel frattempo a bombardare il presidente della Camera, a chiederne le dimissioni, a epurare i suoi uomini, a tentare di spaccargli il gruppo. In una parola, Berlusconi viene invitato ad attendere che cosa Gianfranco dirà domenica a Mirabello, quando si rivolgerà al Paese (come anticipano i finiani) «e lì fisserà i suoi paletti»."


Quello che è tuttavia sempre più chiaro è che anche Gianfranco Fini non ne uscirà bene: a parte il coinvolgimento nell'affaire monegasco (che, fango a parte, qualcosa di negativo certamente ha comportato e comporterà indelebilmente per l'immagine del leader politico), pare farsi incerto il futuro (nonostante il suo nome: Futuro e Libertà) del gruppo parlamentare che fa riferimento a lui e che con ogni probabilità sarà riassorbito dal Pdl, dopodiché avrà inesorabilmente perduto ogni chance e velleità politica elettorale autonoma (anche se manterrà una certa forza propositiva e di disturbo alla leadership berlusconiana). Ma forse nemmeno Gianfranco Fini ci aveva mai creduto veramente.

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