I versetti di Maometto rivisitati in chiave neo punk. Donne musulmane immaginate come nuove Imam. Omosessuali non solo accettati, ma accolti a braccia aperte nelle moschee.
Follia? No, sono alcune delle sorprendenti espressioni del taqwacore, un fenomeno musicale - ma non solo - che sta emergendo negli Stati Uniti tra le nuove generazioni di ragazzi americani figli di immigrati da paesi musulmani. I "Taqx" (questo il termine con il quale vengono indicati) sono giovani che cercano di esprimere la loro identità di ragazzi che, pur vivendo integrati nel mondo occidentale, continuano a sentirsi profondamente e sinceramente musulmani, ma con la voglia di stravolgere e reinterpretare alcuni dei principi fondamentali dell’ortodossia islamica. Molti studenti, scrittori, fotografi, designers, registi compongono questo micro universo in continua espansione che si ritrova frequentando social network come facebook e myspace. Il loro stile musicale ed espressivo è dirompente e trasgressivo, non a caso si avvicina al duro punk-rock di gruppi come i Sex Pistols, che negli anni settanta dissacravano e mettevano in discussione tutti i capisaldi della cultura occidentale corrente. Su Youtube è possibile trovare diverse performances di gruppi taqwacore dai nomi significativi come "Vote Hezbollah", "Infibulates" e "Osama Bin Laden’s Tunnel Diggers", fino ai più noti "Kominas", alcune delle quali riprese in concerti con pubblico di scatenati ragazzi e ragazze mussulmane con tanto di velo. Il termine taqwacore (che deriva dalla contrazione delle parole taqwa - timore e amore per Allah - e hardcore - punk duro e puro) è stato tratto dall'omonimo romanzo di Michael Muhammad Knight, un nero americano convertitosi all’Islam nel 1992 dopo aver letto la biografia di Malcom X che, dopo aver studiato il Corano in Pakistan, ha partecipato alla jihad contro i sovietici in Cecenia. Nel suo libro "Taqwacore" (scritto nel 2003 ed edito in Italia da Newton Compton col titolo "Islampunk"), come una sorta di Jack Kerouac islamico Knight rappresenta con un linguaggio crudo e moderno una nuova via, un nuovo modo di essere e sentirsi islamico. Yusef, il protagonista del libro, studente fuori sede di origine pakistana, descrive la vita all'interno di una folle casa-comune di giovani punk musulmani americani che non vogliono rinunciare alla religione, ma neppure essere schiavi di dogmi e maschilismo. "I musulmani vengono qui da mille paesi diversi, tutti con le loro idee... Bisogna accantonare tutte quelle idee relative e attenersi a quanto abbiamo in comune... Nell'Ovest, fratello, quando avevo quindici anni, mi sono offerto volontario in una colonia estiva islamica, e un ragazzino indiano mi ha detto che quando porti una croce nel masjid, lo spirito di Isaia viene a spezzartela. Ma sai una cosa? Dagli qualche anno e si libererà di queste cazzate...". Yusef si rende conto che il suo modo di concepire i valori religiosi e la vita stessa dei suoi nuovi coinquilini, che sembrano conciliare il loro Islam con uno stile di vita punk, è assai diverso dal suo, ma l'esperienza finisce per allargare la sua definizione di religione e lo porta a mettere in dubbio la prassi tradizionale. In fondo il messaggio di Knight sembra essere positivo, e che la ribellione dei taqwacore e il loro accettare alcuni aspetti del modo di vivere occidentale può non solo non essere nemico dell'Islam, ma essere l'opportunità di un nuovo islam moderno e migliore, che non tagli le mani ai ladri, non butti giù dai minareti omosessuali e fornificatori. Insomma, "Abbiamo l'opportunità di fare qualcosa di grande". Dal libro è stato tratto un adattamento cinematografico dal titolo "The Taqwacores" diretto da Eyad Zahra e girato negli Stati Uniti, che è stato presentato nel gennaio del 2010 al Sundance Film Festival nello Utah e poi a novembre dello stesso anno all'Asian Pacific Film Festival di Los Angeles. Il film, che è uscito in dvd ad aprile, ha suscitato interesse, ma anche forti polemiche negli ambienti di fede islamica ortodossa. Sarebbe tuttavia ingiusto considerarlo un film blasfemo: oltre che inaspettatamente divertente, affronta con naturalezza e leggerezza temi delicati, con dialoghi spesso interessanti e ben recitati dagli attori protagonisti (Bobby Naderi nei panni di Yusef, Dominic Rains in quelli di Jehangir), ma soprattutto ha il pregio di suscitare delle domande: cosa significa essere musulmani (o più in generale, fedeli ad una religione) oggi? Si può avere il diritto di giudicare qualcun altro perché il suo stile di vita non è conforme a ciò che ritenuto normale? Siamo in grado noi occidentali di farci un'idea meno semplicistica e scontata di quello che può passare nella testa di un giovane islamico?
A giugno è uscita in Italia un'altra pellicola ispirata a ragazzi islamici: "Four Lions". Ma nel film diretto da Christopher Morris si tratta di quattro jihadisti britannici maldestri e pasticcioni (Omar, Way, Barry e Faisal) che, nel velleitario e strampalato tentativo di realizzare un attentato terroristico, ne combinano di tutti i colori. Dunque una commedia assolutamente divertente quanto irriverente scritta per ridere - e forse esorcizzare - un tema difficile e scottante come il terrorismo islamico. In fondo non fece la stessa cosa il grande Charlie Chaplin con "Il grande dittatore" su un tema come il nazismo?
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