lunedì 28 luglio 2008

IL PARADOSSO BERLUSCONI 2

"Si chiude quindi un altro processo, l'ennesimo avviato, ancorche' indirettamente dalla Procura Milanese, con il pieno riconoscimento della assoluta correttezza d'agire di Silvio Berlusconi e del Management Fininvest. Sarebbe opportuno che i Magistrati Milanesi e tutta la stampa italiana, che per anni ha utilizzato questo processo contro Silvio Berlusconi, ne prendessero atto e finalmente si scusassero per il loro agire."
Questa la dichiarazione fatta da Nicolò Ghedini a commento della sentenza definitiva da parte del tribunale spagnolo sul caso Telecinco.

Già. Nessuna autocritica da parte di una procura che ha avviato un numero significativo di processi senza che nessuno, dico nessuno, si sia risolto in una condanna, vale a dire nella conferma della giustezza del procedimento penale avviato? Se un avvocato perde venti cause su venti, cosa se ne può dedurre? O che ha avuto la sfortuna di avere una serie di cause perse in partenza, oppure che è incapace od inetto. La procura di Milano, direttamente o indirettamente, ha aperto una ventina di processi contro Berlusconi. Lui ha potere, soldi e mezzi, non c'è dubbio, tuttavia una procura che istruisca una serie di processi che non si risolvono in una condanna (un insuccesso tecnico dunque) non è da considerare anch'essa un poco incapace, o almeno inefficiente (considerato che tali procedimenti li paga lo stato, cioé noi)?
Nei sistemi più efficienti del nostro, un procuratore se non ha elementi certi di colpevolezza, non da luogo all'istruzione del processo vero e proprio. Efficienza e razionalità, niente altro. Senza contare che se non ci si chiama Berlusconi, un cittadino che subisca un processo non pienamente motivato subisce un danno, a volte tragico ed irreparabile, solo per il fatto di subirlo. Anche se poi, ma non è detto, risulti innocente. Un procuratore che ritenga ci possa essere una notizia di reato, ma non ha gli elementi ragionevoli per provare la responsabilità personale di quel reato (perché, come noto, la responsabilità penale è solo personale), per una questione di efficienza e razionalità (visto che paga lo stato) dovrebbe evitare di istruire un processo su quel reato, o dovrebbe farlo il GIP per lui. Quello che, evidentemente, non è avvenuto a Milano. Ma se c'erano validi elementi per dimostrare la colpevolezza di Berlusconi, e viceversa lui è risultato innocente, allora ciò significherebbe che quel tribunale che lo ha giudicato è incapace od inefficiente (visto che non è riuscito a far conseguire ad una "motivata" incriminazione una "motivata" condanna).
Resta poi il fatto evidente, ma che qualcuno fa finta di non vedere, che una tale Procura con magistrati evidentemente molto "motivati" e politicamente schierati (come dimostrato dal passaggio di alcuni degli stessi alla politica militante dopo aver svolto la loro "obiettiva" azione di magistrato) abbia dedicato molto tempo, risorse e mezzi per appurare la fondatezza di notizie di reato a carico di un singolo imputato, imputato di rilievo politico particolare, guarda caso dello schieramento opposto, senza che, alla fine, il loro lavoro sia risultato acclarato e confermato da una sentenza.

L'altro paradosso, è che un imprenditore (potente e "spregiudicato" quanto si vuole) abbia potuto subire una serie interminabile di processi, processi dai quali è uscito (per un verso o per l'altro) "innocente", ma che tuttavia, per una sorta di Giudizio Morale Superiore nonché di una Giustizia Parallela Ufficiosa, per una parte significativa della popolazione, rimane tuttavia indubbiamente "colpevole". C'è infatti chi sostiene che comunque quegli elementi a carico dell'imputato Berlusconi giustificassero pienamente, se non un giudizio in termini di legge, un giudizio morale. C'è gente in Italia che della Giustizia Morale ne ha fatto un mestiere, e si è costruita fama e gloria su questo, riuscendo a dare alla sua arte, valore e considerazione superiore a quella goduta dalla Giustizia ufficiale (almeno per un certo numero di persone ben disposte a certi argomenti). Tuttavia il giudizio morale, oltre che essere un'altra cosa, è assai pericoloso mischiarlo e confonderlo con quello legale. Inoltre, per la lunghezza da era geologica dei nostri processi (forse il male principale del quale soffre la nostra Giustizia), la diffusione di indiscrezioni e elementi più o meno significativi e verificabili (quasi sempre derivate dagli atti della procura, cioè della sola accusa) fa si che si sviluppino processi paralleli e di grande seguito mediatico, che inevitabilmente si risolvono in "sentenze" tanto assolute e definitive (a prescindere dall'esito del processo regolare) quanto arbitrarie e discutibili. Questo insieme di cose è ciò di più lontano che ci possa essere dalle condizioni minime per poter giungere ad una Giustizia veramente "giusta", in quanto gli elementi dell'accusa inevitabilmente prevalgono su quelli della difesa, potendo non solo influenzare l'opinione pubblica, ma anche rischiare di condizionare quella dei magistrati stessi. Perché un processo possa essere considerato "giusto" dovrebbe poter essere condotto nella giusta sede e nelle condizioni più adatte (pari grado tra accusa e difesa) per un giudizio veramente terzo, sereno ed obiettivo. I processi popolari ("di popolo") o fatti dai professionisti dell'accusa sono in ogni caso scorretti, in molti casi pericolosi e antidemocratici. Riguardo ai processi a carico di Berlusconi, il peso dato su giornali, libri (Travaglio e non solo), trasmissioni informative (tipo Santoro), alle tesi dei "professionisti dell'accusa" è stata assolutamente prevalente, rispetto a quelle dei "professionisti della difesa, ed è inevitabile che molti rimangano interdetti se, alla fine del processo regolare, molti anni dopo, il giudice ha ritienuto di optare, sorprendentemente, per l'assoluzione: "...ma come? non era colpevole?".


In conclusione, i processi a Silvio Berlusconi, per un verso o per l'altro, sono forse l'esempio più eclatante che la Giustizia italiana, e tutto ciò ad esso connesso o da essa derivante, sia malata.




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