martedì 30 settembre 2008
LA SCUOLA COME TERRENO DI BATTAGLIA
Ancora ieri sera, ad ottoemezzo, D'Alema ripeteva i soliti argomenti ("la riforma della scuola proposta dalla Gelmini porterà al licenziamento di 80.000 insegnanti", "il maestro unico è un tornare indietro", "questo governo vuole distruggere la scuola pubblica") che la sinistra attuale e la CGIL stanno già agitando da tempo, ma ora ancor più intensamente in vista della prossima mobilitazione di piazza contro il governo (il 25 ottobre).
La scuola pare dunque rappresentare il terreno di scontro d'elezione scelto per ritrovare motivazione e consenso politico da parte dell'attuale opposizione, nei confronti di un governo che, pare, goda di un elevato consenso popolare (riforma Gelmini non esclusa).
Una scelta che probabilmente si rivelerà fallimentare. Sia nel merito che nella strategia.
Come ha rilevato Luca Ricolfi nella sua disamina attenta e ponderata del progetto di riforma proposto dalla Gelmini, contrariamente a quanto propagandato da taluni, "non è vero che saranno licenziati 87 mila insegnanti: la riduzione del numero di cattedre avverrà limitando le nuove assunzioni, la cifra di 87 mila insegnati in meno si raggiungerà nel 2012 e include nel calcolo le riduzioni già pianificate da Prodi (circa 20 mila unità, a suo tempo giudicate insufficienti nel Quaderno bianco sulla scuola pubblicato giusto un anno fa dal precedente governo)",
così come "non è vero che, nelle scuole elementari, sparirà il tempo pieno e tutti i bambini dovranno tornare a casa alle 12,30: l’introduzione del maestro unico, con conseguente soppressione delle ore di compresenza, libererà un numero di ore più che sufficiente ad aumentare le ore di tempo pieno eventualmente richieste dalle famiglie. Né si vede su quali basi l’opposizione agiti lo spettro di una riduzione degli insegnanti di sostegno, o della chiusura delle scuole di montagna (nessuna norma della Finanziaria lo prevede, e il ministro ha esplicitamente escluso tale eventualità)"
(per chi fosse interessato all'intero articolo: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5043&ID_sezione=29&sezione=Editoriali ).
Dunque gran parte delle critiche della sinistra e della CGIL sarebbero infondate. Perché dunque allora la sinistra ha deciso di fare la sua battaglia proprio su questo? Una spiegazione prova a darla Angelo Panebianco sul Corriere della Sera:
"Proprio nel caso della scuola il Partito democratico sta fallendo il test sullo spessore riformista. Perché ha scelto ancora una volta (come faceva il Pci/Pds/Ds) di accodarsi acriticamente alle posizioni della Cgil, di un sindacato che, in concorso con altri, porta pesanti responsabilità per lo stato disastrato in cui versa la scuola, un sindacato interessato solo alla difesa dello status quo (come è successo, del resto, nel caso di Alitalia fin quando ha potuto). Prendiamo la questione del ritorno al maestro unico deciso dal ministro Gelmini. Sembra diventato, per la sinistra, sindacale e non, il simbolo del «vento controriformista» che soffierebbe oggi sulla scuola. Al punto che, come è accaduto a Bologna, si arriva persino a far sfilare i bambini contro il ministro (nel solco di una tradizione italiana, antica e spiacevole, di uso dei bimbi per fini politici). Si fa finta di dimenticare che la riforma della scuola elementare del 1990, quella che abolì il maestro unico, fu un classico prodotto del consociativismo politico-sindacale che caratterizzava tanti aspetti della vita repubblicana. Nel caso della scuola funzionava allora un'alleanza di fatto fra Dc, Pci e sindacati. L'abolizione del maestro unico fu dettata esclusivamente da ragioni sindacali". Secondo Panebianco, ora come scrisse allora (Corriere della Sera, 22 novembre 1989), «nonostante le nobili e altisonanti parole con cui l'operazione viene giustificata la ratio è una soltanto: bloccare qualsiasi ipotesi di ridimensionamento del personale scolastico come conseguenza del calo demografico e anzi porre le premesse per nuove, massicce, assunzioni di maestri. Non a caso sono proprio i sindacati i più entusiasti sostenitori della riforma (…) Questa classe politica ha sempre trattato così la scuola, incurante delle esigenze didattiche ma attentissima a quelle sindacali». (...) Per il futuro vedremo ma la verità è che, fino a questo momento, il ministro Gelmini ha fatto pochi errori. I provvedimenti fino ad ora adottati sono di buon senso e per lo più tesi ad arrestare il degrado della scuola. Ma, anziché riconoscerlo e dare il proprio contributo di idee e di proposte (come dovrebbe fare un vero partito riformista, ancorché dell'opposizione), il Partito Democratico preferisce ripercorrere l'antica strada: quella della "mobilitazione", della sponsorizzazione dei sindacati, anche quando questi difendono posizioni indifendibili."
Per l'articolo completo: http://www.corriere.it/editoriali/08_settembre_28/editoriale_riformismo_bocciato_panebianco_c530a266-8d2b-11dd-90cc-00144f02aabc.shtml
Vale a dire la strategia del PD è quella di sposare la causa del suo sindacato più rappresentativo, la CGIL, nella convinzione di poter trovare attraverso questo stretto sodalizio nuova energia, nuova linfa vitale, nuova forza di piazza (parte della quale persa dietro ad altri stimoli, come Di Pietro e Grillini), nonché un nuovo potenziale leader, Guglielmo Epifani, per un sofferente e confuso PD ed il suo sofferente e confuso leader, Walter Veltroni.
Una impresa che, viste le premesse, appare persa in partenza.
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