"A me pare che, se si analizzano senza pregiudizi i bilanci e i risultati (cose entrambe possibili, grazie ad anni di lavoro di varie istituzioni e comitati), si arrivi inesorabilmente a una conclusione (...). Ebbene la conclusione è questa: è vero che l’Università pubblica non è in grado di sopravvivere ai tagli di Tremonti, ma è contemporaneamente vero che ne meriterebbe di ancora più profondi."
"L’università non può sopravvivere ai tagli dei fondi pubblici perché il peso degli stipendi è così forte (circa l'89% del finanziamento ordinario, a sua volta un po’ meno del 50% del budget), e soggetto ad automatismi così implacabili, che nemmeno il blocco totale del turnover (con conseguente esclusione delle nuove leve) consentirebbe di garantire anche solo la metà delle economie previste dalla Finanziaria. La massa stipendiale che l’università risparmia ogni anno per i pensionamenti, infatti, è dello stesso ordine di grandezza degli aumenti più o meno automatici legati a scatti di anzianità e inflazione, e quindi è destinata a rimanere sostanzialmente invariata nel tempo anche se d’ora in poi non venisse assunto più nessuno. Fin qui hanno ragione gli oppositori ragionevoli del governo.
C’è però anche l’altra faccia del problema, ovvero gli sprechi. Negli ultimi dieci-quindici anni l’università non solo è cresciuta male, nel senso che non ha reclutato i migliori (ed è un grande merito di studenti e mass media averlo denunciato), ma è cresciuta troppo, nel senso che si è preoccupata molto delle carriere e poco del reclutamento e dei servizi agli studenti. Questa iper-crescita è stata generalizzata, ma in alcuni territori e in alcuni atenei ha raggiunto livelli assolutamente abnormi, sfasciando i conti e creando veri e propri carrozzoni. I confronti fra istituzioni sono sempre difficili da condurre in modo rigoroso, ma provando e riprovando in vari modi possibili (con il passato, con altri paesi, fra atenei) ho maturato la convinzione che le risorse economiche di cui l’università italiana può disporre sono poche rispetto al prodotto interno lordo, ma sono tantissime rispetto a quello che produce (quantità e qualità dei laureati). Non arrivo a sostenere, come fa Roberto Perotti nel suo bel libro (L’università truccata, Einaudi 2008), che la nostra spesa per studente sia fra le più alte del mondo, ma non posso non rilevare che il nostro output, misurato nel modo più elementare, ossia come percentuale di giovani che conseguono la laurea, è poco più della metà della media Ocse. La conclusione è amara ma inevitabile: se in passato avessimo adottato pratiche più virtuose, oggi potremmo avere il medesimo output con molti meno quattrini, o avere un output decisamente maggiore a parità di risorse. Da questo punto di vista ha perfettamente ragione il governo a stigmatizzare il cattivo uso che gli atenei hanno fatto della loro autonomia."
"Il problema politico, dunque, è che c’è molto di vero sia nella diagnosi degli oppositori dialoganti (à la Bonanni) sia in quella dei ministri ragionevoli (à la Gelmini). E’ vero che l’università non può reggere i tagli previsti, ma è anche vero che - per essere efficiente - dovrebbe farne ancora di più. Come se ne esce ?"
Luca Ricolfi
Tratto da:
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5245&ID_sezione=&sezione=
sabato 15 novembre 2008
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2 commenti:
ciao.
sempre io, c'è un grafico e te lo cerchi da solo, dove si vede la percentuale PIL che ogni stato europeo investe nell'università. l'italietta è in penultima posizione.
di cosa parliamo allora?
io studio L2 a PG e non mi interessa la ricerca, prnderò il mio attestato e ciao. ma,
un dottorato prende meno di 1000euri al mese, in GB 1500£ almeno, cioè più di 2000euri.
di che parliamo?
per gli sprechi si potrebbe attuare una pratica in uso nel bel paese, commissariare le università in profondo rosso.
per i baroni sarebbe ancora più facile, cambare le regole, commissione estere ai concorsi per i dottorati, e ancora gestione delle risorse delegate ad istituti esterni alle università.
sono solo due cazzate messe in fila da una scozzese...
A me non dispiacciono nemmeno le due cazzate in croce della Gelmini.
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