martedì 13 gennaio 2009

LA VERITA', VI PREGO, SU ALITALIA

Tratto da La Stampa:

"Perché l’Alitalia è fallita e di chi è la colpa?

Alitalia è fallita per anni di cattiva gestione e le intromissioni della politica. E soprattutto, a partire dal 2000, per la decisione di scegliere come hub della compagnia lo scalo di Malpensa senza aver ridimensionato il traffico su Linate. Solo questa scelta industriale è costata ad Alitalia in media 200 milioni di euro, metà delle perdite complessive.
Come sarà la nuova società e quanti voli potrà fare?
La nuova Alitalia nasce dall’integrazione di rami d’azienda della vecchia Alitalia e di AirOne. Avrà 148 aerei, soprattutto Airbus A320 con un’età media di 8,6 anni (contro 12,4 della precedente gestione) rispetto ai 180 della vecchia Alitalia ed ai 60 di AirOne. Avrà una quota di mercato del 56% ed un fatturato di circa 4,8 miliardi di euro. A regime i voli saranno circa 670 contro gli 800 della vecchia compagnia. In tutto saranno 70 le destinazioni: 23 nazionali, 34 internazionali e 13 intercontinentali.
Chi comanda adesso tra italiani e francesi?
La Nuova Alitalia è controllata da una compagine azionaria, la Cai, formata da 25 soci italiani che detiene in totale il 75% del capitale ed un partner straniero, Air France-Klm, col 25%. Presidente della società è Roberto Colannino, amministratore delegato e direttore generale è Rocco Sabelli. Il gruppo Riva è il primo azionista col 10,6%, segue Colanino col 7%, seguono Benetton, Ligresti, Toto, Tronchetti Provera. La nuova cordata ha pagato Alitalia 1.052 milioni di euro, di cui solamente 400 in contanti. AirOne è stata invece pagata 300 milioni in contanti, Carlo Toto ne ha poi reinvestiti 60 nella Cai.
Quanto ci è costato l’ultimo anno di gestione?
Tra debiti accumulati, prestito-ponte e ammortizzatori sociali si parla di una cifra pagata dallo Stato compresa tra 3 e 3,3 miliardi di euro al netto degli introiti della gestione del commissario. Air France potrà un giorno avere la maggioranza?
I soci italiani sono vincolati per 4 anni da una clausola che impedisce loro di vendere la loro quota al socio straniero. Air France avrà tre posti nel consiglio di amministrazione su 19 e due nel comitato esecutivo su 9. Air France possiede azioni classificate come di categoria B, che non potranno avere peso sulle decisioni strategiche. Potrà prendere il controllo di Alitalia non prima di 4 anni. Dal 2013 qualunque socio (francesi compresi) per assumere il controllo della società sarà costretto a lanciare un’offerta pubblica di acquisto. Questo però non esclude che a partire da terzo anno, quando la società potrebbe venire nuovamente quotata in Borsa, i francesi possano aumentare la loro quota azionaria.
Era meglio cercare un accordo con Lufthansa?
I tedeschi non hanno mai presentato un’offerta vera e propria. Secondo i politici lombardi la società tedesca avrebbe meglio difeso gli interessi degli aeroporti milanesi. Per la verità Lufthansa aveva posto come condizione irrinunciabile per il rilancio di Malpensa la chiusura progressiva di Linate ed aveva chiesto la maggioranza del capitale di Cai o comunque la possibilità di avere voce in capitolo sulle decisioni strategiche della compagnia.
Era migliore la prima offerta dei francesi?
Si, era migliore. Ma Air France avrebbe preso il totale controllo della compagnia. Avrebbe assunto più personale riducendo il numero degli esuberi a quota 2200, si sarebbe fatta carico sia dei Mengozzi-bond che dell’intero indebitamento. I dipendenti del settore manutenzioni (circa 5000 occupati) sarebbero però stati trasferiti a Fintecna ed Air France si limitava a garantire 7 anni di commesse.
Alla fine chi ha vinto tra Malpensa e Fiumicino?
A Malpensa rispetto ai mesi passati non cambia sostanzialmente nulla: già il piano Prato della scorsa primavera aveva ridotto in maniera considerevole i voli settimanali portandoli da 1238 a 312, poi scesi a 147 con Fantozzi. Ora sono 210, con 13 collegamenti internazionali e 3 intercontinentali (New York, Tokyo e San Paolo). A Linate la fusione AirOne-Alitalia consegna ad un unico soggetto il 100% dei collegamenti con Roma. Fiumicino torna ad essere l’aeroporto di riferimento della compagnia, con 13 voli intercontinentali e gran parte del traffico nazionale (21 collegamenti) ed internazionale (31 collegamenti).
I passeggeri avranno qualche vantaggio?
Scompare AirOne e quindi Alitalia non avrà più il concorrente sulle tratte nazionali e internazionali e questo - come denunciano già ora i Consumatori - potrebbe avere delle ricadute sul costo dei biglietti sui quali però ora l’Antitrust assicura di voler vigilare.
Che fine faranno i punti «MilleMiglia»?
Vengono tutti mantenuti e per il momento restano validi anche i punti accumulati dai clienti AirOne sul circuito Star Alliance di Lufthansa. Inoltre, per un periodo ancora non precisato, chi vorrà potrà continuare ad accumulare punti sia su un programma sia sull’altro.
Ci saranno dipendenti che perderanno il lavoro?
La nuova Alitalia nasce con 13.100 dipendenti contro i 17.500 di Alitalia ed i 3 mila di AirOne. Non ci sarà alcun licenziamento perché al personale in esubero lo Stato garantisce fino a 7 anni di ammortizzatori sociali (4 di cassa integrazione e 3 di mobilità).
Piloti ed hostess dovranno lavorare di più?
Tutto il personale di volo guadagnerà all’incirca il 7% di meno a parità di ore lavorate. I piloti dovranno volare molto di più: dalle 550 ore l’anno alle 700 delle media della compagnie europee. La nuova Alitalia è organizzata su sei basi, oltre a Roma e Milano (Malpensa e Linate), opererà da Venezia, Torino, Napoli e Catania. Rispetto al passato i dipendenti sono stati riassunti nelle varie basi e non più prevalentemente a Fiumicino come avveniva sino a ieri evitando così quell’enorme moltiplicazione dei costi per spostamenti ed alloggio dei lavoratori fuori base del passato."
Alessandro Barbera
Link dell'intervista, curata dallo stesso Alessandro Barbera, all’amministratore delegato della nuova Alitalia, Rocco Sabelli:
Link dell'intervista a Fabio Berti, presidente dell'Anpac:
Un favore ai francesi?


In conclusione
. Oggi, a caro prezzo, abbiamo una nuova compagnia aerea italiana. Sicuramente è stato un buon affare per AirFrance-KLM, ma è stato un ottimo affare per 'alcuni' italiani (uno per tutti: Carlo Toto) e, soprattutto, per alcune banche italiane (una per tutte: BancaIntesa di Corrado Passera). Se le cose andassero bene (ma non è affatto detto), potrebbe rivelarsi un buon affare anche per il paese, che potrebbe riuscire ad avere una buona compagnia aerea con bandiera italiana senza più, in futuro, pagarne i costi a fondo perduto. Un merito al governo Berlusconi va comunque riconosciuto: l'aver fortemente creduto e voluto la realizzazione di un progetto di vera e drastica ristrutturazione industriale della vecchia Alitalia, riuscendoci nelle difficilissime condizioni date (drammatica situazione di perdita gestionale precedente, fortissima resistenza sindacale, forti spinte di campanilismo regionale, tempi limitatissimi). Se questo progetto dovesse aver successo, significherebbe la nascita di una nuova, sana e valida compagnia aerea nazionale, sia pure strutturalmente legata al gruppo internazionale AirFrance-KLM. Insomma, quasi un miracolo.

2 commenti:

Virgilio M. Conti ha detto...

Lettera al Ministro Renato Brunetta
Alitalia, il miscuglio delle responsabilità

Signor Ministro,
mi chiamo Virgilio Conti, ho lavorato per 38 anni ed ho sempre biasimato condotte e comportamenti riconducibili a prassi di assenteismo, inoperosità et similia …e quando mi capitava d’imbattermi in personaggi che ricorrevano abitualmente a tali pratiche constatavo che il “sistema” poco o nulla poteva, voleva o sapeva fare …Non ho mai pensato che si dovesse ricorrere subito alla sanzione o, peggio, al licenziamento; so bene che i primi doveri di chi ha la responsabilità di una grande azienda o di un piccolo ufficio sono quelli di fare bene le assunzioni e di collocare le persone nella posizione di lavoro adeguata per attitudini, studi, esperienze maturate, ecc. e so altrettanto bene che dietro l’assenteismo possono celarsi anche le reazioni del lavoratore rispetto a presunte o reali vessazioni subite; ma quando chi ha la responsabilità della gestione del personale ha ricercato tutte le possibili soluzioni, salvaguardando tutti i diritti umani e sindacali del dipendente, allora sì, si può e si deve intervenire con misure più radicali per garantire il buon funzionamento dell’impresa e per ovvi motivi di rispetto degli altri dipendenti e, vorrei dire, della comunità; e questa è la teoria.
Nella pratica questa logica è talvolta disattesa per compromessi di vario genere; non solo, ma può capitare di assistere a situazioni paradossali e irrispettose della meritocrazia: e cioè veder premiato chi lavora poco o male per tentarne il recupero o incentivarne l’allontanamento: non è proprio un bell’esempio e risulta particolarmente frustrante per chi opera seriamente. Io, come già detto, rivendico quest’ultima location e nonostante le soddisfazioni di un lavoro che ho amato, qualche opportunità di carriera e guadagno che ho avuto e, soprattutto, i convincimenti appena esposti, ho qualche volta l’impressione che le mie certezze vacillino a causa di un sistema che persevera nel premiare furbi, raccomandati, privilegiati … piuttosto che oneste, brave e meritevoli persone.

Ho avuto il piacere ed il privilegio di lavorare per Alitalia come funzionario addetto all’istruzione del personale tecnico di volo e di terra e come coordinatore di outsourcing training del personale di manutenzione e ingegneria della flotta.
Desidero qui prima di tutto condividere i sentimenti di orgoglio, di risentimento e amarezza espressi dai colleghi, ed aggiungere qualche osservazione allo scopo di sgombrare il campo dai luoghi comuni secondo cui noi, “gente dell’aria”, saremmo o saremmo stati tutti fannulloni, privilegiati, non so cos’altro ed, ancora, allo scopo di riabilitare gran parte del personale che, silenziosamente, senza evidenziarsi nelle piazze o apparire nel grande fratello, ha lavorato e lavora in Alitalia. Ciò detto e premesso, non posso certamente affermare che Alitalia fosse immune dal “fannullonismo”; si sa, dipende dal settore o reparto che si prende in considerazione, da eventuali conquistati e inamovibili scudi sindacali, da distorti o diabolici automatismi di tutela di questa o quella categoria, da discutibili scambi di favore tra corporazioni e gestione del personale, da situazioni di mobbing e via discorrendo.

Provo a raccontare la parte di Compagnia che ho vissuto durante la mia attività di insegnamento degli impianti di bordo degli aeromobili a piloti, motoristi ed assistenti di volo e, sempre per conto o in rappresentanza di Alitalia, ad allievi manutentori, ingegneri e tecnici certificati presso, rispettivamente, il centro professionale Ancifap (ex Ifap IRI), l’Università La Sapienza di Roma e le varie sedi di formazione e addestramento per personale di Alitalia e di altre Compagnie aeree.
E’ stato, il mio, un lavoro di studio, alla scrivania e sugli aeroplani, a terra e in volo, di lezioni e corsi presso scuole aeronautiche e aziende costruttrici, di manualistica da scrivere e di materiale didattico da preparare, un mestiere fatto di mezzi artigianali e di strumenti didattici avanzati (dalla lavagna di ardesia ai trasparenti delle lavagne luminose, dai system trainers ai simulatori di volo, dalla grafica su diapositive alla computer based instruction), di lezioni seguite e impartite, nei ruoli di docente e discente, esaminatore ed esaminando, in un continuo aggiornamento acquisito e offerto come l’evoluzione tecnologica dell’industria aeronautica abitualmente richiede a chi vi opera.
La mia esperienza del “vissuto” nella Compagnia si colloca, come già detto, all’interno della funzione di Technical Training con la missione di formare, specializzare e aggiornare gli operatori preposti alle operazioni di impiego, lavorazione, manutenzione e controllo degli aeromobili: posso subito affermare che tutte queste attività sono sempre state svolte in Alitalia, con grande rigore e professionalità, competenza e senso di responsabilità, dagli equipaggi di condotta (piloti e tecnici di volo) e di cabina (assistenti di volo) e dai nostri tecnici dislocati negli uffici, negli hangar, nelle officine e sui piazzali aeroportuali; ma va pure evidenziato che la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia di una funzione produttiva richiede, come ben sa chi ha qualche rudimento di gestione aziendale, di rapportare i risultati conseguiti alle risorse poste in essere: e questa operazione è quella che può rivelare disfunzioni e diseconomie.

I motivi? Tanti e variegati. Fattori endogeni ed esogeni, concatenati e sovrapposti, manifesti e mascherati, talvolta riconducibili a errate scelte o avventate strategie aziendali, talora classificabili come negligenze e inettitudini di dirigenti e responsabili; ma detti fattori anche quando non assumono le sembianze di deliberati sprechi, sperperi o illeciti, prefigurano precise responsabilità. Ma queste responsabilità sono, soprattutto ai livelli medio/bassi, troppo distribuite, frantumate, polverizzate, … inesistenti; restano tuttavia più concentrate, pesanti e ineludibili quelle che gravano sulla dirigenza più alta: ma, si sa, “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare…” e così nel tentativo di individuare qualche precisa responsabilità siamo punto e daccapo. Tentando un’azzardata conclusione si potrebbe dire che tutti guardano altrove piuttosto che agli interessi dell’impresa e/o dei contribuenti.

Dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni ‘80 la Compagnia dispone di una flotta moderna e ben gestita che impiega su una rete di collegamenti in espansione, tutte le attività di volo e di terra sono svolte in casa, gli impianti tecnici sono all’avanguardia, il servizio ai passeggeri è impeccabile, i sistemi di prenotazione ed i servizi cargo ci vengono invidiati all’estero; e perciò, anche grazie ad un mercato del trasporto aereo in crescita, la Compagnia di bandiera si guadagna una posizione di eccellenza a livello internazionale; è un periodo di cose belle e ben fatte.
Lo scenario però cambia, dalle prime crisi petrolifere del 1973 alla tragedia dell’11 settembre del 2001 … le cose si fanno più complicate con l’avvento della deregulation, della globalizzazione e delle compagnie low cost; le risposte manageriali, politiche e sindacali a queste nuove sfide si rivelano però ben presto imperfette o inadeguate. E Alitalia, che intanto si scopre malata di gigantismo, viene “curata” anche appaltando, e non soltanto semplici servizi generali ma finanche attività specialistiche e, comunque, senza salvaguardare nè i risultati operativi né quelli economici.

In quest’ottica vanno guardate con perplessità (è un eufemismo): certe terziarizzazioni e appalti come, ad esempio, le periodiche lavorazioni di poltrone e tappezzerie degli aeromobili affidate a ditte esterne, talune spese estemporanee come, ad esempio, le modifiche di cabina per gli allestimenti di riposo equipaggi sui nuovi B 777, l’apertura del Centro Direzionale di Roma, i trasferimenti e avvicendamenti di personale, principalmente navigante, su Milano Malpensa, le modalità di acquisto di economato, le spese di carburanti e servizi aeroportuali, le alte consulenze commissionate, l’ingaggio di stilisti per divise e allestimenti di bordo e finanche le ricorrenti ristrutturazioni degli organigrammi, mirate non già a virtuose riorganizzazioni quanto al solito valzer di cariche, nomine, poltrone.

Gli anni ’80 vedono l’Azienda protagonista di varie e alle volte fruttuose compartecipazioni societarie o alleanze tecnico-commerciali ma le difficoltà finanziarie aumentano di pari passo col cambiamento del mercato e con l’incapacità di adottare idonee trasformazioni e adeguate misure di protezione e contenimento delle spese.

Tornando al mio piccolo vissuto personale debbo dire che comunque è stata un’esperienza di lavoro preziosa ed esaltante, sia sul piano umano che su quello tecnico-professionale.
Ho prodotto e/o supervisionato numerosi corsi generali e specifici, teorici e on the job, su aeromobili, motopropulsori, impianti, componenti e strumenti di bordo, attrezzature e tecniche di manutenzione, orientati a vari livelli nonché particolari iter formativi volti all’apprendimento di basic knowledge, sistemi di qualità, human factor, sicurezza, …in termini di realizzazione di programmi, manuali d’istruzione, lezioni, esami.
Mi piace evidenziare che l’intera popolazione di professionisti aeronautici di terra e di volo (dall’operaio all’ingegnere, dall’assistente di volo al pilota), che durante l’intera carriera è chiamata a frequentare corsi di formazione e aggiornamento ed a superare gli esami ed i check di abilitazione richiesti dall’azienda e/o dalle autorità aeronautiche, ha sempre risposto a tali prove con dedizione, competenza e senso di responsabilità. Certo, la produttività è altra cosa ed ha altri parametri di misura e responsabilità, queste ultime imputabili, a seconda del caso, all’organizzazione aziendale, alla categoria professionale o sindacale coinvolta, ecc.
Alla metà degli anni ’90, mi viene affidato l’incarico di coordinare le attività di addestramento presso terzi della Divisione Operazioni Tecniche; accetto con entusiasmo e con la presunzione di ammodernarne la funzione. Va detto che si tratta di training che, per motivi di contratto in essere, convenienze logistico-economiche o opportunità operative, una volta accertato che non può essere convenientemente prodotto in casa, deve necessariamente essere affidato a ditte esterne all’azienda.
Le linee guida da me presentate e adottate si propongono di rinnovare o solo rafforzare procedure e metodologie tese alla riduzione dei costi ed alla ottimizzazione dei risultati (centralizzazione delle funzioni, standardizzazione delle procedure, rinnovamento dei processi, ecc.).
A causa dello scenario organizzativo di contorno, i metodi da me presentati, ancorché condivisi dai livelli superiori, assumono però un mero carattere di suggerimento e invito a regole di buona economia aziendale e, soltanto più di rado, possono essere imposti a collaboratori, colleghi e responsabili dell’intera Direzione per il conseguimento di prefissati obiettivi economici (insomma le solite cose a metà a cui siamo da sempre abituati; voglio appena far notare che i cambiamenti si ottengono quando sono condivisi da tutta la linea di comando, a cominciare dal vertice naturalmente).
Il coordinamento di questa attività è appunto affidato, come funzione addizionale, alla persona del sottoscritto che, senza benefit economici aggiuntivi nè supporti in termini di risorse umane, continua a mantenere l’incarico di docenza in numerosi corsi di istruzione in accordo con la preesistente posizione; in buona sostanza una doppia mansione con un compito supplementare di accresciuta responsabilità sia per l’autonomia operativa che per il livello degli interlocutori interni ed esterni all’azienda.
Nonostante le oggettive difficoltà connesse ad un’attività articolata, complessa e voluminosa, ad una normativa interna non pienamente fissata e ad un management disinteressato, detta gestione riesce di anno in anno a garantire risultati in linea, per qualità e quantità, con le esigenze aziendali e con la normativa aeronautica vigente e consente, anche se in misura ridotta e perciò ampiamente migliorabile, di arginare sprechi e minimizzare disfunzioni, contribuendo a consolidare un’amministrazione più virtuosa di incarichi addestrativi commissionati a ditte esterne, missioni del personale e spese di logistica. Si tratta del coordinamento di un’attività dai contenuti importanti e delicati ai fini della qualità, sicurezza ed economia del lavoro in quanto riguarda la formazione, l’addestramento e l’aggiornamento del personale preposto a complesse manutenzioni, ad incarichi d’ingegneria e a controlli di terra e di volo dei velivoli adibiti al trasporto di passeggeri.

Intanto i guasti gestionali si accumulano e stratificano. La mancata o fallita costituzione di fruttuose alleanze commerciali, l’incapacità di acquisire e amministrare remunerative commesse di transfer of technology, un management colposamente miope o incapace, verosimili ingerenze dei Palazzi e dei Poteri, sono tutti ulteriori gravi fattori che producono un decadimento, uno sgretolamento lento quanto inesorabile e irreversibile di Alitalia Linee Aeree Italiane. Negli anni ’90 si presentano i primi severi segnali di tracollo dell’azienda, aggravati dalla questione Malpensa e dalle rigide imposizioni dell’Unione Europea. La società, dissestata, deve essere privatizzata e messa in vendita; la politica però non rinuncia ancora ad avvicendare alla sua guida numerosi altri esosi Amministratori Delegati che nell’annunciato sforzo di salvarla ne decretano la fine.

Per quanto possa valere. rivolgo un plauso all’entusiasmo, all’amore ed alla competenza messi in campo dai tanti pionieri e professionisti che hanno contribuito alla crescita di Alitalia - Linee Aeree Italiane la quale fin dal 1947 ha accompagnato la ricostruzione post bellica e lo sviluppo del Paese ed esprimo un augurio di buon lavoro a tutti coloro che in Alitalia - Compagnia Aerea Italiana stanno, nonostante le enormi difficoltà del momento, profondendo perizia e dedizione per ricostruirne un’immagine in grado di riconquistare la fiducia della clientela e degli italiani tutti.

Professor Brunetta, io credo ancora fermamente nelle doti e nei valori fondamentali che servono a costruire il benessere, la civiltà e la ricchezza di un Paese ma certe esperienze vissute sul campo, le vacuità della società che viviamo, i compensi aleggianti in tante variegate e variopinte attività del mondo dello spettacolo, dello sport, della politica, della libera professione, dell’imprenditoria e del commercio, unitamente alle croniche perduranti iniquità remunerative e fiscali, minano sempre più i miei pur radicati convincimenti: mi aiuti a non cambiare opinione.
Un concreto, ampio e virtuoso mutamento dello stato sociale, unitamente a tangibili esempi di buon governo della cosa pubblica, stimolerebbero, è una mia presunzione, milioni di cittadini a ritrovare alcuni valori persi, a guadagnare una rinnovata fiducia nelle istituzioni e, non da ultimo, porrebbero nuove basi educative per le nuove generazioni.
Le auguro buon lavoro.
Cordialmente
Virgilio Conti

Virgilio Conti
consulente di sistemi aeronautici;ex
chief instructor e outdoor training administrator in Alitalia
professore di impianti del velivolo c/o Ifap IRI
docente di impianti elettrici di bordo c/o l'Università La Sapienza di Roma
virgilio.conti@alice.it

nicknamemadero ha detto...

Egregio sig. Virgilio Conti, non posso che registrare la sua testimonianza con rispetto, il rispetto dovuto a chi, come lei, avendo sempre e solo compiuto il proprio dovere con motivazione e dedizione, ha visto compiersi il fallimento di una grande compagnia come Alitalia senza poter nulla fare per impedirlo. Fallimento del quale certamente tanti bravi lavoratori come lei non solo non hanno nessuna colpa, ma ne sono le vittime più umanamente colpite.