mercoledì 25 febbraio 2009

LA QUESTIONE NUCLEARE


Col senno di poi, credo che la maggioranza degli italiani sia oggi convinta che la rinuncia al nucleare con il referendum del 1987 (fatto sull'onda emotiva del disastro di Cernobyl, avvenuto l'anno precedente), si sia rivelata una scelta sbagliata. Con quella scelta, infatti, l'Italia ha rinunciato ad una tecnologia che, nel resto del mondo, si è rivelata essere efficiente, relativamente sicura (dopo Chernobyl, si sono verificati nel mondo solo incidenti di tipo minore, fino al livello 2 della scala IAEA, dunque nessuno grave, e che comunque hanno coinvolto 'vecchie' centrali di II generazione) ed abbastanza economica (la percentuale di produzione di energia col nucleare è circa del 16% nel mondo, del 20-30% nella maggior parte dei paesi europei, addirittura dell' 80% in Francia e Lituania). Il conseguente deficit di produzione di energia ha determinato per il nostro paese la necessità di acquistare all'estero, per lo più dalla Francia, quella stessa energia di origine nucleare cui aveva deciso di rinunciare. Col bel risultato di avere in Italia, rispetto agli altri paesi nuclearizzati, oltre una minor capacità di produzione energetica, un più alto costo dell'energia per l'utenza privata e industriale, senza peraltro aver pregiudicato il rischio di contaminazioni a seguito di eventuali incidenti nei numerosi reattori nucleari situati in prossimità dei nostri confini, nonché non esimendoci dai rischi e dai rilevanti costi di gestione e smaltimento di quelle poche (quattro: Latina, Sessa Aurunca, Trino e Caorso) centrali nucleari realizzate fino all'epoca del referendum. A ciò va aggiunto, infine, il danno per l'inevitabile determinarsi di un grave gap tecnologico e di ricerca per il nostro paese in un settore strategico come quello nucleare.
Centrali nucleari esistenti in Europa (fonte:www.insc.anl.gov/pwrmaps/map/)

Incidenza della produzione di energia elettrica con il nucleare per Paese (fonte: WNA,IAEA. Nuclear Engineering International, including Handbook)


Il recente piano di cooperazione nel settore del nucleare tra Italia e Francia, realizzato attraverso un protocollo d'intesa tra i due giganti nazionali dell'energia, la francese EDF e l'italiana ENEL (che, dopo l'acquisizione del gruppo ENDESA, costituisce il secondo produttore europeo, già presente nel mercato dell'energia nucleare in Slovacchia, Spagna, Romania e Russia), getta le basi per "una politica nucleare europea condivisa tra i due Paesi in una prospettiva paritetica e di lungo periodo” e di fatto riapre per l'Italia l'opportunità di rientro nel nucleare.
Il nuovo, anche se ancora ipotetico, nucleare italiano sarebbe consentito dalla disponibilità della più recente tecnologia francese, quella delle centrali EPR (European pressurized water reactor) di III+ generazione, ultima evoluzione in termini di garanzie di sicurezza (sia estrinseca che intrinseca), di rendimento di produzione e di sfruttamento di uranio. L'Italia parteciperà con l'Enel (con una quota del 12,5% di proprietà) alla costruzione delle prossime centrali EPR in Francia (attualmente a Flamanville, poi a Penly) e con l'Enea diventerà partner di ricerca nei laboratori di Cadarache per il nucleare di prossima generazione (i reattori di IV generazione sono ancora in fase di sviluppo e si stima che potranno entrare in servizio non prima di 25/30 anni). La necessaria costituenda agenzia per la sicurezza nucleare sarà realizzata adottando l'impostazione di quella vigente in Francia. Stando agli impegni presi dal nostro Governo, si prevede la costruzione (tramite una società a maggioranza italiana aperta ad altri partner anche non industriali, sul modello adottato in Finlandia, che coinvolga grandi consumatori con un patto d'acquisto dell'energia a lungo termine) di primi quattro impianti, potenzialmente operativi tra il 2020 e il 2023; successivamente, si punterebbe ad avere il 25% di produzione di energia nucleare (per una necessità equivalente ad almeno 12mila megawatt), dunque, considerando che un impianto EPR ha una capacità di 1600 megawatt, la costruzione di un totale di otto-dieci nuove centrali (ciascuna di un costo stimato di 3,3 miliardi di euro).
La centrale nucleare finlandese di Olkiluoto. Sulla destra i due vecchi reattori già esistenti, sulla sinistra la simulazione in computer grafica del costruendo reattore EPR (primo al mondo).


Sulle reali prospettive attuali e future della produzione nucleare di energia, tuttavia, in Italia come nel resto del mondo le opinioni sono assai divise e controverse.

Esiste una larga fetta di opinione pubblica mondiale che, nei confronti dell'uso del nucleare per la produzione di energia, rimane irriducibilmente contraria e timorosa, essenzialmente per la paura di dispersioni di materiale radioattivo in caso di eventuale incidente, attentato o evento tellurico, come pure per la complessa problematica della gestione delle scorie prodotte, che vanno accumulate per un tempo praticamente indefinito. Sono uscite inoltre pubblicazioni che hanno circostanziato seri dubbi sulla effettiva convenienza economica della produzione nucleare di energia e sull'opportunità di investire grandi capitali in quel settore, considerando, oltre al semplice costo di produzione dell'energia, gli alti costi di smaltimento delle scorie e delle stesse centrali a fine ciclo (che hanno una vita media di 25-30 anni).
(http://www.rmi.org/images/PDFs/Energy/E08-01_AmbioNuclIlusion.pdf ).

Sull'altro versante, oltre ai convinti assertori del nucleare, negli ultimi anni ci sono stati significativi pronunciamenti, se non proprio a favore, almeno meno dogmaticamente contrari nei confronti del nucleare da parte di personaggi inaspettati, come Patrick Moore, co-fondatore di Greenpeace, Stewart Brand, fondatore di "The Whole Earth Catalog", o, per restare in Italia, Chicco Testa, che nel 1987 era presidente di Legambiente e fu uno dei promotori dei tre referendum anti nucleare. Sull’Independent è stato recentemente pubblicato un articolo dove quattro personaggi assai noti per la loro sensibilità ai temi ambientali (Lord Chris Smith of Finsbury, presidente dell’agenzia britannica per l’ambiente, Chris Goodall, uno storico attivista verde, Mark Lynas, giornalista e autore di un famoso pamphlet,"Six Degrees", sui rischi dell'innalzamento delle temperature medie della terra, e Stephen Tindale, direttore di Greenpeace fino al 2005) hanno sostenuto che il nucleare, lungi dal dover essere demonizzato, va invece considerato una fonte di produzione d'energia valida e molto meno dannosa nei confronti dell'ambiente rispetto ad altre fonti tradizionali, soprattutto in relazione alle problematiche legate ai cambiamenti climatici, all'effetto serra ed alla produzione di CO2 e delle polveri sottili (problematiche rispetto alle quali quella della gestione delle scorie radioattive risulta essere sostanzialmente minore e meglio gestibile). Lynas arriva a sostenere che la moratoria sulla costruzione di nuove centrali nucleari in Inghilterra, decisione ora revocata dal governo di Londra, avendo impedito l'unica vera possibile alternativa alle vecchie centrali a carbone, sarebbe stato un «errore enorme, per il quale ora la terra sta pagando il prezzo».
Anche negli Stati Uniti, il piano per l'energia sostenuto dall'attuale presidente, Barack Obama, non prevede affatto una dismissione del nucleare, semmai ne auspica un incremento con impiego di nuovi e più sicuri tipi di centrali (SUSE-NPP: Supersafe & Simply-Easily decommisionable Nuclear Power Plant):
Nuclear power represents more than 70 percent of our noncarbon generated electricity. It is unlikely that we can meet our aggressive climate goals if we
eliminate nuclear power as an option. However, before an expansion of nuclear power is considered, key issues must be addressed including: security of nuclear fuel and waste, waste storage, and proliferation.
http://www.barackobama.com/pdf/factsheet_energy_speech_080308.pdf

In ogni caso, esiste una alternativa valida al nucleare? Si parla molto delle fonti rinnovabili ed alternative (eolico, fotovoltaico, termico solare, geotermico, biomasse, idrogeno, ecc.), ma nella realtà dei fatti queste alternative sono, rispetto alle enormi richieste di energia di un moderno paese industriale e dei centri ad alta urbanizzazione, o solo ipotetiche, o non vantaggiose in termini economici o realizzabili praticamente solo come supporto limitato e parziale ad altre fonti.
“Benché le energie rinnovabili abbiano un ruolo importante nell’approvvigionamento energetico, la realtà è che troppo spesso ottengono una specie di passepartout dal punto di vista analitico. Molte delle proposte non supererebbero il test della risata se portate avanti da grandi imprese private, ma vengono accolte da attivisti e politici senza una seria riflessione in merito ai loro costi o ai benefici”. Michael C. Lynch (economista del MIT di Boston e presidente della società SEER)
(confrontare anche l'altro mio post "Un esame critico delle fonti alternative"
http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/02/proposito-delle-fonti-rinnovabili.html ).
Quanto alle altre fonti tradizionali, come il carbone ed il petrolio, si tratta di fonti per la produzione di energia al momento più economiche, ma con maggiore potere inquinante. Inoltre, soprattutto nel caso del petrolio e del gas naturale, espongono a forti rischi di dipendenza politica ed economica nei confronti dei paesi produttori, soprattutto in considerazione del loro tendenziale inevitabile progressivo esaurimento.

In conclusione, aldilà delle legittime riserve e dei razionali timori nei suoi confronti, l'energia nucleare, pur non rappresentando una scelta ideale, ha peculiarità tali da renderla probabilmente una soluzione irrinunciabile, in Italia come nel resto del mondo. Rimane tuttavia sensato ed opportuno, da parte dei governi più responsabili, cercare di differenziare quanto più possibile le soluzioni per l'approvvigionamento energetico nazionale, rendendo queste soluzioni complementari tra di loro ed associandole ad interventi finalizzati alla riduzione del fabbisogno energetico complessivo, sia attraverso politiche di educazione ed induzione al risparmio, sia con interventi finalizzati alla riduzione degli sprechi e delle dispersioni della rete di distribuzione dell'energia elettrica.

Nessun commento: