Quello che sta avvenendo in Iran è qualcosa di talmente grande e significativo (a prescindere da come potrà risolversi) che ha lasciato profondamente e positivamente sorpresa la gran parte dell’opinione pubblica mondiale. Chi immaginava l’Iran solo come un paese di estremisti invasati e ottusi (tanti Ahmadinejad, per intendersi, o almeno suoi seguaci), ha dovuto rendersi conto che, seppure l’attuale gruppo dirigente ed una parte consistente del paese lo sia, esiste anche una gran moltitudine di gente che sicuramente non lo è e non li condivide. Ed è gente coraggiosa (e con visi straordinariamente simili ai nostri), capace di sfidare la prevedibile dura reazione da parte dei seguaci dell’Ayatollah Khamenei. Ma l’Iran non sarà più uguale a ieri. Ed una speranza vera di poter riallacciare un dialogo anche con l’Iran torna ad essere una prospettiva credibile e sostenibile. Anche se non immediata.
Occorre però valutare con molta prudenza le vicende politiche che riguardano paesi tanto lontani e così diversi dal nostro: ancora ricordo l’atteggiamento favorevole e di simpatia di tanta parte progressista dell’opinione pubblica mondiale alla rivoluzione popolare del 1978 contro la dittatura dello shah Reza Pahalavi ed al trionfale ritorno di un certo ayatollah Khomeini dal suo esilio a Parigi …
Barak Obama, in questo frangente, ha scelto evidentemente una posizione prudente ed attendista, ma non credo possa essere definita sbagliata, almeno sul momento: un appoggio esplicito e dichiarato degli Stati Uniti ai rivoltosi potrebbe essere un elemento più deleterio che benefico nell’opinione di molti iraniani anche convintamente critici nei confronti dell’attuale regime. Mentre un appoggio concreto e diretto in sede internazionale, in attesa di prove certe di brogli elettorali, non sarebbe giustificato.
Dunque non rimane che mantenere attenzione ed interesse per quanto sta avvenendo in Iran: sicuramente un paese da guardare con occhi diversi.
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