
Sull 'interpretazione e l'obiettivo politico di fondo delle clamorose esternazioni pubbliche di Gianfranco Fini negli ultimi tempi - in contrasto con molte delle posizioni del PDL, soprattutto quelle 'subite' dalla Lega, e con taluni atteggiamenti del suo leader attuale e indiscusso, Silvio Berlusconi - si è detto di tutto: 1) non accetta più un eterno ruolo subalterno a Berlusconi; 2) si è pentito di essere entrato nel PDL e vorrebbe costituire un gruppo suo alternativo; 3) vuole fare il "grande centro" con l'UDC di Casini e i profughi cattolici del PD come Rutelli; 4) vuole assumere un ruolo forte per contrastare il potere della Lega; 5) ambisce al ruolo di prossimo presidente della Repubblica e dunque strizza l'occhio al PD.
Probabilmente c'è qualcosa di vero in tutte queste affermazioni (probabilmente tranne l'ultima, che lui stesso ha smentito in maniera categorica): certamente Fini, pur riconoscendo il ruolo e i meriti di Berlusconi, ambisce a un vero e plurale partito di destra europea, rispetto al quale l'attuale Pdl è ancora ben lontano dall'assomigliare, anche per l'ingombrante e irriducibile modo di far politica del suo leader; pur non credendo (e essendo incompatibile) ad un 'grande centro' (tipo nuova DC), ritiene tuttavia naturale un riavvicinamento a quella parte del naturale centro-destra italiano rappresentato dall'UDC di Casini e probabili fuoriusciti da un PD probabilmente tendente a posizioni più laiciste e di sinistra, anche in chiave di rinforzo rispetto alla Lega e alle sue mire segregazioniste.
Tirando le somme, quale spiegazione si può trarre più semplice e elementare di questa: Fini punta semplicemente a un Pdl (e un governo futuro) basato su di un'alleanza strategica di PDL-UDC. E naturalmente guidato da lui.
“Se Bossi tira la corda sappia che in Parlamento ci si mette dieci minuti a trovare una maggioranza che faccia a meno dei diktat della Lega”, ha detto ieri spavaldo il leader dell’Udc. E non ha tutti i torti: sulla base di un'analisi dei numeri delle ultime elezioni politiche (fatta da Domenico de Sena su Giornalettismo), se il Pdl rimpiazzasse gli alleati della Lega Nord con i centristi dell’Udc ne risulterebbe comunque vincente. Al Parlamento, infatti, con l’Udc continuerebbe a disporre del premio di maggioranza nazionale, forte di un consenso almeno 7/8 punti superiore a quello di Partito Democratico e Italia dei valori; al senato siederebbero, invece, sia per il Pdl che per l’Udc, circa dieci senatori in più di quelli ottenuti nel 2008 e, anche qui, la maggioranza non sarebbe affatto indebolita numericamente. Insomma, nonostante un consenso su scala nazionale inferiore a quello che otterrebbero Pdl e Lega (circa 42% dei consensi contro il 45 ottenuto da Pdl e Lega sia alle Politiche che alle Europee con travaso di due punti da Pdl a Lega nel 2009), la vittoria elettorale sarebbe ancora possibile.
Senza contare che l'avanzata del consenso della Lega (registrata dai recenti sondaggi) pare avvenire a spese dei voti di elettori del Pdl, probabilmente anche perché in grado di capitalizzare meglio dei suoi alleati la sua azione e la sua immagine nell'attuale governo. Infine, anche in rapporto di quanto si prospetta per le prossime elezioni regionali, con riferimento ai candidati da proporre per la presidenza di ogni singola regione del nord, il peso della Lega appare inevitabilmente opposto ed inversamente proporzionale a quello del Pdl.
Senza dover necessariamente voltare le spalle alla Lega (alleati fedeli e in grado di portare un contributo reale e importante), ma volendone comunque un ridimensionamento del peso e del ruolo, naturale che ci sia qualcuno, come Fini, che guardi a prospettive diverse rispetto a quelle seguite finora. Quale soluzione migliore e più naturale di un riavvicinamento all'UDC? Oltre, naturalmente, a una reale crescita dialettica, politica e culturale del Pdl (leggi: che Berlusconi, volente o nolente, si faccia da parte). Ritengo che Fini, inoltre, senta di poter contare su un vasto supporto sia esterno - americano e europeo - che interno - di uomini importanti di settori chiave - al paese, oltre che, naturalmente, dell'attuale asfittica opposizione politica.
Bossi, naturalmente, ha capito benissimo l'antifona. Per questo ha cominciato ad agitarsi... così come gli amici del Presidente...
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