sabato 10 ottobre 2009

Il processo del giovedì


L'ultima puntata di Annozero si è occupata della supposta 'trattativa' segreta intrapresa da elementi del Ros e referenti della mafia, nel periodo stragista che portò all'assasinio di Falcone e di Borsellino del 1992. Un altro grande successo di ascolti accompagnato da un'altra polemica (per le presunte 'rivelazioni' fatte in trasmissione e più ancora per l'interpretazione che se ne è voluto dare dalla trasmissione di Santoro: Borsellino ucciso perché ne era al corrente). Ma forse è proprio anche questo il segreto del successo di annozero: il saper montare polemiche (con arte e abilità) su temi scomodi e controversi. Tuttavia non si può non sottolineare che questa sia sempre un'operazione pericolosa e soprattutto suscettibile di errore: è possibile ritenere di poter fare dei processi in televisione? Possono questi processi mediatici sostituire o contraddire quelli ufficiali? Con quali regole di garanzia per le parti tirate in ballo?

Scrive Francesco La Licata sulla Stampa : "Come spesso accade quando la cronaca, per sua natura tutt’altro che certa e definitiva persino nei tribunali, approda alla ribalta mediatica, si è liberata un’incontrollata ridda di voci, ipotesi e reazioni che, piuttosto che semplificare la già ingarbugliata vicenda, la rendono ancora più difficile da decifrare. La prima conclusione avventata sembrerebbe proprio la presunta reazione di Borsellino alla notizia della trattativa. Sapeva, era contrario ed è morto per questo. Ma è proprio così? E se era contrario, a chi ha esposto la propria contrarietà? Vuol dire che dovremo aspettarci ulteriori rivelazioni da altri soggetti che ebbero contatti con Borsellino? Senza considerare che resta incomprensibile come sia potuto accadere che il candidato alla successione a Giovanni Falcone a capo della Procura nazionale sia rimasto silente per 25 giorni, senza avvertire la necessità di condividere con qualche amico fidato quanto aveva appreso. Ma questa sarà materia dei prossimi accertamenti".

Ma non solo. La chiave di lettura di queste 'rivelazioni' fatta nel corso della trasmissione di Santoro comporta una conseguenza assai più grave, rappresentata dalla deleggittimazione dell'operato dello stato nel suo insieme e ai più alti livelli, e in particolare dei suoi soggetti più direttamente in campo nella lotta alla mafia con sacrificio, rischio e vittime reali: il corpo dei carabinieri.

Scrive ancora La Licata: "E’ comprensibile che nella vicenda abbia pesato una certa «ragion di Stato». Ciò che risulta meno accettabile è che in nome del primato della politica (una politica trasversale, visto che negli anni si sono alternati governi di segno opposto) una verità parziale sia stata offerta ai famigliari delle vittime come frettoloso risarcimento al lutto. Né ciò che si profila all’orizzonte sembra poter sanare il deficit di verità. Esposti al fuoco incrociato mediatico restano le solite prime file, spesso in funzione di parafulmini. Sullo sfondo restano le responsabilità politiche, spesso pronte a scaricare in basso il peso delle sconfitte e a rivendicare il merito dei successi. Si intravede già oggi la necessità della riapertura del processo sulla strage di via D’Amelio, minato dalle rivelazioni giunte da Gaspare Spatuzza e Massimo Ciancimino che inficiano indagini non esaltanti del passato. Sarebbe auspicabile che non venisse praticata la via breve della ricerca di un capro espiatorio, uno qualunque".

D'altronde di precedenti assai sconfortanti non ne sono certo mancati, come il caso Canale, del quale così scrive Davide Giacalone: "Per capire meglio, usino la vita di Canale, che tanto è abituato, a far da cavia. Carabiniere, braccio destro di Borsellino, cognato del carabiniere Antonino Lombardo, quello che si sparò dopo le accuse rivoltegli da Leoluca Orlando Cascio, in diretta televisiva e senza uno straccio di contraddittorio. Allora Canale si ribellò, disse che il congiunto era stato ammazzato, che si doveva vederlo chi collaborava e chi combatteva la mafia. Gli si aprirono le porte dell’inferno: accusato, a sua volta, di mafia, con numerosi pentiti pronti a testimoniare. Carriera bloccata, vita spezzata. Canale passa anni ed anni da imputato. E’ assolto in primo grado. Assolto in secondo grado. Assolto in cassazione. La sentenza finale, copiando quella di secondo grado, spiega che non c’era un fico secco, non dico per condannare, ma neanche per indagare. L’11 agosto scorso commentai tale sentenza della cassazione, le cui motivazioni erano state depositate con scandaloso ritardo. Il Giornale di Sicilia la commenta giovedì scorso, dieci settembre, scrivendo, in buona sostanza, che secondo i supremi giudici non c’è la certezza che Canale sia colpevole, lasciando intendere che non c’è neanche la certezza che sia innocente. Ma è la legge che afferma necessaria la certezza, quindi i giudici sono obbligati a motivare la sua assenza, salvo che, per farlo, dimostrano che non c’era un bel niente. Insomma, ad un cittadino onesto, in questo caso ad un carabiniere onesto, non basta nemmeno farsi assolvere perché il fatto non sussiste, perché una volta marchiati dalle procure antimafia si resta marchiati a vita".

Se non si comprende questo, si rischia di legittimare le accuse di un altro carabiniere, il capitano Ultimo, l'ufficiale dell'Arma che il 15 gennaio del 1993 ha arrestato Totò Riina e che da anni vive sotto scorta: "Annozero e le star che lo promuovono sono il migliore esercito di Riina Salvatore. E' importante che ciò che resta della società civile si unisca contro questa nuova fase stragista mediatica dei nuovi Corleonesi. Alla fine quelli che hanno combattuto la mafia saranno, oltre agli attori di Annozero, il figlio di Ciancimino, i figli di Riina e magari anche quelli di Provenzano e Brusca". Accuse sicuramente ingiuste e ingiustificate nel merito - nessuno mette in discussione l'impegno di una trasmissione come quella di Santoro contro la mafia - ma non nell'evidenziare un rischio oggettivo: l'uso strumentale dell'informazione piegandola ad una tesi precostituita. Che nel caso di annozero non aveva come vero obiettivo certo i carabinieri...

Senza contare che ci sono giornalisti, come Lino Jannuzzi, certo non meno informati e autorevoli - non fosse altro che per una questione di anzianità - su mafia e suoi rapporti con la politica, che sulle questioni trattate da Annozero hanno opinioni assai diverse da quelle di Santoro e di Travaglio.

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