«Un’uniforme spuntò alle nostre spalle, istantaneamente estrassi la pistola e le esplosi contro tutto il caricatore... Il mio difensore occhialuto si era dedicato anima e corpo a spiegarmi che io non ero un delinquente in galera, bensì un proletario in rivolta sequestrato dal regime. Non avevo nessuna difficoltà a crederlo, anzi mi chiedevo come mai non ci avessi pensato prima».
(tratto dal libro di Cesare Battisti «L’ultimo sparo, un delinquente comune nella guerriglia urbana», edizioni DeriveApprodi 1998)
Dal punto di vista di un violentatore anche uno stupro può essere rappresentato come atto d'amore, sia pure 'estremo'. Evidentemente l'errore è non considerare il piccolo particolare che il punto di vista del violentato (e degli altri) possa essere diverso. Simile mi pare l'errore di Battisti nel rappresentare la sua nobile ed eroica battaglia politica.
Anche i pazzi, del resto, sono convinti di essere dalla parte della ragione. Anzi, soprattutto loro. La colpa più grave e inaccettabile, da questo punto di vista, non è dunque quella della 'ragione' di un povero folle ma di chi giustifica l'ingiustificabile e fa di quel folle un eroe, spingendo persino alla sua emulazione.
Grazie Mitterand, grazie Lula (e chissà quanti altri).
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