venerdì 20 aprile 2007
I CAVALIERI DELL'ARMATA DEMOCRATICA
Non sappiamo bene cosa siamo e cosa stiamo facendo, non siamo daccordo sul modello cui ispirarci né sulla direzione da prendere, abbiamo tante idee ma confuse, abbiamo poco entusiasmo e scarsa convinzione, nessuno sa dire dove si andrà a finire, nessuno ci guida, ma procediamo. Magari per strada troviamo ispirazione. Certo i segni del cielo non promettono nulla di buono: c'è nebbia, fa un caldo appiccicoso, eppure si sentono terribili tuoni e strani rumori provenire da lontano. Aleggia una strana sensazione di inquietudine unita ad una muta rassegnazione all'ineluttabilità degli eventi, che, anche se nessuno l'ammetterà mai apertamente, tutti prevedono assai negativi, forse catastrofici. Eppure non possiamo tornare indietro. Allora andiamo avanti. Avanti piano, con fatica, con sofferenza, con qualche rimpianto, tentennando. Sembra che qualcuno abbia detto che laggiù, oltre quelle colline, ci sia l'America, un continente mitico, ricco e prosperoso, con grandi ideali e immense potenzialità. Ma nessuno ci crede veramente. Veramente nessuno ha ancora la forza di sperare in qualcosa di buono. Si va, a testa bassa ed in silenzio. Perché anche le parole pesano, e poi non si sa bene che dire. Qualcuno ha mollato, qualcuno ci ha fatto gli auguri, qualcunaltro ci ha dato degli stolti. Persino lui, il cavaliere dall'azzurro vessillo, nostro acerrimo nemico, ha osato venire fin quì, tra di noi; dopo averci osservato per un po', ha sorriso col suo ghigno beffardo e ci ha incoraggiato a procedere così, ad andare avanti. Qualcuno di noi l'ha pure applaudito. Questo è stato il colpo di grazia. Ho capito improvvisamente che, se non riusciamo nemmeno a trovarci uniti e compatti nell'odio nei suoi confronti, allora per noi non c'è più scampo. Dio dei cieli, se ci ascolti di lassù, dacci un segno, una luce. E se proprio dobbiamo morire, almeno fa che sia morte degna!
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