lunedì 30 aprile 2007

PERCHE' ESSERE CONSERVATORI?

Posseggo ancora lo stereo hifi che comprai, su consiglio di un amico esperto, quando frequentavo la quinta liceo. Insomma trent'anni fa. Lo posseggo e lo uso ancora. Con grande soddisfazione. Pare che quegli anni siano stati l'epoca d'oro dell'alta fedeltà. Certo da allora c'è stato il progresso dell'elettronica, la ricerca di nuovi materiali e nuove soluzioni tecniche, i modelli si sono evoluti, gli standard raffinati. Ma il fascino, la cura, la solidità, la qualità costruttiva, l'affidabilità e la poesia (sì, proprio la poesia) degli impianti hifi di quegli anni (specie quelli con i "tubi", cioè le valvole) non si batte. Marantz (quella del signor Saul Marantz), Thorens, AR, Revox, ma tanti altri ancora, sono tutti nomi mitici, appartengono ad un altro livello, in qualche modo sono inarrivabili. Semplicemente perché come si facevano le cose allora, ora non le si fa più: tutto a mano, con amore e passione, senza risparmio di materiale e tempo, guardando alla sostanza, mai all'apparenza. Ora anche i grandi nomi (compresi quelli di antico blasone, come Marantz), a parte qualche rarissima eccezione (vedi Naim), fanno fare tutto a quasi in Cina o chissà dove, sia pure secondo indicazioni della casa madre. Ottimi prodotti, non c'è dubbio, ma senza quel qualcosa di veramente speciale, quel qualcosa in più, quel fascino. Ecco perchè non ho intenzione di cambiare il mio hifi. Ma non è solo romanticismo: non ci crederete, ma la qualità di una riproduzione musicale con i vecchi LP, quelli in vinile, se fatta seguendo tutti i crismi del caso, è superiore a quella digitale da CD. Certo i CD sono molto più comodi e pratici, ma se parliamo di qualità, non è detto che quello che è più moderno sia migliore. Oggi esce un nuovo modello di amplificatore o di diffusore ogni quarto d'ora, ma essenzialmente è solo per ragioni commerciali, di pura vendita, di apparenza senza sostanza. Perciò chi cambia per il nuovo, se non lo fa con criterio, spesso può trovarsi se non peggio, nelle stesse condizioni (portafoglio a parte). Provo poi orrore e commiserazione per coloro i quali, per ignoranza e leggerezza, danno via un vecchio impianto, magari del padre, per acquistare una schifezza plasticosa piena di led ed effetti stroboscopici, dalla linea accattivante e modernissima, dalla potenza nominale di una centrale nucleare, con effetti super-surround e terrific-bass, sostenuti da gran battage pubblicitario.

Naturalmente quello che ho detto a proposito degli apparecchi hifi è solo una metafora. Lo stesso discorso vale per gli apparecchi tecnici in qualsiasi campo (come pure i farmaci, le terapie, i protocolli sperimentali), ma anche per le espressioni dell'arte e dell'artigianato. Se pure rinascesse un novello Michelangelo, potrebbe mai costui oggi come oggi trovare il tempo e la voglia di affrescare una cappella Sistina e quale committente avrebbe la pazienza di aspettare per mesi od anni? Gli orologi meccanici certo sono scomodi e meno precisi di quelli elettronici, ma volete mettere la meraviglia di tali congegni costruiti a mano con infinita precisione, pazienza e maestria da bravi orologiai, pezzo per pezzo, rotellina su rotellina.

Oggi si è persa la cultura della qualità. Non si vuole aspettare, non ne vale la pena. Perché per un buon orologio (nel senso che funziona bene) bastano pochi euro. Per una opera d'arte, basta uno scatto fotografico d'artista (cioè di colui che ha un mercante d'arte che lo sa proporre e vendere) o qualche macchia di colore buttata con ispirata espressualità su una tela (sempre da parte di un artista, cioè colui che ha un mercante d'arte che lo sa proporre e vendere) o qualsiasi creazione di fantasia ed originale composizione varia (sempre fatta da un artista, cioè colui che sa far passare quello che fa come espressione artistica, tanto più se spropositata e fuori dal comune e dalla logica, come quello che incarta i palazzi). Ma è veramente arte questa? Arte moderna, si dirà, avanguardia, espressione dei nostri tempi. Forse, ma spesso mi sembrano solo astruse sciocchezze. Siamo sicuri che lasceranno un segno indelebile nella storia dell'arte? Più semplicemente, sono belle? Hanno valore artistico od almeno estetico? Oppure è solo costume, moda, creatività fine a sé stessa, spot pubblicitari? Che relazione intercorre, oggi, e quali sono i loro limiti di confine, tra arte e pubblicità? Alcuni pubblicitari sarebbero, a mio parere, da annoverare tra i migliori e più sensibili rappresentanti di arte moderna, così come è oramai prassi ingaggiare grandi artisti e registi per fini di promozione commerciale.

Ma torniamo alla questione generale delle innovazioni.

Certo la fascinazione di tutto ciò che è nuovo è sempre molto grande. Perché sono sempre grandi le aspettative, specialmente se c'è interesse ad alimentarle ad arte. Ma è sommamente opportuno essere pragmatici, constatare i reali benefici e miglioramenti del nuovo, prima di rinunciare al vecchio.
Ricordo la mia sorpresa quando ebbi modo di visitare dei centri di ricerca molto qualificati all'estero: mi aspettavo di trovarvi apparecchi modernissimi e fantascientifici, mentre in realtà avevano spesso apparecchiature validissime, certo, ma anche datate, semplicemente tenute molto bene ed usate con criterio. Insomma quel che conta è il buonsenso, se un apparecchio è valido e fa il suo scopo è perfettamente inutile cambiarlo con uno nuovo, se non offre nessun miglioramento sostanziale.


Il progresso è comunque innegabile, la scienza e la tecnica subiscono una evoluzione continua. Semplicemente manteniamo gli occhi aperti ed il cervello acceso, senza rinunciare a priori a vagliare le cose con sano buonsenso solo in nome della modernità.

Insomma, siamo conservatori. Così potremo essere più realmente progressisti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perche non:)