martedì 15 maggio 2007

RAZZISMO E SOCIETA' MULTICULTURALE

Chi, in casa propria, difende la sua dignità, le sue povere cose, il suo quartiere, la sua libertà, la sua attività, la sua cultura o la sua religione, ebbene costui può essere definito "razzista". Almeno questo è ciò che avviene nelle società "evolute" in nome della pseudo-cultura buonista e filo-minoritaria (attualmente dominante perché ritenuta "politically correct"), in virtù della quale il povero cittadino comune dovrebbe tollerare ciò che normalmente sarebbe da considerare intollerabile (e spesso illegale), per salvaguardare le culture e la dignità delle minoranze. Se il povero cittadino non riesce a tollerare, questo sarebbe da attribuirsi ad un suo limite culturale personale o, più in generale, alla inadeguatezza della nostra civiltà occidentale che non riuscirebbe ad offrire condizioni idonee all'accettazione delle minoranze. Tutto ciò è evidentemente assurdo. Oltre che pericoloso, in quanto il "razzismo" (quello vero, che sfocia poi in atti di violenza ed intolleranza pura) attecchisce e si sviluppa proprio allorquando lo stato non sia capace o non sia messo in grado di tutelare adeguatamente i propri cittadini.

Una società multiculturale ideale, sarebbe teoricamente quella dove fosse possibile vivere sulla base della propria cultura e della propria religione, nel rispetto reciproco e nella tutela di tutte le diversità. Ma questo ideale è applicabile solo nel caso di culture, se non omogenee, almeno "compatibili". Poiché, tuttavia, esistono oggettivi elementi di contraddizione (se non di conflittualità) all'interno delle diverse culture e religioni rappresentate nella nostra società, è evidente che tale ideale non può essere che un'utopia.

Prendiamo il caso delle comunità "rom". Per cultura e tradizione, tali comunità hanno sviluppato un sistema di sopravvivenza, consistente nell'arte di arrangiarsi nello sfruttamento delle comunità non-rom che si trovano nella loro area. Questo, in qualche caso, si traduce in attività pseudo-legali, come il commercio di materiali ferrosi o di rame trovato nelle discariche, in altri casi nello sfruttamento di giovanissimi mendicanti che fingono gravi menomazioni o che tengono in grembo bimbi di pochi mesi, in altri casi ancora nella pratica di borseggi o piccoli furti nelle abitazioni private, condotti con abilità e destrezza, con sprezzo del pericolo e delle forze dell'ordine. Tutto ciò è ben noto. Ci si può stupire della scarsa buona accoglienza che ricevono tali comunità? Tali comunità e comportamenti sono compatibili con la nostra società?

Ma problematiche analoghe, se non più gravi ed inquietanti, si pongono anche considerando realtà diverse, come le comunità cinesi, con i loro ritmi sovrumani di lavoro e le pratiche di commercio al di fuori delle regole legali, o con le comunità di religione islamica, dove in alcune delle quali si attuano pratiche religiose o pseudo-religiose come l'infibulazione, o la segregazione delle donne o la punizione grave per l'adulterio o l'unione con un non-musulmano (vedi alcuni recenti casi di omicidio da parte degli stretti parenti di una povera ragazza colpevole di una relazione con un miscredente).

Altra importante questione è il mito della integrazione. La verità è che molte di queste comunità, specie le più distanti dal nostro modello occidentale, non vogliono affatto essere integrate. Non ha dunque alcun senso insistere nell'idea, sbagliata in partenza, di assimilazione ed integrazione delle varie culture e religioni alla nostra cultura. Semplicemente non potrà mai avvenire nulla del genere, laddove in partenza non si vuole che ciò avvenga. Quello che si può e si deve ricercare ad ogni costo è che si evitino la creazione di barriere insormontabili, di confini interni invisibili, ma reali, tra comunità, di ghetti all'interno dei quali vigano regole e comportamenti diversi da quelli degli altri territori e comunità. Questo significherebbe minare al suo interno la società, con la creazione di realtà separate e conflittuali tra di loro. Tutto ciò è chiaro come teoria, ma è assai difficile e delicato da realizzarsi. Fin dove concedere l'autonomia culturale, quali sono i minimi ed indispensabili elementi di integrazione (la lingua o l'istruzione obbligatoria, ad esempio) con la maggioranza culturale della società ospitante? Ancora, è giusto rinunciare a tradizioni e riferimenti culturali della nostra società, in nome della multiculturalità e del rispetto per le minoranze (vedi la questione del crocifisso nelle aule scolastiche, o le festività del Natale, o la questione della trattazione di questioni storiche controverse come le crociate o l'olocausto)?

Quello che se ne può dedurre, in conclusione, è che non è possibile in una moderna e credibile società multiculturale l'assimilazione tout court di ogni forma culturale o religiosa, ma che è giusto e necessario porre dei limiti; questi limiti vanno stabiliti secondo le norme di giustizia, legalità, senso civico ed umanitario di tipo universalistico, che è conforme, in linea di massima e senza tema di smentite, ai principi della civiltà occidentale, la quale talora bistrattata civiltà occidentale indubbiamente costituisce (posso dirlo anche se non politically correct?) la più avanzata forma di civiltà ai nostri giorni. Infine tali limiti stabiliti vanno fatti rispettare ad ogni costo, pena l'insuccesso dell'esistenza stessa della società multiculturale, con gravi rischi di destabilizzazione sociale e di sicurezza interna ed internazionale.

In conclusione la vera società multiculturale non è quella che consente tutto a tutti, ma è quella che sa porre condizioni giuste e chiare, sapendo farle applicare e rispettare a tutti.

7 commenti:

Fosca ha detto...

Ebbene, questa società multiculturale di cui tu parli alla fine del post, non esiste in Italia nè in gran parte dell'Europa.E probabilmente non esisterà mai.
Per Ayaan Hirsi il multiculturalismo è il Virus che annienterà il nostro continente. E ci credo.

Oggigiorno, l'integrazione dell'immigrato di religione diversa (ovviamente mi riferisco ai musulmani) è un mito, un'utopia della sinistra che, forse inconsapevolmente, nel nome di una mal riposta solidarietà, ci invita a mettere da parte le nostre già traballanti identità e tradizioni cristiane, a tutto vantaggio di civiltà, come quella musulmana, i cui fondamenti sono ben solidi.

Un giorno potremmo essere noi, in Occidente, quelli costretti ad integrarsi.

nicknamemadero ha detto...

Per Fosca:
Condivido le tue preoccupazioni, che del resto penso fossero chiare anche dal mio post. Quello che volevo sottoporre all'attenzione di tutti è proprio che finora non abbiamo saputo tutelare a sufficienza i nostri valori e la nostra cultura. Poiché oggi, volenti o nolenti, viviamo già in una realtà aperta e multiculturale, è necessario trovare il giusto equilibrio che consenta, da un lato, la possibilità di accogliere comunità diverse dalle nostre e minoranze, dall'altro, però, sapendo salvaguare la nostra cultura, le nostre tradizioni e la nostra religione. So bene che ciò non è facile, ma è assolutamente necessario trovare il modo di farlo.

Anonimo ha detto...

c'è stato tempo fà qualcuno che mi ha "rinfacciato" discorsi abbastanza simili ai tuoi dicendo che proprio io parlo così che vivo in una città presa ad esempio per le diverse culture che vi coesistono da secoli.
Il punto è che il tizio dimentica che le colture anche se diverse sono comunque simili come stile di vita, oltre a noi cristiani ci sono i serbo ortodossi, gli ortodossi, gli ebrei. Ora c'è anche una piccola comunità cinese, quelli quasi non li senti, se ne stanno per le loro e via.
Il fatto è che la società riesce ad amalgamarsi con il tempo, proprio come è accaduto qui, ma non come accade al giorno d' oggi in tutta Europa, dove arrivano sempre più numerosi stranieri da ogni parte del mondo. Il fatto è che l' occidente sta subendo una vera e propria invasione e in nome di non si sa cosa stiamo snaturando i nostri usi e costumi per non "offendere" i loro. Io sono convinto che a loro la cosidetta integrazione non gliene frega niente, a loro interessa un posto dove vivere, lavorare e fare i cavoli propri, possibilmente importando da noi i loro usi e costumi. Se uno si prende la briga di cercare in rete le notizie di ciò che accade in Europa e di come ogni paese sta subendo questa invasione e di come sta cercando di modificarsi per adattarsi a loro quando invece dovrebbe essere l' incontrario, inizia forse ad accorgersi che gli stanno solo propinando tanta fuffa con la parola multiculturalismo.

Anonimo ha detto...

riguardo al discorso rom e riciclaggio materiali metallici aggiungerei il fatto che non lo raccolgono solo dalle discariche ma che lo vanno anche a rubare nei deposti ferroviari o lungo le stesse linee, da fabbriche in disuso o rubandolo in ogni dove, persino nei cantieri di case in costruzione.
rimane anche il problema che per ottenere il rame "pulito" ossia senza la copertura di plastiche isolanti o altro, bruciano il tutto liberando nell' aria quantitativi di diossina e altro non indifferenti.

Andrea ha detto...

Sono più vicino al pessimissmo di Fosca amico Nick, forse ho letto troppo Oriana o forse ho iniziato io a sentirmi "minoranza a casa mia" da qualche tempo. Una posizione chiara ed intransigente verso chi pretende di venire a comandare a casa nostra. E non perde occasione per sbeffeggiarci. In questo non mi vergogno di dire che sono mooolto più vicino alle posizioni di Fiore. Non permetterò che rendano schiavi i miei figli.
Sei semore grandissimo
Andrea

nicknamemadero ha detto...

ReyTS, ho la vaga impressione che la tua e la mia opinione siano quelle più diffuse tra la grandissima parte delle persone, anche spesso di sinistra, che si siano rese conto del problema. E che non si accontentano del "per carità non facciamo del razzismo" come se questo potesse risolvere, d'incanto, il problema grande e complesso dell'integrazione di chiunque.

nicknamemadero ha detto...

Caro Andrea, in effetti non è facile essere ottimisti... ma qualche soluzione va pur trovata. La speranza è che la consapevolezza del problema comincia a manifestarsi in modo bipartizan, e questo è già un buon segnale di svolta: forse sarà possibile affrontarlo non in base a tabù ideologici, ma da un punto di vista pratico e realistico. Che è poi lo stesso di tanti bravi immigrati.