lunedì 8 ottobre 2007

A MESSER TOMMASO PADOA SCHIOPPA

Esimio messer prof. Padoa Schioppa, non dubito delle sue buone ragioni per sostenere della infinita beltà delle tasse, ma mi par di doverle far notare che il suo punto di vista, di chi le tasse le chiede, è un pochino diverso da quello di noi poveri sudditi, che le tasse le dobbiam pagare. Lei è magnanimo, dice che tuttalpiù ci si pote lamentare dei servizi resi dallo stato, bontà sua, ma ciò non toglie che noi comunque le tasse pagarle dobbiamo. Lei mostra una visione alta, giusta e superiore dello stato, guardando ai più miserabili, ai derelitti bisognosi di cure, ai vecchietti in attesa di pensione, ma a noi chi ci guarda, chi si prende cura di noi poveri sudditi pagatori di tasse, che puro noi averemo lo diritto di campare, mantenere famiglia, crescere i pargoli, badare al faticoso e duro lavoro.

Veda, esimio messere, noi vorremmo con tutto lo core convenire con la sua alta visione, ma la dura realtà ci indurisce li orecchi e ci limita la visione. Sarà indubbio per nostra incapacità non vedere li frutti de li sacrifici nostri, non capire la bontà de l'agire Vostro, non goder appieno dello Vostro regnare. Ci perdoni, messere, ci perdoni tanto. Ma noi miseri siamo, e poveri stolti rimarremo.

Messere, di lassù, dove vive lei, lo mondo deve l'essere bellissimo. Quaggiù, dove viviamo noi, lo mondo appare talvolta infame. Non legga li giornali, non ascolti il volgo, non badi alle imprecazioni: non sono degne di cotanta Sua figura, e potrebbero recarle disturbo.

Con rispetto
Un umile suddito

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