Abbiamo avuto l'uomo più ricco del paese alla presidenza del consiglio. E potrebbe tornare. Da quì il grande equivoco: che Berlusconi sia l'imperatore delle caste, il potenziale dittatore assoluto.
In realtà Berlusconi, tuttalpiù, rappresenta sé stesso ed i suoi interessi che, per quanto notevoli, non rappresentano affatto le grandi, storiche e vere caste radicate in Italia. Semmai, proprio per la loro evidenza e delimitabilità, i suoi interessi particolari costituiscono un male minore, in quanto più visibili e più controllabili.
I grandi interessi economici, che sono spesso non evidenti ed esplicitati alla luce del sole, spesso di natura transnazionale, sanno trovare, per affermarsi, le giuste sponde nella politica, più o meno consapevole e compartecipe, soprattutto di certa politica e certi politici. Prodi, a mio giudizio, ne rappresenta un caso esemplare (per la sua storia ed i suoi trascorsi come dirigente di grandi enti e di consulente di importanti società finanziarie internazionali). Ma anche Veltroni, per altri versi, rappresenta un probabile ideale di politico di riferimento per i grandi interessi: per la sua formazione ed esperienza politica di uomo di apparato, per il suo atteggiamento caratteriale ed umano tendente alla mediazione, per quanto dimostrato praticamente durante la sua esperienza di sindaco di Roma (vedi stesura del recente nuovo piano regolatore, realizzato con il gradimento degli storici grandi immobiliaristi della capitale).
Le vere "caste" da abbattere, in Italia, non sono tanto e solo quelle della politica in sé per sé, quanto quelle costituite da tutte quelle realtà economiche, in primo luogo, ma anche sociali, culturali, e pseudo-istituzionali da cui la casta politica trae riferimento (ed al cui peso ed influenza deve sottostare): i grandi gruppi finanziari, le grandi banche, i grandi gruppi industriali, ma anche i principali sindacati e corporazioni (come quella dei magistrati), come pure quel gruppo di influenti giornalisti-editorialisti delle testate di riferimento (che, dietro una immagine di imparzialità, sono spesso in rapporto assai confidenziale e diretto con certi politici e certi gruppi di potere, nei confronti dei quali rivelano spesso tuttaltro che autonomia ed obiettività) e degli intellettuali e delle èlite culturali (schierati in larghissima maggioranza secondo la cultura dominante e prevalente, per una pura questione di utile conformismo).
Ma chi difende oggi le classi deboli? E quali sono. oggi, le vere classi deboli del paese?
Certamente le classi deboli in assoluto sono quelle dei poveri, degli indigenti, dei disoccupati , dei lavoratori a tempo determinato (la nuova generazione dei 1000€) ed i salariati ed i pensionati delle fasce più basse. Ma come si possono veramente sostenere questi poveri?
"La verità è che se vogliamo risalire la china, sono i ricchi a dovere stringere un po' la cinghia, ceti medi e mediobassi non si possono spremere oltre, hanno già dato"
Questa è la tipica risposta della cultura di sinistra. Ma è un grave errore, per le seguenti ragioni:
1) i ceti medi e mediobassi dell'Italia, che sono la grandissima parte della popolazione, e che sono tutti maledettamente più poveri, schiacciati da tasse e burocrazia, dalla contingenza economica internazionale, dall'inflazione crescente, "spremuti" al limite del tollerabile, comprendono oggi pure larghe fette di quelle classi tradizionalmente ritenute come "ricche" (commercianti, professionisti, piccoli imprenditori, artigiani) e perciò ritenuti da dover colpire. Con ciò finendo di affossare le ultime capacità produttive e di lavoro di questa fondamentale parte del paese.
2) come classi "deboli", secondo me, vanno più in generale considerate tutte quelle in attuale e progressivamente maggiore difficoltà, che non hanno sindacati potenti alle spalle, che magari sono poste all'indice e colpite con durezza per pregiudizio e incomprensione delle proprie problematiche, senza la benché minima tutela. E quali sono quei lavoratori che non hanno alcun tipo di tutela nel proprio lavoro nel caso di malattia, nel caso di riduzione di fatturato, nel caso di necessità di investimenti per la propria attività, e che sono sottoposti, viceversa, ad un crescente peso di burocrazia ed adempimenti normativi (talora anche di considerevole impegno finanziario), oltreché vittime di pregiudizi e di una sorta di colpevolizzazione sociale (in quanto ritenuti responsabili di parte della situazione di crisi del paese per la loro evasione contributiva)?
Ma quanti commercianti sono vittime di usura? Perchè dovrebbero esserlo, se fossero semplicemente una classe di evasori infami? Quante imprese potrebbero sopravvivere se non inadempiendo in qualche misura nei confronti del "socio", che pretende quasi un 50% di entrate, calcolate sul presunto, pagate con anticipo, senza possibilità di dilazioni? Quanti lavoratori dipendenti salariati, con contratto nazionale garantito, tutelati nella malattia e nel diritto di ferie o gravidanza (tutti sacrosanti, per carità), sono supportati da questi vituperati ladri ed evasori? Non sarebbero tutti da considerare un bene, una risorsa da sostenere e sviluppare, anziché essere tartassati oltre i limiti del tollerabile, fino al punto da spingerli a chiudere le loro attività (con danno per l'intero paese)?
3) Chi altri, a meno di pensare esclusivamente ad un assistenzialismo di tipo statalistico (ma sostenuto da chi? E con quali risorse?) se non proprio queste categorie di presunti "ricchi" sono le vere risorse vitali del paese, le uniche in grado di risollevarne le sorti economiche e produttive, se solo adeguatamente sostenute e tutelate, oltreché incoraggiate e facilitate nella creazione di nuove attività e nuove imprese, le sole in grado di poter garantire nuove assunzioni, di dare maggior benessere e di dare impulso ai consumi (non solo i propri), quindi all'economia tutta?
Ebbene è solo il centrodestra che sostiene, con consapevolezza, sia i vecchi che i nuovi "deboli". Ed essendo l'unica a comprendere l'importanza del sostegno e della tutela dell'impresa, è anche l'unica in grado di risollevare veramente le sorti del paese: perché è solo con una politica che tenda a incentivare le vecchie e nuove attività che si potranno creare nuovi posti di lavoro, nuova ricchezza e benessere per tutti.
Le soluzioni e l'atteggiamento della sinistra, viceversa, oltre ad essere gravati dalla demagogia e della difesa sconsiderata dei diritti, senza curarsi dello sviluppo economico che ne consenta una loro adeguata copertura di risorse, non solo non sarebbe di reale aiuto ai poveri, ma ci spingerebbe tutti sempre più sul baratro di una economia ferma, stagnante, appesantita e sempre più impoverita di risorse. E saremmo tutti più poveri. Un bel risultato di redistribuzione.
domenica 24 febbraio 2008
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2 commenti:
5 anni fa provai a fare l'imprenditore, investendo le risorse e le competenze di 25 anni di professione in una mia struttura. Preparatissimo sul piano "artistico", decisamente meno su quello imprenditoriale mi imbattei dopo nemmeno un anno in un truffatore. Risultato: persi tutto, compresa la casa. Tutela del truffatore? Totale. Tutela dell'imprenditore? Zero.
Hai sintetizzato alla perfezione uno dei motivi principali della decadenza del nostro paese, in mano alle ideologie piùttosto che alimentato dalle idee.
Unire le forze del popolo del fare credo sia ormai imprescindibile.
Caro Andrea, al di là della solidarietà personale per la tua brutta esperienza, non rimane che darsi da fare per cercare di cambiare lo stato attuale delle cose. Come dici, e fai, anche tu.
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