Sembra evidente che, a prescindere da quello che sarà il risultato elettorale, con queste elezioni si evidenzi in maniera chiara una svolta culturale importante in Italia: il crollo del mito della sinistra, vale a dire di quel mito che attribuiva alla sinistra una superiorità ideologica, morale e politica, identificandola come incontrastato modello di riferimento culturale.
Sono tante le persone di sinistra che oggi si sentono un po' spaesate, che sembrano non riuscire a credere più al loro storico partito di riferimento (PCI-DS-PD), del quale non comprendono più il senso della sua evoluzione politica, oltre a non poter più tollerarne le prove di mancanza di quella integrità morale e civile, che ne era stato uno dei suoi presupposti principalmente apprezzati. Anche i fenomeni dell'antipolitica, tipo Grillismo, sembrano attecchire molto in quegli stessi ambienti giovanili che, in un recente passato, sarebbero stati considerati propri della sinistra, (magari "estrema" o "ecologista"), che però era poi in fondo riconducinbili, di fatto, nell'ambito della sinistra ufficiale. Ecco, questo schieramento compatto e con matrice culturale omogenea della sinistra sembra essersi sgretolato, non esistere più.
Daltronde, sono passati quasi vent'anni dalla caduta di quel famoso muro di cemento armato(1989), era dunque ora che cominciasse a cadere quello culturale, quello dell'ideologia invincibile e superiore (sempre e comunque), o quantomeno che venisse meno la presunzione di tale superiorità.
Il problema principale della sinistra oggi, forse, è la conseguenza di una mancanza: il non aver mai voluto affrontare ufficialmente la crisi della propria ideologia. Salvo trovarsi oggi, ad esempio, una Cina popolare con industria e finanza rampante e spietata, e, in Italia, un Veltroni che presenta il "nuovo" PD con un programma che potrebbe essere ascritto alla destra e con al suo interno elementi politicamente e culturalmente diversissimi se non opposti (Binetti, Bonino, Calearo, operaio Thyssen). Che ci sia tanta gente che, continuando a ritenersi in buona fede di sinistra, si ponga dei dubbi lo trovo positivo, ne sono contento, ma forse era inevitabile.
Questa crisi culturale della sinistra, ha determinato conseguenze importanti anche sul fronte opposto, quello della destra, soprattutto per come viene percepita, o quantomeno ammessa: fino ad oggi, infatti, esisteva la difficoltà da parte della maggior parte delle persone in qualche modo di "sinistra", a rendersi conto che "la destra" non rappresentasse semplicemente tutto ciò che non riconosce ed accetta la cultura di sinistra (ergo, che non ha cultura= fascisti e reazionari), quasi non potendo nemmeno ammettere l'idea che ci possano essere persone che, con altrettanta buona fede ed altrettanto degna onestà morale, abbiano bisogno e cerchino valori di riferimento diversi e nuovi. Probabilmente, dico io, migliori e più rispondenti al mondo per com'è evoluto e com'è oggi.
Questo della destra italiana è un processo ancora in nuce, in evoluzione: parte da una esigenza ed un bisogno di valori, da un ripensamento su quella che è stata l'evoluzione culturale degli ultimi cinquant'anni (post-fascismo, sessantotto, brigatismo rosso, Europa, internazionalizzazione tecnologica, culturale ed economica, ecc. ), sul rendersi conto della inadeguatezza dei modelli politici ed esistenziali evidenziatesi fino ad oggi. Quello che sento chiaramente, io come tanti, è la crisi di ciò che è stato finora, la consapevolezza che l'unico modello culturale ammesso e riconosciuto valido fino ad oggi (la sinistra), non è più attuale, credibile e seriamente riproponibile. A destra e solo a destra si stà cominciando a creare qualcosa di nuovo: riscoperta dei valori fondamentali sia a livello individuale (educazione, moralità, religione, idealismo, valore della vita), sia a livello societario (meritocrazia, rigore, legalità, sicurezza, giusta socialità, patriottismo). I fermenti del nuovo, le spinte più innovative, l'entusiasmo e la volontà di cambiamento, a mio parere si possono riscontrare, oggi, più tra i giovani di destra. A sinistra, infatti, si ha l'impressione di trovare solo ambienti e proposte culturali vecchie, stanche, asfittiche ed autoreferenziali.
Su cosa potrà essere compiutamente la nuova destra in Italia, e quale possa essere il modello referenziale ideale non saprei dire. Non direi Sarkozy, né Aznar, né Merkel, né nessuno degli altri politici europei, anche perché probabilmente avremmo bisogno di un nostro proprio esponente. Berlusconi rappresenta, oggi, l'indiscusso leader dello schieramento del popolo del centrodestra in Italia, ma non può esserne sicuramente considerato il riferimento culturale: ha dei formidabili meriti storico-politici, grandissimi meriti umani e indiscutibile capacità manageriale (chi più di lui?), ma ritengo la sua fase politica come un passaggio necessario, ma di transizione. Quello che deve avvenire è la crescita di una cultura, di una consapevolezza, di una maturità politica nuova. Di destra, appunto. Ma questo richiederà del tempo.
martedì 8 aprile 2008
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4 commenti:
i "meriti" manageriali di Berlusconi mi sono chiari. Dire che la destra italiana avesse bisogno dei "formidabili meriti storico-politici" di Berlusconi mi sembra un disonore per la destra stessa. Tanto è vero che dici anche: non può essere considerato il riferimento culturale.
Una fase necessaria di transizione (verso il centro) che dura da cinque legislature, vista come un passaggio necessario, significa dire che una certa destra dovrà svanire del tutto. Che una certa "cultura" di destra non è più rappresentata, non qui, almeno. Mi sembra che l'orientamento di Fini sia questo.
Ma, mi chiedo, la DESTRA è d'accordo? Perchè, se no, non capisco più la necessità di Berlusconi, e mi sembra più simile a un'impotenza, cioè una destra impotente nei confronti di un leader che la sta fagocitando.
E' questa la nuova destra in Italia?
http://iotocco.ilcannocchiale.it/
La destra cui facevo riferimento è una destra conservatrice di tipo europeo, non un nuovo MSI-AN. In quest'ottica, i meriti di Berlusconi per questo passaggio ti sono più chiari?
Sin dal suo annuncio, lo spregiudicato progetto di bipartitismo concordato (recentemente proprio il Cavaliere, intervistato su Sky TG24, ha candidamente ammesso di aver condiviso l’idea proprio con Walter…) ha generato più di un sospetto. Non convinceva l’ipotesi di rendermi complice della nascita di uno scenario americaneggiante nel quale i due ‘partiti contenitore’ potessero conquistare oltre l’80% dei voti, arrivando ad un controllo assoluto del potere politico (e non solo..), saldamente consegnato nelle mani dei due leader e dei pochi fedelissimi sodali. Una vera oligarchia.
PROSEGUE SUL BLOG http://faber2008.blogspot.com/
Solo tre considerazioni: 1)è chiaro che questa situazione sia insostenibile, proprio per questo occorre guardare oltre. 2)Per arrivare lontano, occorrono i numeri. 3)Per risolvere i problemi, bisogna lavorare per il futuro, non pensare al passato.
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