giovedì 6 novembre 2008
OBAMA: L'EVOLUZIONE DELLA SPECIE
L'elemento più clamoroso, sorprendente, quasi incredibile dell'elezione di Obama è senza dubbio rappresentato dal fatto che gli Stati Uniti, il paese con un recente passato (e non passato del tutto) di feroci lotte razziali e del Ku Klux Clan, possa avere espresso con democratica elezione e con la grande maggioranza dei voti di giovani, adulti e anziani yankees, un nuovo presidente "nero". Un fatto senza dubbio epocale, storico, dal grandissimo significato simbolico, una svolta che lascerà un segno profondo, senza dubbio positivo, nella storia non solo americana.
Tuttavia, per valutare meglio quanto accaduto, il suo significato vero e la sua portata, occorre tener presenti alcune valutazioni sul candidato Obama. "Obama è un «non bianco», - scrive Giulio Anselmi sulla Stampa - che gran parte degli afroamericani dei ghetti non considera «uno di noi» (lo prova l’affluenza alle urne, superiore solo di un paio di punti alla precedente consultazione), un meticcio, figlio di una società multiculturale - con una nonna in Kenya, un’altra alle Hawaii, il padre nero e la madre bianca del Kansas -, rappresentante di una classe mista portata all’ascesa sociale dalla globalizzazione, esponente di una società mischiata che per la maggioranza degli americani è comunque upper class." "Ma, in primo luogo, l’elezione, in un Paese ormai pronto a un presidente nero, come hanno sottolineato Colin Powell e Condoleezza Rice, due segretari di Stato che il problema della pelle lo hanno sperimentato in proprio, dipende dal forte segno di novità preteso dalla maggioranza degli americani, gente della middle class capace di votare repubblicano o democratico a seconda delle circostanze. A questa maggioranza di elettori è sembrato che il vigore di Obama nel cambiare la rotta fosse assai maggiore di quello dell’anziano McCain, segnato, suo malgrado, dall’appartenenza allo stesso partito di Bush." "Parlare dell’ultima incarnazione del sogno americano, con tutti gli elementi fantastici che comporta fin quasi alle soglie del mito, non ci esenta però dal realismo."
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5209&ID_sezione=&sezione=
Insomma, certamente Obama è il primo presidente americano 'di colore', tuttavia questo non può in alcun modo essere considerato l'avvento di uno "zio Tom" sbarcato da un altro continente, semmai l'evoluzione, sia pure grandiosa e, evidentemente, possibile in un paese come l'America, di un ragazzo bravo, intelligente, capace, ambizioso, "anche" di colore. L'"Homo Globalis", (né bianco né nero, come lo definisce Lucia Annunziata sempre sulla Stampa) che essendo ed essendo ritenuto in tutto e per tutto "americano" è stato scelto dalla maggioranza degli americani come "l'uomo" giusto per fare il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Del resto, come scrive sempre Lucia Annunziata, "nera fu la madre di tutti noi, Lucy, nell’Africa dell’Est, dice l’archeologia. E colorati ridiventeremo tutti noi, dice la genetica. Quando le razze saranno divise e poi mixate di nuovo nel grande vortice del mondo, quel color terracotta, quel volto stretto da bianco, la bocca grande da nero, gli occhi sottili da arabo, le mani lunghe da intellettuale e i piedi grandi da contadino di Barack Obama, saranno guardati fra i quadri dei presidenti americani nella Casa Bianca, come il ritratto del primo uomo globalizzato diventato capo degli Stati Uniti." Obama rappresenta dunque niente altro che l'evoluzione della specie. O almeno della specie americana.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento