giovedì 16 aprile 2009

ANCORA SUL BERLUSCONISMO 2

Ancora un post sul berlusconismo, stavolta di Paolo Della Sala (dal blog 'La pulce di Voltaire')


Viviamo sotto il brutale impero delle masse. (Ortega y Gasset, 1930)
Il Tao è vuoto e senza forma. (Fritjof Capra, Il Tao della fisica)

Il ‘900 ha cambiato il rapporto tra potere e cittadino: è iniziata l'era delle masse. Il passaggio è stato studiato da Ortega y Gasset, Elias Canetti e dal Marcuse de "L'Uomo a una dimensione". Dopo la fine delle monarchie assolute, il potere era passato all'apparato statale. La società delle masse lo riassegna ai partiti, in un rapporto osmotico tra leader, burocrazia e massa. L'assolutismo di partito crolla nel 1945 e nel 1989, Cina esclusa. Nel secondo dopoguerra i partiti italiani hanno gestito il potere in un modo più diffuso ma non meno soffocante del fascismo. L'antipolitica che ne è derivata ha avuto tre fasi successive: il leghismo negli anni '80; il dipietrismo a inizio anni '90, infine la lotta contro l'affarismo nelle amministrazioni locali (la "Casta"), iniziata nel 2004 e non ancora terminata. L'antipolitica ha trasformato i partiti in "contenitori", riducendoli a una neospecie di mass media.

La politica classica è morta, scindendosi in Amministrazione della cosa pubblica e apparato di comunicazione. Nel PD manca la consapevolezza di questo passaggio, ciò provoca un degrado nella proposta culturale del partito di Franceschini e nella sua gestione del territorio, ancora legata a metodi bassoliniani (riduzione dell'economia a edilizia, moltiplicazione delle municipalizzate e Terzo settore). La conseguenza è che il PD ottiene successo solo tra i pensionati. A fine 2008 Veltroni ha fallito il tentativo giovanilista di dare vita a un '68 anti Gelmini. E' fallito anche il remake dell'Autunno caldo del '69: la crisi non ha creato consensi al PD ma alla maggioranza.
Il PD non è più connotabile nemmeno come partito della cultura e degli artisti: Benigni e le pop star guadagnano da 10 a 100 volte più dei parlamentari da loro criticati. Idem le tv-star alla Santoro e Fabio Fazio. Difficile che gli intellettuali legati al vecchio partito possano incarnare oltre il tipo dell'antipolitico o del moralizzatore, visto che ormai appartengono all'élite dello star system.

Forza Italia fu dileggiata come "non partito", ma proprio per questo aspetto F.I. ha potuto connotarsi come una DC pragmatica e priva di collante ideologico. Il "vuoto zen" proposto dal centrodestra lasciava alla società spazi di movimento al di fuori della politica e della legiferazione universale. Va detto che ciò è avvenuto in minima parte e con molti difetti, tuttavia i pregi di Berlusconi consistono eminentemente in ciò che non ha fatto: oggi la comunicazione diretta all'opinione pubblica non è più fabbricata nelle fucine di partito e poi distribuita attraverso cinema, scuola, musica e televisione. Il PDL ha chiuso l'era dei partiti che dettano la "linea" e perseguono l'egemonia culturale sui cittadini. Com Berlusconi la televisione è tornata a essere ciò che è sempre stata, tranne che nella Hungaro film comunista: un medium nato per l'intrattenimento (artistico o kitsch). Secondo gli epigoni del Pci la tv deve invece essere soprattutto un vettore di cultura, un testo scolastico, un mezzo per formare ed educare le masse: nulla di più sbagliato, perdente, e novecentesco. Tutto è preferibile all'idea di sommministrare al popolo dosi generose di cultura "del popolo": meglio Lascia o raddoppia di un talk show politico. Meglio Piero Angela dei documentari ambientalisti, utilizzati per terrorizzare i cittadini e indirizzarne le opinioni. Il PD resta legato all'idolo della "giusta" dottrina (come se ne potesse esistere una soltanto), e resta papista quanto il PDL è luterano.
Si veda il continuo Sant'Uffizio contro le infrazioni di etichetta di Berlusconi: la telefonata al premier turco per risolvere la nomina di Rasmussen a capo della Nato, invece di assistere alla parata della Merkel e alle fanfare di corte... Oppure il chiamare Obama a voce alta, di fronte alla regina Elisabetta. Ciò che scandalizza è lo scandalizzarsi dei "progressisti".

Il limite del PDL è che è in mano di un re antimonarchico, assolutista e anarchico, papa e antipapa. Berlusconi è difficilmente replicabile, e dopo di lui si rischia la ricomparsa del partitismo. Sarebbe grave, perché per la prima volta abbiamo la possibilità rivoluzionaria che in uno stato europeo i princìpi e la ricchezza non siano più fabbricati dal potere, bensì dai cittadini. Del resto, come sosteneva Jean Baudrillard, l'Italia è la madre dell'America ed è il laboratorio della politica mondiale...

Il PD si indirizza verso un'iperdemocrazia burocratica e antieconomica, affiancata dall'idea di creare un partito radicale di massa. La nuova linea sarà applicata se Franceschini fallisce e se il partito non si spacca, ed è il frutto di un ripiegamento. In effetti il PD non è più il partito dell'efficienza amministrativa ed economica Il caso della spazzatura a Napoli, lo stallo della costruzione delle infrastrutture e l'emergenza dopo il terremoto in Abruzzo hanno sancito nei cittadini la consapevolezza che la macchina governativa deve basarsi su rigidi criteri manageriali, fondati su leadership e velocità di esecuzione. Ma l'efficientismo aziendale rimane un anatema per la cultura di sinistra, e l'idea di voler discutere e condividere ogni scelta con tutte le "parti sociali" oggi appare un ritorno alle dittatura burocratiche e pseudo democratiche.
Al PD non restano che i temi legati ai diritti bioetici e alla formazione di un nuovo modello di famiglia.
Ma un partito radicale di massa non ha molte chances di successo, dopo che aborto e divorzio sono già passati. Inoltre la regolamentazione dello status delle coppie irregolari e quella dei temi bioetici non sembra un affar di Stato in grado di spostare l'elettorato. Infine l'idea che la famiglia naturale possa essere allargata alle assistenti sociali di un Comune e integrata dalle coop bianche di Franceschini appare un'utopia strampalata alla Charles Fourier, l'esatto opposto di ciò che serve alle famiglie: scuole e servizi funzionanti. Al PD servono soprattutto nuovi modelli economici e amministrativi, un compito quasi impossibile, dal momento che la dottrina Obama è inapplicabile, in un'Europa già statalizzata e iper regolamentata.

Il PDL potrà affrontare il dopo Berlusconi, se continuerà a lasciare spazio all'iniziativa dei singoli e alla deregolazione (che non significa rinuncia all'etica). Le carte sono in mano di Fini: i suoi "scontri" con Berlusconi sono in realtà frutto di un piano di lavoro condiviso e in progress. Fini deve basarsi su un modello meno ambiguo di quello destra-sinistra di Sarkozy e Carla Bruni. La migliore figura di riferimento è l'inglese David Cameron, un giovane che sta per dissolvere il parrucconismo del Labour post Blair. Il liberalismo tory ha il vantaggio di sottrarre alle sinistre anche i temi dei biodiritti e delle neofamiglie. Al di là di Fini non si vedono alternative immediate: Formigoni propone un cattolicesimo riformato da cardinal Borromeo (meglio allora il cattolicesimo liberale di Magdi Allam, se saprà essere liberale). Tremonti propone un socialismo rifondato: è uno straordinario homme de débats, ma è privo di carica libertaria.

Creare il vuoto, scoprire dei Far West ideali. La politica oggi è zen, l'esatto contrario di ciò che era fino agli anni '80, quando riempiva tutti gli spazi e forniva tutte le risposte, quando proponeva il Near East. Libertà oggi è offrire spazio e silenzio ai cittadini. Se la politica impara a tacere e si dedica soltanto alla buona amministrazione, si apriranno buone opportunità per un rinascimento sociale e culturale.

di Paolo Della Sala

link del post originale:

http://lapulcedivoltaire.blogosfere.it/2009/04/semiologia-di-pd-e-pdl-una-politica-zen.html

Altri post sull'argomento:

http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/04/ancora-sul-berlusconismo.html

http://nicknamemadero.blogspot.com/2009/04/fenomeni-di-massa-e-berlusconi.html

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