martedì 21 aprile 2009

GUARDARE AL 25 APRILE, OGGI


"L'Italia è libera. L'Italia risorgerà" (IL Popolo)
"Un ultimo sforzo e sarà la Vittoria! La canaglia nazifascista è
travolta dall'impeto dell'insurrezione popolare: bisogna annientarla!"

(L'Unità)

Questi i titoli di giornale del 25 aprile 1945, giorno in cui le forze insurrezionali partigiane riescono a vincere anche a Milano e Torino le ultime resistenze degli occupanti nazisti, appoggiati dai fascisti aderenti alla Repubblica di Salò. Tale data è diventata la Festa della Liberazione.

Dunque il 25 aprile è la festa nazionale che commemora la vittoria dell'antifascismo sul Fascismo, il successo della resistenza partigiana e del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) nei confronti dei nazi-fascisti. I rappresentanti dei partiti politici membri dello stesso CNL (che comprendevano, tra gli altri, Palmiro Togliatti per il PCI, Pietro Nenni per il PSI, Alcide De Gasperi per la DC), eletti nelle elezioni del 2 giugno 1946, saranno poi i rappresentanti di quell'Assemblea Costituente, insediata il 25 giugno 1946 e presieduta da Giuseppe Saragat prima, da Umberto Terracini poi, una cui commissione apposita di 75 membri si incaricherà della redazione della Costituzione della Repubblica Italiana, il cui testo definitivo verrà approvato il 22 dicembre 1947.

Che la nostra Costituzione abbia avuto come valore fondante l'antifascismo, direi che fosse, oltreché sacrosanto, assolutamente logico e comprensibile: quella nuova Costituzione sanciva la volontà politica di guardare al futuro del paese, mettendo una pietra tombale su quel periodo storico appena finalmente superato, quello del ventennio Fascista, che tanto tragicamente e profondamente aveva segnato il paese (e le cui piaghe erano ancora aperte e sofferenti).
« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nei carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione. »
Piero Calamandrei

Che l'antifascismo possa essere considerato ancora oggi il valore caratterizzante ed esaustivo di riferimento per la democrazia, direi che possa essere ritenuto assolutamente corretto. Ma sarebbe altrettanto corretto, oltreché opportuno, rivederne la definizione. Se non altro sulla base della risoluzione 1481 del gennaio 2006 del Consiglio d'Europa, che ha sancito l'equiparazione del nazional-socialismo al comunismo (crimini inclusi).

Sarebbe forse anche il caso, a più di sessant'anni da quel periodo, rivedere qualcosa a proposito della valutazione storica ed obiettiva della resistenza partigiana ("Un secondo Risorgimento italiano i cui protagonisti furono le masse popolari" secondo le parole di Sandro Pertini). L'insieme dei gruppi partigiani era un mondo composto da elementi di varia origine ed elezione: repubblicani e monarchici, cattolici ed anarchici, socialisti ed azionisti, liberali e comunisti. Proprio questa ricchezza e varietà dell'insieme dei resistenti ha reso possibile la nascita di una vera democrazia in Italia. Che i partigiani abbiano avuto un ruolo fondamentale, oltreché nella resistenza, nella nascita della Repubblica Italiana, non può essere messo in discussione da nessuno. Che tuttavia, sulla base di questi indubbi meriti, si sia potuta creare una certa retorica della resistenza e dei partigiani è dimostrato dal fatto che solo recentemente, a distanza di sessant'anni, sono potuti chiaramente essere riconosciuti - o addirittura venire alla luce - anche fatti gravi ed intollerabili che li hanno riguardati. Sarebbe anche il caso, finalmente, di riconoscere in maniera chiara ed esplicita alcuni rischi che ha corso la nascente democrazia in Italia, per il tentativo da parte di una componente dei gruppi partigiani (quella più violenta e determinata a prevalere sugli altri, e non solo nella dialettica politica, tanto da essere responsabile di episodi di eccidi efferati a danno di altri stessi partigiani, ma di orientamento diverso), ossia quella di orientatamento e simpatia per l'ideologia comunista ("La parte maggioritaria dell’antifascismo armato, quella comunista, non combatteva per la libertà del paese. Ma per sostituire una dittatura nera con una dittatura rossa" scrive Giampaolo Pansa in un articolo linkato poco più sotto). Tentativo che, se avesse avuto successo, avrebbe certamente impedito lo sviluppo di una vera democrazia in Italia e ne avrebbe determinato un destino molto diverso (più simile a quello di altri paesi dell'est Europa).

Troverei dunque intollerabile, oltreché non credibile, chi, anche nell'attuale 25 aprile, volesse pretendere di ergersi a campione dell'antifascismo, sventolando bandiere rosse, usando la vecchia retorica della resistenza partigiana, continuando però a dimenticare - o almeno continuando a voler fortemente marginalizzare - sia i gravissimi eccidi che hanno riguardato alcuni partigiani, sia le gravissime responsabilità storiche dei regimi comunisti nel mondo - per molti aspetti non certo migliori dei peggiori regimi fascisti - nonché comportandosi, essi stessi, da fascisti.
Confrontare a questo proposito il bell'articolo di Giampaolo Pansa:
http://www.ilriformista.it/stories/Italia/63035/

"Esistono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti"
Leo Longanesi


In conclusione, la Liberazione italiana fu un indubbio merito dei partigiani; ma se si è potuta sviluppare una vera democrazia in Italia è solo per due elementi fondamentali:
1) la prevaricazione politica nel paese della loro parte democratica (o, detta in altri termini, per la mancata prevaricazione della loro parte filo-comunista e più violenta);
2) l'essere stati liberati dalle forze alleate anglo-americane.
Se disgraziatamente in Italia fossero entrate, viceversa, le truppe sovietiche, e se fossero prevalse, con il loro appoggio, le forze partigiane filo-comuniste, temo che la democrazia e la libertà in Italia sarebbe stata solo un sogno.




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