sabato 27 giugno 2009

Il nuovo che a sinistra non avanza

Dall'editoriale di Fabrizio Rondolino pubblicato sulla Stampa:
«Il nuovo Pci in Italia e in Europa»: con questo slogan Achille Occhetto convocò a Roma nel marzo del 1989 il XVIII congresso del partito. Era segretario da meno di un anno; un mese dopo quel congresso cominciarono le manifestazioni su Tienanmen, e a novembre il Muro crollò. Il «nuovo» Pci fu messo in liquidazione in meno di otto mesi. Ma il virus linguistico introdotto da Occhetto - quel «nuovo» preso dalla pubblicità che per incanto lava ogni peccato e resetta la storia - si diffuse con rapidità estrema, e il contagio divenne incontrollabile. Era nato il «nuovismo», e la sinistra italiana, dopo quindici anni di Berlusconi, ancora ne professa il culto. (...) L’ubriacatura nuovista attraversò il tormentato parto del Pds: e «nuovista» fu in effetti l’insulto coniato dalla sinistra interna e dal manifesto per bollare l’iniziativa di Occhetto. Michele Serra, che pure appoggiava la «svolta», diede a suo modo il colpo di grazia: per il suo esordio letterario scelse come titolo "Il nuovo che avanza", dove per «nuovo», però, s’intendeva il peggio che gli Anni 80 avevano lasciato in eredità al Paese. (...) Il Pds cavalcò la tigre nuovista fino a identificarsi totalmente con essa: per questo fu tanto brusco il risveglio del ’94, quando Berlusconi - lui sì, almeno tecnicamente, nuovo alla politica - stravinse le elezioni (e a sinistra, per una curiosa ironia linguistica, qualcuno parlò con sufficienza di «homines novi», riesumando il disprezzo dei senatori di Roma antica per chi veniva dal nulla e ne insidiava il potere). (...) Dal Pci è nato il «nuovo Pci», dal «nuovo Pci» il Pds, dal Pds i Ds, dai Ds il Partito Democratico: eppure stiamo ancora discutendo di D’Alema e di Veltroni. Il quale intitolò «La nuova stagione» il famoso discorso del Lingotto, poi divenuto un sito internet e un libro pubblicato all’indomani delle primarie.
Ora è Franceschini a invocare «una fase nuova», di cui sarà il garante e la guida; e proprio al Lingotto si sono riuniti ieri i nuovi nuovisti del Pd, che vorrebbero un «terzo uomo». «Può venire il nuovo che volete - ha detto loro Pierluigi Bersani - ma noi alle spalle abbiamo 150 anni di responsabilità. È questione di 150 anni di storia, di gente che ha fatto sacrifici e che ha pagato ben più di noi»."


A proposito della battaglia appena aperta ed in corso tra le possibili candidature da proporre alla segreteria del PD, tra cui alcuni volti nuovi (come la Serracchiani), acclamati da alcuni quasi come se un giovane segretario potesse d'incanto risolvere i problemi di novità del partito e rinnovarne anche le idee ed il partito tutto, scrive Claudia Mancina:
"Ma solo a prima vista il rinnovamento è un problema generazionale. Nella sostanza è invece un problema di struttura politico-organizzativa, che - in un partito vitale - dovrebbe essere in grado di effettuare in modo democratico il periodico reclutamento di nuovi gruppi dirigenti. Vale la pena di osservare che il Pci, con tutti i suoi difetti, è stato capace di operare il reclutamento delle nuove generazioni sino alla fine della sua esistenza; la leva generazionale di dirigenti democratici di origine post-comunista è ancora l’ultima del Pci. Ovviamente un partito moderno e non comunista deve avere modalità diverse. Le primarie, checché se ne dica, sono state finora l’unico strumento democratico di promozione di nuovi dirigenti: il caso fiorentino (Matteo Renzi, ndnick) è esemplare. Ma essenziale, per la formazione di una nuova leva di dirigenti, è il confronto politico tra proposte strategiche diverse."

Ma quando arriverà
(se mai riuscirà ad arrivare) la vera nuova sinistra?
Potrà mai uscire il "nuovo" senza aver fatto prima un serio processo di analisi critica del "vecchio"?
Il neo PD è nuovo, oppure è già vecchio?
Davvero il problema del PD è solo trovare il segretario giusto?

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