sabato 4 luglio 2009

No global no party


Di nuovo a Vicenza una esibizione dei soliti pacifisti. C'è chi ha definito quella di Vicenza una prova generale, fatta nella immediata vigilia del G8 d'Abruzzo (per farsi una idea dei preparativi, basta andare a dare un'occhiata al loro sito: Abruzzo Social Forum).

"I soliti violenti, con il solito Casarin, hanno agitato la piazza, animato gli scontri e sostenuto le loro tesi anti americane ed anti occidentali. - scrive Davide Giacalone - Noi, sempre interessati a tutte le opinioni, comprese le loro, assistiamo alla scena e dividiamo il problema in due parti: una riguarda l’ordine pubblico e l’altra la politica.
Affrontiamo e liquidiamo la prima, che tanto è semplice: chi viola la legge deve essere arrestato, portato davanti ad un giudice e condannato. Per chi propaganda la violenza può esserci la sola risposta consistente in identificazione e punizione. Senza giri di parole.

A Vicenza, ieri, si sono visti i militanti vestiti di nero, incappucciati e con le maschere antigas. Vanno presi, smascherati e deve essere loro proibito prendere parte ad altre manifestazioni, così come accade ai tifosi violenti, cui viene interdetto l’ingresso negli stadi. Quelli armati di biglie metalliche, non credo per giocarci a palline, vanno arrestati e considerati elementi pericolosi, che circolano con armi improprie, capaci di provocare danni e ferite gravi. Quelli che sfasciano le vetrine è bene che riflettano sulla vile aggressione al lavoro ed al sudore altrui, stazionando il giusto nelle patrie galere. L’insieme di queste cose, il comporsi d’organizzazioni paramilitari, che scendono in piazza alla ricerca dello scontro fisico, trovando in quello l’identificazione del proprio spazio e della propria esistenza, deve essere stroncato subito, perché il lasciar correre, il mostrarsi comprensivi, l’indulgere al non essere severi per non favorire radicalizzazioni, serve solo a prepararsi un futuro pessimo, quando l’intervento sarà comunque necessario, ma con più dolore e sangue alle spalle.
Detto questo, veniamo alla questione politica. Su quel terreno i manifestanti non hanno tutti i torti. Non condivido neanche una parola delle loro tesi, ma non solo credo sia giusto possano manifestarle e sostenerle, ma osservo che in loro c’è una certa coerenza. Buona parte della sinistra, ad esempio, era pronta a pronunciare parole d’infuocato pacifismo, tanto declamato quanto inutile, ogni volta che la presidenza Bush accennava alla necessità di non cedere militarmente all’attacco del fondamentalismo islamico. Quella stessa sinistra, però, pur solitamente ciarliera, non ha trovato le parole per commentare l’iniziativa della presidenza Obama, in Afghanistan, dove è stato sferrato un attacco senza precedenti, contro i talebani. Questo succede a causa di un penoso luogocomunismo, che vuole le presidenze democratiche più pacifiste e “de sinistra” di quelle repubblicane, ma a dispetto del fatto che nella storia c’è scritta la prevalenza guerrafondaia dei democratici sui repubblicani (per intenderci, e fare un ripassino: furono i democratici a portare gli Usa nella guerra del Viet Nam, e furono i repubblicani a tirarceli fuori).
I manifestanti di Vicenza, insomma, non sono diventati più estremisti in un solo giorno, è che si sono ritrovati a dire le cose di sempre in un contesto più isolato, con meno contorni conformistici. Essi, per come la vedo io, sono coerenti nell’errore, mentre altri tartufescamente sfuggono. Che i manifestanti abbiano torto, e torto marcio, lo ricavo dalle tante cose che, negli anni, hanno detto, spesso per bocca di quel Casarini che fa il professionista del falso spontaneismo nerovestito (un giorno ci chiederà la pensione, perché quello che non finisce in tragedia s’accomoda facilmente in barzelletta), e lo ricavo anche da quello che non hanno detto. Già, perché chi racconta la frottola del pacifismo globale, chi ritiene d’esser chiamato a battersi contro ogni forma di repressione militarizzata, non può non avere trovato un minuto di tempo per convocare una bella manifestazione a favore degli studenti iraniani. Invece sono mancati, e mancheranno sempre perché quel che li eccita non è schierarsi a favore della libertà e del diritto al dissenso, ma contro il mondo che ha assicurato e difeso la libertà ed il diritto al dissenso. Contro l’occidente, contro le democrazie, contro gli Stati Uniti. Noi, che non ci tappiamo mai gli occhi e le orecchie, che c’interessiamo a chiunque abbia qualche cosa da dire, nel vederli muoversi li riconosciamo subito, perché sono il rigurgito della peggiore cultura europea, quella che fu antisemita, che guardò con condiscendenza al nazifascismo, che individua nell’autodeterminazione di popoli ed individui la devianza dalla luminosa via del progresso. Quella che coccolò prima l’estremismo e poi il terrorismo, sostenuto dai soldi e dalla logistica dei servizi segreti comunisti, quella che strinse il pugno per non allargare la mente. Può darsi che Casarini & C. neanche se n’accorgono, e, del resto, non occorre essere consapevoli per ereditare tare genetiche. Ma noi li conosciamo, e non ci piacciono affatto".

Prepariamoci dunque al peggio. Ma non in Abruzzo. Meglio, molto meglio a Roma: si possono fare più danni e ci si può confondere e fuggire molto più facilmente.

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