mercoledì 1 luglio 2009

La 'personalizzazione' della politica un male moderno (e non solo italiano)?

Scrive Giampiero Ricci su Ffwebmagazine:

"Come noto Caligola fece senatore un cavallo, Eliogabalo si mise contro il popolo e le famiglie dei patres inscenando un matrimonio con una vestale, Nerone si guadagnò il risentimento della corte costringendo gli ospiti ad ascoltare i suoi versi. Nei nostri tempi si assiste davvero alla rilettura in chiave postmoderna di un esercizio della leadership che pareva seppellito nelle brume della storia?
La spaventosa implementazione della information communication technology dell’ultimo ventennio ha gioco forza accorciato i tempi concessi ai leader politici per rispondere agli stimoli avanzati da società sempre più complesse e i poveri leader si cimentano nell’agone politico sapendo che buona parte delle loro chance di vedersi confermati alla successiva tornata elettorale risiede nella loro capacità di reazione, di proposta, di fedeltà a un programma ovvero di soluzione rapida a un dato problema, una capacità che molto spesso consiste nella “comunicazione” della propria presunta efficienza, più che in una efficienza politica tout court o in una reale incisione nella battaglia quotidiana dei comuni mortali.
Con The Cult of the Presidency: America's Dangerous Devotion to Executive Power (pp. 264, Cato Institute), Gene Healy, editorialista del Los Angeles Times e del Chicago Tribune propone una pubblicazione organica dei suoi studi sugli abusi di potere dei presidenti americani di entrambi gli schieramenti, districandosi tra eccessi di retorica bipartisan, populismi che oltre a essere il sale della democrazia, sono spesso strumenti indispensabili per muovere l’immaginario collettivo; il punto è che sopra tale condizione delle democrazie contemporanee di fatto appare germinare una nuova vecchissima tendenza politica: il culto del presidente.
" (...)
"Healy incolpa forse troppo facilmente la personalizzazione della politica, la quale peraltro ha il merito di costringere il leader di turno a prendersi le sue responsabilità e a mettere la faccia sul proprio comportamento politico con tutto quello che ne consegue, ma al di là di questo su una cosa ha ragione, troppo spesso «quando i candidati presidenziali parlano sembra quasi che stiano concorrendo per una carica a metà tra l’angelo guardiano, lo sciamano e il signore supremo della terra» perdendo di vista il fatto che essi non sono altro che amministratori pro-tempore di una res publica che sono chiamati ad onorare."

Ovviamente ogni riferimento a Silvio Berlusconi nell'articolo è puramente incidentale e non voluto.

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