giovedì 12 novembre 2009
Mills e la corruzione che non c'è
Non mi addentro nella vicenda processuale (comunque la si pensi complessa e contorta: chi ha fiducia nei giudici crede nella bontà della sentenza, chi ha dei dubbi sulla loro imparzialità di giudizio meno). Però pongo una questione linguistica: in base alle motivazioni della sentenza di secondo grado, deve essere smentita l’ipotesi del reato di corruzione. Mills, ammesso sia vero, avrebbe ricevuto una somma di denaro (600mila dollari) solo dopo aver reso una testimonianza non piena e reticente su fatti di sua conoscenza relativi a Silvio Berlusconi (in qualità di proprietario della Fininvest), ma che lo coinvolgevano in maniera più o meno diretta in qualità di consulente finanziario per conto della stessa Fininvest. Il suo comportamento scorretto, dunque, non sarebbe stato 'indotto' da una corruzione (cioè da un atto di istigazione ad un comportamento illegale) dato che il compenso (considerata la prova della corruzione) sarebbe solo successivo alla sua testimonianza. Non solo, è possibile se non probabile ritenere che quella sua reticenza sia stata assolutamente volontaria e frutto di una sua libera scelta, volta a coprire atti ed operazioni finanziarie illegali che lo vedevano coinvolto in modo più o meno diretto (insomma la sua reticenza serviva innanzitutto a coprire sé stesso, come gli stessi giudici ammettono nella sentenza). Ammesso sia vero che abbia ricevuto un ‘dono’, un segno di riconoscenza per quella sua testimonianza reticente, non c'è nessuna prova che questo sia stato l'elemento inducente tale comportamento. Dunque la corruzione non c'è.
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