Il reato di corruzione in atti giudiziari contestato all'avvocato David Mills è stato prescritto. Lo hanno deciso le Sezioni Unite della Cassazione. La cosa certa, dunque, è che la Corte suprema, pur non ritenendo di avere elementi per mettere in dubbio il giudizio di condanna dell'imputato, ha stabilito con chiarezza l'errore di valutazione sui termini di prescrizione stabiliti dal tribunale d'appello. E tanto basta per annullare la condanna a Mills.
C’era chi, fin dall'inizio, sosteneva la mancanza di 'serenità di giudizio' in questo processo. La sentenza della cassazione, obiettivamente, conforta qualche dubbio: il giuoco di prestigio per spostare i termini di prescrizione, così evidente e così smascherato, dovrebbe forse porre dei dubbi su tutto l’impianto processuale e per le sue conclusioni.
Il processo Mills ha destato da subito diverse perplessità (interessante andarsi a rileggere questo articolo del 10 luglio 2008), a cominciare dall’elemento principe: la lettera ‘confessione’ di Mills. Scritta al suo commercialista con il più che plausibile intento di non pagare tasse al fisco inglese (ma giudicata evidentemente non credibile dal tribunale inglese) è stata ritenuta così ’sincera’ e ‘attendibile’ dai giudici del tribunale di Milano da indurli a iniziare il procedimento e, sulla base di un versamento di 600mila euro - la cui riconducibilità a Berlusconi non è stata mai chiaramente dimostrata - tentare addirittura di stiracchiare i termini di prescrizione del presunto reato - pur di arrivare ad una condanna - inventandosi un ben originale teorema: la corruzione non avviene quando viene pagata la somma, ma quando il corruttore ne beneficia. Veramente singolare è poi la modalità della presunta corruzione, avvenuta con il pagamento ex post di una somma per una testimonianza reticente avvenuta in precedenza. Anche se la testimonianza di Mills, considerata dal tribunale a favore di Berlusconi, era stata ricusata dalla difesa dello stesso Berlusconi nel corso del processo (che lo ha portato infatti a condanna nel giudizio di I°). Singolare, no? Ma anche ammesso che reticenza ci sia stata, non potrebbe essere stata motivata non da corruzione, ma da interesse personale di Mills, per coprire operazioni finanziarie nelle quali era coinvolto direttamente come ideatore ed esecutore materiale anche se per conto di società di Berlusconi?Qualcuno dice che, a prescindere dalla prescrizione, il fatto che si sia deciso di far pagare il danno a Mills dimostra la sua colpa. Ma anche questo lo trovo assolutamente discutibile. Una cosa è certa: Mills ha fornito verità diverse e contrastanti, dunque ha certamente mentito. Tutto è stabilire se lo ha fatto quando ha scritto la lettera al commercialista o quando ha dichiarato di averlo fatto per non pagare le tasse al fisco inglese. Il tribunale inglese ha interpretato in un modo, il tribunale italiano di I° e II° grado in un altro (ma si è dimostrato poco corretto nel suo comportamento). Comunque il danno all’immagine e al diritto italiano c’è stato: dunque, per un verso o per l'altro, giusto che paghi.
Tuttavia il fatto che ci sia stato un tale grossolano ‘errore’ di valutazione sul momento della presunta corruzione, il fatto che ci sia stata una corsa contro il tempo per arrivare al giudizio definitivo (decisamente non in linea con i tempi ordinari normali della giustizia), il fatto che, a fronte del lodo Alfano (che avrebbe dovuto sospendere il processo del caso Mills-Berlusconi) si è deciso di procedere comunque ad oltranza stralciando la posizione di Berlusconi (il presunto corruttore, che però non si è potuto difendere) e procedere nei confronti di Mills (il presunto corrotto) senza che il corruttore si potesse difendere (e c'è chi chiede di applicare la condanna del corrotto sic simpliciter nei confronti del corruttore nel procedimento a suo carico che nel frattempo è ripreso), il fatto che ci siano oggettivi motivi per dubitare del giudizio emesso dai giudici di I° e II° (quest’ultimo adeguatosi pedissequamente al I°), tutto questo, per molti, non è motivo sufficiente di dubbio e di riflessione.
Come sostiene saggiamente qualcuno: "due torti non fanno una ragione: da una parte c’è chi usa l’arma legislativa per non farsi processare, dall’altra chi usa i processi per aggirare le leggi. La conclusione è nulla, come la Cassazione ha chiarito, ma si sono persi anni e bloccato il Parlamento, con un elevato costo collettivo."
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