martedì 6 luglio 2010
L'albero storto
Il federalismo, inteso come sistema statale decentrato con responsabilità e autonomia sia di spesa che di imposizione tributaria, probabilmente rappresenta l'unica soluzione possibile all'aumento scriteriato delle spese di funzionamento dello stato (spesso senza alcun rapporto con la qualità dei servizi resi e delle infrastrutture realizzate) cui si è assistito in questi anni, anche proprio a causa del tentativo di iniziare un decentramento amministrativo in modo sregolato e scriteriato.
"La ragione di fondo per cui il decentramento amministrativo ha messo in crisi i conti pubblici - scrive Luca Ricolfi - è che l’aumento delle competenze degli Enti territoriali - Regioni, Province, Comuni - non si è accompagnato a un parallelo aumento della loro autonomia fiscale, sicché ogni Ente si è trovato a poter incrementare le spese senza dover pagare alcun prezzo politico in termini di inasprimento delle tasse locali. Di qui si sarebbe sviluppato «l’albero storto» della finanza pubblica italiana, con alcuni passaggi decisivi: la riforma tributaria del 1971/73, i decreti Stammati (1977/78), le cosiddette leggi Bassanini (1997/99), la riforma del titolo V della Costituzione (2001), imposta dal centro-sinistra." (...) "allo squilibrio fra competenze (in materia di spesa) e tributi propri ha recentemente contribuito l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, iniziata con il governo Prodi e completata dal presente governo."
Tuttavia, a proposito della capacità taumaturgica del federalismo italiano, Ricolfi avanza un dubbio: "Possiamo pensare che il federalismo invertirà la tendenza?"
Certo, fa notare Ricolfi, occorrerà verificare che il modello federale italiano consenta un'autonomia fiscale reale, con una drastica limitazione non solo dei trasferimenti statali ma anche delle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali e dei meccanismi perequativi. Inoltre il passaggio di competenze dallo Stato agli Enti territoriali si dovrà accompagnare alla integrale cancellazione delle corrispondenti spese centrali, per evitare una duplicazione di costi e confusione tra i ruoli.
Ma c'è una questione ancor più difficile e pesante da risolvere: la correzione della stortura consolidata ad oggi, cioè dissesti come quelli di Catania, di Palermo, o della sanità del Lazio, della Campania, della Sicilia. Senza risolvere quei problemi, come si può pretendere che il federalismo e l'autonomia tributaria e impositiva possa funzionare e far funzionare le regioni e gli enti locali senza costringerli alla bancarotta?
"Nessun governo, finora - scrive ancora Ricolfi - si è sottratto alla tentazione (o alla necessità) dei ripiani dei deficit, con operazioni a carico della fiscalità generale." Credo che per riuscire ad attuare un vero federalismo italiano lo stato centrale non potrà esimersi dal risolvere ancora una volta allo stesso modo lo stesso problema: l'albero storto.
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